Stop border violence: iniziativa dei Cittadini Europei di raccolta di un milione di firme in tutta Europa per assicurare una legislazione che rispetti i diritti dei migranti alle frontiere
Maria di Betania
Il racconto segna la transizione tra la prima e la seconda parte del Vangelo di Giovanni, situandosi sei giorni prima della terza Pasqua menzionata nel testo. La Pasqua ebraica diventa la Pasqua del Signore, anticipando il sacrificio dell’agnello di Dio per la salvezza di tutti. L’unzione a Betania avvia gli ultimi sei giorni di Gesù, culminanti con la sua morte e risurrezione. Il settimo giorno rappresenta il riposo nella tomba, seguito dall’ottavo giorno, in cui Maria abbraccia il Risorto.
L’educazione della foresta. Intervista a Suor Noemi
Suor Noemi Del Valle racconta la sua vita nella foresta Amazzonica in Brasile, con il popolo Yanomami, dove per 7 anni ha accompagnato l’ambito dell’ educazione
C’è un volto del Risorto?
In questi giorni celebriamo la risurrezione di Gesù e riflettiamo sulla nuova vita promessa. Sebbene i Vangeli ne parlino, potremmo preferire consultarli per comprendere meglio, anche se…
La Peregrinatio Missionis nella diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca
Le Suore Missionarie della Consolata stanno animando nella diocesi di Ugento Santa Maria di Leuca la Peregrinatio Missionis in tutte le Parrocchie
STRANIERO? NON ESISTE!
Jean-Pierre Sourou Piessou, mediatore culturale togolese, ha spiegato che nella sua cultura non esiste il concetto di “straniero”, ma di “Amèdzro”, una persona desiderata e attesa. Questo ricorda al narratore le interazioni tra la nonna Francesca e “Zizì”, una donna rom negli anni ’50 in Lombardia. Nonostante le differenze culturali, le due donne mostravano un forte legame di amicizia e accoglienza reciproca.
Toccare la vita
Il capitolo 1 della prima lettera di Giovanni tratta come alcuni momenti difficili, se ben gestiti, emanano forza.
Ecco le mie mani: puoi usarle se lo vuoi. Prime Professioni
Nel Santuario del Beato Giuseppe Allamano a Torino, 12 novizie hanno oggi detto il loro SI’ a Dio e alla missione nell’ Istituto Suore Missionarie della Consolata, dopo un cammino di intensa preparazione durato due anni, e vissuto con impegno e serietà. Le nuove Suore Missionarie della Consolata sono: Suor Andrea Leite Carvalho, brasiliana,Suor Angelina Mbuya Njagi, keniota,Suor Deborah Mudele Soki congolese;Suor Hildah Obonyo Masereti, keniota;Suor Mourine Akoth Otieno, keniota; Suor Muriel del Carmen Leiva Ortega, argentina;Suor Nadia Emilia Leitner, argentina;Suor Purity Mutono Kitonyi, keniota;Suor Rebecca Kemunto Nyakundi, keniota;Suor Stella Joseph Mwinuka, tanzaniana;Suor Theresia Mutilia Stephen, keniota;Suor Waida Peter Kisoma, tanzaniana Come hanno espresso nella formula di consacrazione, le nuove Missionarie della Consolata si affidano a questa Famiglia religiosa per essere, nel servizio di Dio e della Chiesa, un segno dell’ amore che salva. E con questo desiderio di donazione totale, nell’ Offertorio hanno offerto le loro mani, accolte dal sacerdote celebrante, Padre Testa, imc, cantando “Ecco le mie mani, puoi usarle se lo vuoi”. Dodici è un numero evocativo: i 12 apostoli, 12 stelle della Donna dell’ Apocalisse, le 12 tribù di Israele… Erano ormai molti anni che non si aveva un gruppo così grande di neoprofesse: ringraziamo il Signore, e le presentiamo alla Consolata, perché le protegga sotto il suo manto e insegni loro l’arte divina della consolazione. Alla comunità formativa va il nostro GRAZIE per l’accompagnamento dato a ciascuna. BUONA MISSIONE, CARISSIME SORELLE!
