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Irene: Acqua, Ponte e Fuoco

Siamo in un mese particolare, ottobre del 2023 e in questo mese la chiesa dedica un’attenzione particolare alla missione, è il mese missionario. Quest’anno poi abbiamo la ricchezza di un sinodo, un sinodo sulla sinodalità, quindi sul camminare insieme. E per noi i Missionari e missionarie della Consolata il mese di ottobre si tinge anche del colore di Irene, la nostra Beata, della quale festeggiamo proprio nel mese di ottobre la sua nascita al cielo. Il 31 ottobre Irene passa da questa vita alla vita eterna. Tanti anni fa lei muore a 39 anni nel 1930 in Kenya dopo un percorso di 15 anni di missione in mezzo alle popolazioni di Kenya e Tanzania. Allora mi sembra importante raccogliere questi triplici significati del mese di ottobre. Per noi oggi la missione, un sinodo della chiesa universale che appunto celebra questa tappa importante del percorso sinodale, la tappa universale e guardare tutto questo alla luce dei suoi Irene, della nostra Beata. Mi sembra che Irene, allora come oggi, possa essere veramente una ispirazione per noi missionari della Consolata, per tutti i missionari e le missionarie, per la chiesa intera e mi piacerebbe raccogliere alcune suggestioni della sua esperienza missionaria che possano illuminarci in questo mese missionario, e questo mese sinodale.

Un’esperienza che accompagna Irene o meglio un simbolo che accompagna Irene e direi fin da piccola, fin dalla nascita, è quello dell’acqua. Irene nasce sul Lago d’Idro in Valsabbia, provincia di Brescia. Per chi ha visto il Lago d’Idro, è un’esperienza direi particolare il poterlo ammirare. E’ un lago piccolo, nascosto tra le gole della Valsabbia; ecco attorno al lago si ergono delle montagne ripide come a custodirlo, ma è un lago anche di una trasparenza particolare. L’acqua del Lago d’Idro è straordinariamente limpida e da un colore anche tutto suo che varia tra il verde e l’azzurro. Ospita anche una qualità pregiata di pesce, una particolare trota, che addirittura costituiva una prelibatezza sulla mensa dei regnanti dei Savoia, quindi ecco è una piccola perla idrica nella nello straordinario panorama della Valsabbia. Ha sempre colpito a me questa particolare trasparenza dell’acqua del Lago d’Idro insieme alla sua profondità e non posso fare a meno di relazionarla in qualche modo a Irene. Irene un po’ così, Irene è acqua, ma è l’acqua raccolta tra le montagne di una valle silenziosa e anche erta, ripida. Un’acqua profonda, straordinariamente trasparente ove la vita ama nascere, moltiplicarsi e crescere. Ecco, Irene è acqua, è così, è trasparenza di Dio. In lei si riflette il cielo, in lei si riflette chiunque voglia avvicinarsi a questo specchio d’acqua e trovare se stesso, rispecchiandosi in questa luce che è la luce di Dio. Il simbolo dell’acqua accompagnerà, Irene sarà la donna dei battesimi lungo i suoi intensissimi quindici anni di vita missionaria in Tanzania e soprattutto in Kenya amministrerà migliaia di battesimi. Sappiamo che ne abbia dati almeno quattromila, ma probabilmente molti di più con tutto ciò che significa il battesimo per lei e per noi, l’immersione della creatura nell’acqua rigeneratrice di Cristo, nell’acqua rigeneratrice di Dio che è padre e che madre. Ecco l’umile gesto di questa serva umile che è Irene del mettere in contatto, del facilitare l’incontro tra la creatura e il creatore immergendola nell’acqua del battesimo quindi nel contatto pieno con l’amore di Gesù che salva, che redime, che purifica e che ristora la creatura la ricrea e la illumina, quindi l’acqua dei battesimi. Ma poi se guardiamo pure al miracolo che porta la beatificazione di suor Irene che viene beatificata a Nyeri in Kenya nel 2015, questo miracolo è tutto particolare ed ha a che vedere in modo straordinario con l’acqua. E’ il miracolo che avviene in Mozambico nel villaggio di Nipepe nel gennaio del 1989 durante un attacco della guerriglia della Renamo alla sede e alla missione di Nipepe quando un gruppo di catechisti là radunati per un corso di formazione, sorpresi durante l’attacco della Renamo a celebrare la messa in chiesa, si rinchiudono in chiesa per tre giorni per ripararsi dall’attacco e supplicano suor Irene di difenderli. In quella chiesa c’è un tronco battesimale, un tronco perché non è esattamente una fonte battesimale come la si può trovare in molti posti, è un tronco scavato e adornato di simboli cristologici. In questo tronco si trovano una decina, forse 12 litri d’acqua e la gente invocando Irene perché salvi loro, le loro famiglie, dall’attacco della guerriglia, si trova a testimoniare questo miracolo. Da questo tronco piccolo, povero, rustico, eppure pieno di crepe, l’acqua continuerà a sgorgare dissetando la gente per tre giorni, ecco la gente è chiusa prigioniera in chiesa senza cibo e senza acqua. Quindi di nuovo l’acqua e Irene. Irene che moltiplica l’acqua e che diventa colei che disseta, colei che ristora, colei che salva il popolo. Di fatto poi durante l’attacco di nipepe nessuno di questi catechisti avrà dei danni, non ci saranno morti, riusciranno comunque tutti a salvarsi miracolosamente. Quindi l’acqua.

