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Missione ed evangelizzazione inculturata

Abbiamo intervistato Suor Anélia, missionaria della Consolata brasiliana in Guinea Bissau. Ci racconta il suo servizio di formazione alla Chiesa locale per un’evangelizzazione in dialogo con la cultura.

Suor Anélia, ci puoi parlare del perché di un’evangelizzazione inculturata?

L’importanza dell’inculturazione è che il cristiano in un dato contesto culturale e religioso raggiunga una vera maturità di fede, e questo avviene solo quando il Vangelo è inculturato, quando la Chiesa è incarnata nel suo proprio contesto. Allora il perché o l’importanza dell’inculturazione è per il radicamento della fede e anche della Chiesa nel suo proprio contesto. La Chiesa deve riconoscersi come Chiesa locale, cioè, deve avere il suo proprio volto dove si trova. Se è africana, deve avere un volto africano; se è indigena, un volto indigeno, e così via.

Ma cos’è l’inculturazione?


L’inculturazione è quando il Vangelo entra in una cultura specifica e mette radice nel popolo con la sua cultura, poi la trasforma, la rinnova, dà a essa un senso nuovo, la porta a compimento, valorizzando tutte le ricchezze di quella cultura. Quindi la Chiese e il cristianesimo sono arricchiti con i valori della cultura. Ma affinché il Vangelo possa entrare in una cultura è necessario che questa lo accolga. Perché il Vangelo rispetta ogni popolo e culture. Perciò l’inculturazione è movimento bidirezionale: il Vangelo entra nella cultura fa il suo lavoro, ma prende anche le ricchezze della cultura. Questi valori devono essere integrati nel cristiano e nel cristianesimo, e così avremo un cristianesimo con un volto a secondo del suo contesto culturale/religioso specifico. Altrimenti, senza l’inculturazione il Vangelo rimane nella superficie della vita cristiana, provocando nel cristiano una vita doppia: Di giorno sono cristiano e alla notte vado cercare ciò che ho bisogno nella mia cultura. In creolo si dice così: “di dia n’ta sedu kriston, di noti n’ta bai baloba”. Ma perché il Messaggio sia recepito deve essere tradotto in termine locale e secondo le categorie di pensiero di ogni popolo. Noi evangelizzatori, dobbiamo credere che la fede trova la sua espressione e la sua vita dentro le culture.

Come si presenta questa realtà dell’inculturazione nella Chiesa dell Guinea Bissau?


La Chiesa in Guinea Bissau è inserita in un contesto culturale/religioso locale molto forte. Le culture in Guinea Bissau sono ancora molto vive. E va bene che sia così, perché è essa che ha dato e continua a dare identità al popolo guineano. Altrimenti faremo un’evangelizzazione nel sistema di “tabula rasa”, come è stata fata in passato. La mancanza di inculturazione ha lasciato i cristiani molto confusi. C’e una tendenza nella Chiesa in Guinea di separa Vangelo e cultura. Il risultato di questo è di un cristianesimo debole e senza identità propria, e di una vita cristiana in crisi di identità culturale/religiosa. La Chiesa in Guinea c’e ancora tanto cammino da fare per inculturare il messaggio evangelico e integrare la fede cristiana.

Cosa si può fare per aiutare i cristiani ad essere più maturi e integrati nella loro fede?

Prima di tutto i cristiani hanno bisogno di essere rievangelizzati; quindi, il discorso della nuova evangelizzazione che non è altro che inculturare il Vangelo. Perciò, in secondo luogo, la Chiesa è sfidata a intraprendere un serio cammino di evangelizzazione inculturata, che avrà come conseguenza l’integrazione dei valori della cultura con quelli evangelici. Ma dobbiamo capire che l’inculturazione è innanzitutto un bene per la Chiesa, per i cristiani, perché il Vangelo non può radicarsi nel cristiano con la sua cultura se non è inculturato. Un cristianesimo non inculturato rischia di fallire, perché produce una fede deboli, senza radice profonde. Come dice il teologo tanzaniano L. Magesa, “senza l’inculturazione del messaggio evangelico, la fede, la Chiesa rimane come “pianta di vaso” che continua a vivere in un terreno strano e senza radice profonde”. Si capiamo questo l’inculturazione non ci può farci paura, anzi tutti capiremo che non c’e vero cristianesimo che non sia inculturato. Una evangelizzazione per essere autentica deve essere inculturata.

L’inculturazione è un bene anche per la persona e la sua cultura, perché il Vangelo non distrugge l’identità de nessun popolo; quindi, è un bene anche per la cultura che conserva i suoi valori autentici. Diciamo che la Chiesa locale in Guinea Bissau, ma anche le chiese locale in generale devono fare strada in ricerca del proprio volto. Il discorso di una evangelizzazione incultura è per tutta la Chiesa.

Guarda e ascolta l’intervista:

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