Un fuoco di brace: II Conferenza di Regione Africa
Dal 1 al 18 marzo 2024 si è tenuta a Nairobi la II Conferenza di Regione Africa. 26 Sorelle, provenienti dai 7 Paesi in cui sono presenti le Suore Missionarie della Consolata nel Continente, hanno riflettuto sui temi proposti dal Capitolo generale 2023, che aveva per titolo “Il fuoco della missione”, e in Africa l’ immagine è stata quella del fuoco di brace, il fuoco che serve per cucinare nelle pentole tradizionali. Nella preghiera iniziale, attorno al fuoco, ogni partecipante ha messo un pezzo di legna, come segno del suo apporto e dei suoi doni per il bene della famiglia religiosa. La Conferenza è un’ assemblea decisionale, nel quale, partendo dalla realtà della Regione, si programmano cammini per il sessennio, secondo le linee tracciate dal Capitolo generale. In particolare, si è focalizzato il lavoro sui seguenti temi: l’ approfondimento sul Tesoro del nostro Carisma, il processo di ridisegnare le presenze, per una miglior risposta carismatica e comunitaria, la formazione delle giovani e la cura delle anziane, l’ animazione missionaria vocazionale, la povertà e l’autosostentamento, la collaborazione con i Laici Missionari della Consolata e con i Missionari della Consolata. Durante la Conferenza è stata eletta la nuova Direzione regionale, composta da: Suor Felicidade Maria de Lurdes Luis, Superiora regionale Suor Florence Wanjiku Njagi, Suor Giuseppina Franco, Suor Noeli Domingos Bueno, Suor Getenesh Wolde Amlack Mandefro, Suor Eusebia Elai Thomas Msigwa come Consigliere regionali. Verso il termine della Conferenza c’è stato il pellegrinaggio a Nyeri, dove i resti della Beata Irene Stefani sono conservati e venerati dalla gente. Non è mancata la visita a Gekondi, nelle colline fertili della zona, villaggio in cui Suor Irene ha vissuto 10 anni, donandosi generosamente alla gente, tanto da esser ribattezzata Nyaatha, che significa Madre tutta misericordia. E’ stata la visita a una cara Sorella maggiore, che ci insegna i cammini dell’ amore fino in fondo: si è sentita la sua presenza vera! Ma in realtà, durante tutta la Conferenza la presenza viva della Beata Irene, della Beata Leonella (i cui resti si trovano nella cappella della casa di Nairobi), del Fondatore e della Consolata hanno segnato profondamente il gruppo e i lavori realizzati. Tutto è grazia! Tutto è un dono per cui ringraziare di vero cuore. Che il fuoco di brace continui a dare calore e a cucinare il buon cibo della missione e della comunione per tutte le Missionarie della Consolata in Africa! Suor Stefania, mc
Il soffio vitale di un popolo
L’articolo affronta l’inculturazione missionaria, sottolineando l’importanza di un approccio teologico rispetto all’antropologico. I missionari devono comprendere la cultura locale e riconoscere la presenza di Dio in essa, evitando il colonialismo religioso. Seguendo l’esempio di Gesù e Paolo, l’evangelizzazione parte dal contesto culturale esistente. I missionari della Consolata hanno promosso lo studio della lingua e la valorizzazione della cultura xirima, integrandola nell’evangelizzazione attraverso un Centro Studi.
Un cammino in missione
Suor Blanca Yolanda racconta il suo cammino missionario nell’ Amazzonia brasiliana, con il popolo Yanomami e nell’ Amazzonia venezuelana
Sorriso di Consolazione
Questo articolo riflette sulla visita di Maria a sua cugina Elisabetta, narrata nel Vangelo di Luca. Maria intraprende un viaggio lungo e faticoso per condividere la gioia della sua maternità con Elisabetta. L’articolo evidenzia la gioia espansiva e la profondità del gesto di Maria, che porta anche alla consolazione di Elisabetta. La benedizione di Elisabetta diventa profetica, esprimendo la gioia per il dono dell’altro e la sua irripetibilità. Si sottolinea l’importanza di cogliere la bellezza e la sacralità anche nei gesti quotidiani e nell’ascolto costante della Parola di Dio.
La donna in Mozambico
8 marzo, festa della Donna. Un progetto di promozione della Donna a Maua, in Mozambico, raccontato da Suor Silveria, Missionaria della Consolata
Il Dio di Gesù nella nostra vita
Questo testo offre una nuova prospettiva sul Vangelo di Marco, evidenziando l’importanza di leggere la Bibbia nel suo contesto completo, con focus su come Gesù ha trasformato vite e ispirato relazioni significative.