Un altro simbolo, un altra immagine che può accompagnarci in questo mese missionario sinodale e in questo mese ireniano è quella del ponte. Irene la possiamo guardare come un ponte, un ponte tra i diversi, una donna di dialogo, una donna di una grandissima umiltà e semplicità e di un dono particolare nell’allacciare relazioni tra diversi, nel mettere insieme, nell’annodare i fili delle relazioni e sicuramente Irene si offre così come un ponte di dialogo. Ai suoi tempi, durante la missione che Dio le affida dialogando con la gente col popolo Kikuyu di cui imparerà benissimo la lingua. Diventerà ponte, anche traduttrice e del Popolo Kikuyu, allacciando ponti con i protestanti che avevano le loro stazioni vicine alle missioni cattoliche. Ecco lei con questa sensibilità ecumenica un po’ eccezionale per i suoi tempi, quindi allacciando buone relazioni con i protestanti, buone relazioni con le sorelle, buone relazioni con le suore del Cottolengo che erano arrivate prima delle missionarie della Consolata in Kenya e da cui Irene impara ad essere missionaria, buone relazioni con i missionari della Consolata specialmente con la figura del Padre Domenico Giglio parroco della missione di Gikondi dove Irene lavora per 10 anni. Quindi la donna ponte, la donna dialogo, la donna di relazione. Anche qui questa immagine della del ponte la possiamo ritrovare nel miracolo che caratterizza la sua beatificazione, questo miracolo a cui mi sono riferita in Mozambico. Infatti Irene durante questi giorni drammatici degli attacchi della guerriglia a Nipepe, appunto gennaio 1989 lei interviene come ho detto, moltiplicando l’acqua, salvando la gente dalla furia della Renamo, ma anche inserendosi in modo veramente particolare in quella che è la loro cultura, la percezione del mondo, di Dio e della realtà. Apparirà in sogno a un catechista insegnandogli in Macua, quindi nella lingua locale, la preghiera del Buon Pastore, il Salmo 23 e si comporterà a tutti gli effetti durante quei giorni come fanno gli spiriti grandi degli antenati della tradizione di quel popolo. Per cui quel popolo riconosce immediatamente nella figura, nel modo di essere, nelle parole di suor Irene, nel suo modo di intervenire, la riconosce come una grande antenata, come un qualcuno di proprio pur provenendo Irene da un’altra cultura. Donna, europea, italiana, bresciana, che però si inserisce straordinariamente nella sensibilità Macua parlando un linguaggio accessibile alla gente, utilizzando i simboli culturali oltre che i simboli tradizionali cristiani. Ecco Irene ponte, Irene che media il rapporto con le culture. Di fatto lei risponderà col suo intervento così straordinario salvando tutta la gente riunita in un corso di formazione. Risponderà invocata attraverso una preghiera tradizionale della cultura a Bantu macua che è la Machea, preghiera che tradizionalmente il popolo rivolge a Dio utilizzando come mezzo la farina, un po’ come da altre parti si utilizza l’acqua benedetta o l’incenso, in questo popolo come così anche in altri popoli Bantu, la farina diventa un simbolo di comunione, di mangiare insieme. I catechisti insieme a Padre Frizzi, padre missionario della Consolata, che si trovava in quei giorni a Nipepe subendo questo attacco della guerriglia, pensano di invocare l’aiuto di Irene però attraverso una preghiera che rispecchi la tradizione del popolo, la Machea. Irene risponde e risponde grandemente. Risponde a tutte le richieste che il popolo fa. Tant’è che poi questa preghiera della machea viene studiata a livello teologico, viene presentata alle opportune commissioni teologiche in Vaticano che esamineranno il miracolo e il miracolo viene riconosciuto come autentico. Quindi Irene ponte anche tra ciò che lo Spirito ha seminato, ha fatto crescere e maturare nei popoli e la chiesa universale. Irene ponte.

Ecco direi un’ultima immagine, Irene è un fuoco. Perché dico che è un fuoco? Direi che guardando anche solo la sua espressione Irene è veramente infuocata ed è illuminata di amore. E’ un fuoco, non fuoco che distrugge, ma un fuoco che riscalda, un fuoco che purifica, un fuoco che attira, un fuoco che diventa focolare per tanta gente. La sua superiore maggiore in Kenya di quei tempi che è madre Ferdinanda Gatti conoscendo molto bene Irene dirà dopo la sua morte nella sua testimonianza che Irene è una fiaccola ardente che si consuma nella sua fiamma. Si, Irene è così, luce, calore e focolare per tanti che si avvicinano e direi che questa immagine è un’altra immagine che può veramente illuminare il senso di questo mese di ottobre. La missione è fuoco. O è fuoco o non emissione. La missione è un fuoco che riscalda, purifica, unisse, fonde, guida, illumina. Illumina un po’ come l’immagine della colonna di fuoco per Israele, questo Signore di fuoco che illumina, riscalda e purifica. La missione è fuoco.

Dicevo siamo nel mese del sinodo e come è bello applicare queste tre immagini al cammino sinodale che la chiesa sta percorrendo, l’acqua, il ponte e il fuoco. Un sinodo che vuole insegnarci a tutti noi che siamo chiesa come camminare insieme, come essere gli uni per gli altri, acqua che ristora, disseta, purifica e immerge nell’amore di Dio, gli uni per gli altri. Come essere ponti e mai i muri, ma sempre ponti di dialogo tra le esperienze e le sapienze diverse. Come essere fuoco che tutto unisce, che tutto purifica, che tutto illumina e tutto riscalda. Grazie allora Suor Irene per questi messaggi che riescono a colorare, a rinfrescare, a riscaldare questo mese di ottobre 2023, mese di Irene, mese della missione, mese del sinodo della chiesa universale.

sr. Simona Brambilla MC

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