“Quanto stai?”
“Un mese”.
“Non va bene, un mese è troppo poco, prossima volta almeno tre”.
In un luogo in cui tutto scorre lentissimo. In un mondo in cui la frenetica necessità di produrre non è parte della quotidianità. In un posto in cui la felicità sta in delle cose diverse.
L’Africa, la Tanzania, la missione è un mondo nel mondo che vive di regole proprie e in un tempo a sè stante. L’orologio scorre ad un altro ritmo e la logica che spinge le donne e gli uomini a fare, risiede da qualche altra parte.
Un luogo che ti riporta a terra: la prima cosa che ti insegna è che non sei nessuno e la seconda che puoi essere chi vuoi. Loro non hanno bisogno di te ma se vuoi qui puoi essere chiunque. Un contadino o un professore, un infermiere o un giardiniere.
D’altronde qui mi hanno chiesto – un ingegnere a cosa è che serve?
La felicità sta in delle cose diverse.
È incomprensibile visto da fuori.
Una donna che ha vissuto un genocidio a dodici anni non si può dire fortunata. Un uomo che guadagna in un mese quanto prendeva in quattro ore non può stare meglio.
È illogico. Non ha senso. Eppure qui la felicità ha radici in luoghi diversi.
Una bambina orfana che non ha nulla ti regala il suo pupazzo e un falegname si ferma per insegnarti come si mangia una canna da zucchero.
Forse il segreto sta nel fatto che tutto scorre più lento… forse c’è più tempo per le cose piccole.
Non lo so.
Forse un mese è davvero troppo poco.
Ma sicuro ho capito una cosa.
Esiste un altro modo.
Esiste un altro modo di essere felici.
Andrea