Nella terra sacra della Mongolia. Intervista a Suor Belarmina
Suor Belarmina, Missionaria della Consolata mozambicana, condivide la sua vita in Mongolia, la terra sacra che Dio le ha regalato
Chiamati all’amore
La parola “vocazione” ha diversi significati. Qui ci concentriamo sulla vocazione cristiana, ovvero la relazione con Dio, gli altri e il creato.
LE PIETRE DELLA VITA
LE PIETRE DELLA VITA Kybaykita ci insegna cosa è bene fare con le pietre della nostra vita. Ai lati della strada sterrata, che si snoda tra rossi sentieri africani, di tanto in tanto, s’innalza un gigantesco Baobab, che come i campanili o le pagode, le cupole o le torri s’innalza in uno sforzo per raggiungere il cielo. Ma a differenza di chi per innalzarsi deve essere agile, il Baobab è grasso, non slanciato e il suo salire nasce da radici diventate, col passare del tempo, un groviglio di tronchi annodati. Il Baobab dall’alto della sua imponenza ne ha viste tante. È testimone di età antiche, di eroi senza qualità, di vanità, di imprese… È l´albero simbolo delle savane, una poderosa scultura del mondo vegetale. Vive oltre 500 anni. Il suo tronco può raggiungere un diametro di 15 metri e un´altezza di 25: un vero gigante della natura. Nel continente africano il Baobab è il centro gravitazionale della vita sociale dei villaggi: sotto la sua ombra si tengono i mercati, le riunioni degli anziani, le udienze dei giudici, le danze rituali, i giochi dei bimbi. Per le carovane e i viaggiatori rappresenta un fondamentale punto di riferimento per orientarsi, un elemento imprescindibile del paesaggio. Sotto il Baobab gli anziani impartiscono, specialmente ai giovani, preziosi consigli di saggezza e utili regole di educazione pedagogica ed ambientale. Proprio per ascoltare Kibaykita, uno degli anziani più rispettati del villaggio, un giorno sotto il Baobab si radunò un gruppetto di giovani. L’anziano cominciò a narrare e, affinché le sue parole rimanessero impresse nella mente e nel cuore dei suoi ascoltatori, usò anche elementi dell’ambiente che erano parte della vita quotidiana. Prese un barattolo di vetro, di quelli solitamente usati per la conserva di pomodoro e lo poggiò di fronte a sé sulle radici aggrovigliate del Baobab. Chinatosi sotto lo sgabello dov’era seduto, tirò fuori una decina di pietre, di forma irregolare e con attenzione, una alla volta, le infilò nel barattolo. Quando il barattolo fu riempito completamente e nessun’altra pietra poteva essere aggiunta, chiese: “Il barattolo è pieno?”. Tutti risposero di sì. “Davvero?”. Si chinò di nuovo sotto lo sgabello e tirò fuori un secchiello di ghiaia. Versò la ghiaia agitando leggermente il barattolo, di modo che i sassolini scivolassero negli spazi tra le pietre. Chiese di nuovo: “Adesso il barattolo è pieno?”. A questo punto, chi lo ascoltava aveva capito. ”Probabilmente no” rispose uno. “Bene” replicò l’anziano. Si chinò e prese un secchiello di sabbia, la versò nel barattolo, riempiendo tutto lo spazio rimasto libero e, di nuovo chiese: “Il barattolo è pieno?”. “No!” risposero in coro. “Bene!” riprese l’anziano. Tirata fuori una brocca d’acqua, la versò nel barattolo riempiendolo fino all’orlo. A questo punto Kibaykita chiese: “Qual’ è la morale della storia?”. Una mano si levò all’istante: “La morale è, non importa quanto fitta di impegni sia la tua agenda, se lavori sodo ci sarà sempre uno spazio per aggiungere qualcos’altro!”. “No – replicò l’anziano – il punto non è questo. La verità che questa immagine ci insegna è che, se non metti dentro prima le pietre nel barattolo, non riuscirai mai più ad infilarle”. Poi, l’anziano seduto all’ombra del Baobab, continuò rivolgendosi a ciascuno: “Quali sono le “pietre” della tua vita? I tuoi figli, i tuoi cari, il tuo grado di istruzione, i tuoi sogni, una giusta causa. Insegnare o investire nelle vite di altri, fare altre cose che ami, avere tempo per te stesso, la tua salute… Ricorda di mettere queste “pietre” prima, altrimenti non entreranno mai. Se ti esaurisci per le piccole cose (la ghiaia, la sabbia), allora riempirai la tua vita con cose minori, di cui ti preoccuperai, non dando mai veramente spazio e valore alle cose grandi e importanti (le pietre)”. Chiunque voglia riflettere sull’insegnamento del saggio Kibaykita può chiedersi: “Quali sono le ‘pietre’ nella mia vita?” Metti nel barattolo, prima, quelle più importanti.
SERVIRE LA FRATERNITÁ
SERVIRE LA FRATENITÁ La chiamata del dialogo interreligioso Da quando sono atterrata in Mongolia, Paese in cui la Chiesa cattolica è un piccolissimo gregge, la realtà del dialogo interreligioso sta assumendo per me, sempre più concretezza. Con papa Paolo VI e il Concilio Vaticano II il dialogo interreligioso ha ricevuto una forte spinta e ha assunto un posto speciale nel cuore della Chiesa. Ma che cosa è questo dialogo? Dio Trinità è, nella sua identità più profonda, dialogo vivo e vivificante di Amore che nella sua sovrabbondanza si riversa sull’umanità e la coinvolge, così come ci rivela il mistero dell’Incarnazione del Figlio. Per questo possiamo pensare al dialogo come ad una chiamata che deve diventare un atto d’amore al servizio della fraternità. È un’esperienza che va desiderata, cercata, per la quale va creato lo spazio fecondo perché questo incontro possa accadere. Certo il primo contatto con l’altro, diverso da me, spaventa sempre un pò e chiede di affrontare una certa dimensione di rischio. Ci si può chiedere: Come farò? Da dove incomincio? E se non ci capiamo? Dovrò rinunciare alla mia propria identità nel dialogo? Il Dialogo Interreligioso è prezioso e delicato, richiede un atteggiamento di ascolto, di stima e di rispetto, un’apertura a dare e ricevere, in una relazione che coinvolga tutto l’essere della persona. Questo implica coraggio, responsabilità, interdipendenza e umiltà. Nel vero dialogo i due dialoganti crescono insieme, camminano insieme e si arricchiscono venendo rinsaldati nella propria profonda identità, ma allo stesso tempo aprendo il cuore ad una concreta fraternità. Tutto questo con la fiducia che mentre si inizia a camminare, la via appare. Mons. Pietro Rossano diceva che il dialogo non avviene tra le diverse religioni, ma tra persone che professano diverse religioni. Questo ci dà già un’indicazione preziosa: la persona va messa al centro. Passo dopo passo si costruiscono relazioni significative con i membri delle altre religioni in un dialogo di vita, di esperienze spirituali, in uno scambio teologico e in una “complicità nella carità”, perché possano crescere la dignità umana e le ricchezze spirituali e morali delle persone e perché, insieme, si cerchi di promuovere un concreto impegno per la pace, la custodia del creato, la libertà, lo sviluppo dei valori, la cura per i più piccoli. Recentemente ho avuto il dono di prendere parte al Settimo Colloquium Buddista-Cristiano (13-16 novembre), promosso dal Dicastero per il Dialogo interreligioso in collaborazione con la conferenza episcopale thailandese, diverse istituzioni buddiste e l’università buddista Mahachulalongkornrajavidyalaya. L’incontro, tenutosi a Bangkok, aveva come tema Karuṇā e Agape in dialogo per la guarigione di un’umanità e di una terra ferite e ha visto la partecipazione di buddisti e cristiani da Cambogia, Hong Kong, India, Giappone, Malesia, Mongolia, Myanmar, Singapore, Sri Lanka, Corea del Sud, Thailandia, Taiwan, Regno Unito. Sono stati giorni intensi di ascolto, incontro, riflessione e condivisione sull’amore e la compassione come strumenti per guarire l’umanità e la terra ferite. Mi porto dietro la bellezza delle relazioni e dei momenti di condivisione ( anche informali), la profondità delle riflessioni condivise e la speranza che un cammino comune nel bene sia possibile e possa farsi segno luminoso ed eloquente per il nostro mondo segnato dalla violenza e dal rifiuto dell’altro. Come suora missionaria della Consolata in Mongolia mi sono sentita incoraggiata a muovere passi in questa direzione, a muovermi alla ricerca dell’altro, ad appassionarmi a conoscere e studiare le diverse realtà con cui vengo a contatto, sognando il dialogo che diventa mano tesa, concreto bene per tutti, crescendo nell’ascolto del grido dell’umanità e nell’avere un cuore capace di vera fraternità. Sr. Francesca Allasia https://www.youtube.com/watch?v=g3th0jIzay8&t=81s