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Il potere spirituale della donna Bijagò – Seconda parte

INIZIAZIONE FEMMINILE BIJAGÓ E IL POTERE SPIRITUALE DELLA DONNA - Seconda parte

Per quanto riguarda l’iniziazione femminile dei gruppi etnici, di matrice tradizionale, della Guinea Bissau, l’unica etnia femminile che rende l’iniziazione tradizionale simile a quella degli uomini (bijagós) è il gruppo etnico Bijagó. Per altre etnie, l’iniziazione femminile, o come spesso dicono le donne, il Fanadu delle donne, sono i riti per il matrimonio. Per riferirci all’iniziazione usiamo anche la parola dufuntu/fanadu, in creolo, e manrach iarebok, in bijagó.

La donna Bijagó attraverso il suo potere spirituale ha la capacità di fare per fino una “doppia iniziazione”, cioè, la propria e di un’altro. Questa capacità spirituale é tutto ciò che verrà alla luce nella descrizione dei riti di iniziazione, un grande convolgimento con il mondo degli spiriti. I riti si iniziazione sono collegati alle fascie di età, che già nell’ adolescenza le ragazze cominiciano a svilupare queste capacità spirituali, portando con loro grande responsabilità verso la tradizione.

La fascie di età e l’iniziazione

Le ragazze e i ragazzi bijagós hanno la stessa fascia d’età fino alla pubertà, cioè fino agli undici, dodici anni. Anche la facia d’età doppo i 50 anni (okotò) è uguale per gli uomini e per le donne. Per parlare dell’iniziazione, cosí come succede per il sesso maschile che considera le fascie d’età partendo dall’adolescnza, così è per il sesso femminile. Cosí sono divisi quelle delle done:

La fascia di età dell’adolescenza denominata Kampuni va dagli 11 ai 20 anni. Quella delle donne sposate, denominata okanto, corrisponde all’età dai 21 ai 50 anni. Dopo l’età di 50 anni, sono chiamate okotó. Tuttavia, la ragazza adolescente deve eseguire le cerimonie di dufuntu1 (iniziazione), passando per i livelli di età corrispondenti a quelli degli uomini, Kanhokám, Kabaro e Kamabí. La convinzione è che la ragazza dovrà realizzare le cerimonie che l’adolescente morto non é riuscito a realizzare sulla terra.

Kampuni

Le ragazze Kampuni (adolescente), è il gruppo d’età che comincia le cerimonie di dufuntu, cioè, l’iniziazione. Le ragazze che affrontano le diverse cerimonie di dufuntu compiono un percorso iniziatico parallelo a quello maschile: diventano kabaro e kamabi, permetendo ai ragazzi morti di realizzare la loro iniziazione. Indossano quattro gonne diverse, piuttosto lunghe e fatte di paglia (B. n’odanné) dipinte in rosso e nero. Di solito camminano in gruppo con una lancia di legno (C. kanhaku) nella mano destra, simbolo di una vita guerriera.

1 L’anima di un ragazzo non iniziato tradizionalmente che deve realizzare le cerimonie di iniziazione una donna. Quindi, dufuntu è anche il nome che viene dato alle cerimonie di iniziazione realizzata a queste anime/defunti.

Okanto

É la fascia di età che corrisponde alle donne quando diventano madri. Perciò, okanto si riferisce anche alle kampuni (adolescente) che danno alla luce prima delle cerimonie di dufuntu. Avere un bambino prima di queste cerimonie è considerato una vergogna per la famiglia. Cosi si esprimono le donne anziane: «Mia figlia ha dato alla luce un bambino, era ancora una bambina e non ballerà per orébok (espirito/anima), perché ha già dato alla luce un bambino». Per questo la tradizione impone una regola nella sucessione degli eventi: si deve prima sperimentare la possessione per poter in seguito concepire un figlio.

Okotó

Questa è la fascia d’età delle donne anziane (C. Mindjris garandi)) dopo la menopausa. Non indossano più gonne fantasiose, ma gonne rosse ricavate dalla corteccia della pianta di egúmpe. È la fascia d’età che controlla le cerimonie delle donne e che non teme più gli spiriti della morte, perché li ha visti e può parlare con loro in modo amichevole e senza paura. Le donne di questo gruppo sono le uniche autorizzate a parlare delle cerimonie di dufuntu. Le più giovani non possono discutere di questa faccenda segreta e misteriosa in nessun caso.

Ma cosa é questa cerimonia di dufuntu?

Il ritmo della vita include anche la realtà della morte, accettata come un evento normale nel caso di persone molto anziane. Ma quando la persona morta è un giovane adulto, pieno di vitalità, la morte non è accettata tra i Bijagós: l’equilibrio cessa, mentre il ritmo della danza vita-morte è rotto, perché il tempo della vita è stato molto breve, la morte è arrivata prima dell’ora. La morte precoce, come viene sottolineato dalla antropologa C. Pussetti, impedisce lo sviluppo armonioso dell’individuo, il cui spirito resta in un pericoloso stato liminare, non appartenendo più alla società dei vivi e non ancora al mondo dei morti.

Oppressi dalla propria solitudine, questi spiriti restano a vagare nella foresta, intorno ai villaggi (tabancas), da un’isola all’altra, irrequieti, infelici e talvolta minacciando la tranquillità dei vivi. Solo se hanno la possibilità di entrare nel corpo umano, in questo caso di una donna, per eseguire tutte le cerimonie mancanti possono diventare adulti e trovare il cammino desiderato (B. kadjoko kanindo). È questo il culto di possessione femminile manrach iarebok, ovvero, l’iniziazione dei ragazzi morti prima di realizzare l’iniziazione/fanadu. In questo senso, il compito delle donne è di ristabilire l’equilibrio tra il mondo dei vivi e il regno dei morti.

Per questo, secondo la tradizione, un giovane che muore prima di completare le cerimonie di iniziazione, deve tornare al villaggio attraverso il corpo (Kugbi), di una donna: così, aiutato da lei, egli compie il rituale dell’iniziazione, potendo in questo modo diventare un uomo completo, raggiungere la maturità, e unirsi agli anziani e andare nel mondo degli antenati.

Esiste persino una designazione, oshó, per queste persone, che non hanno partecipato agli atti relativi alla loro iniziazione. Mentre la donna fa la propria cerimonia di iniziazione, l’anima del defunto fa la sua attraverso di lei. Questo è il motivo per cui le donne, cui corpi sono posseduti dalle anime, sono chiamate dufuntu (C. Almas ke ta sibi na mindjeris i ta tchomadu dufuntu).

Affinché l’anima entri nelle donne, vengono eseguite cerimonie specifiche. Sono poteri acquisiti durante l’iniziazione. Un potere che viene dalle donne anziane iniziate; responsabili dell’avvio delle più giovane e della trasmissione di tali poteri. Sono cose antiche che passano di generazione in generazione. Le giovani possedute si comportano come in trance, guidate dai tocchi del bombolom, il tamburo sacro che trasmette i messaggi attraverso un alfabeto speciale, considerato dai Bijagós la voce degli antenati.

Nella società Bijagós, perciò, le donne occupano un posto di rispetto, sia come madri che trasmettono il nome del clan ai loro figli, sia anche come quelle che fanno tornare i morti al villaggio per ristabilire l’armonia tra i due mondi. Le donne, attraverso le cerimonie di dufuntu, danno vita a giovani morti anche da un punto di vista spirituale e culturale. Per questo motivo le donne sono rispettate e, spesso, ispirano paura. Quindi, il potere spirituale della cultura Bijagós appartiene alle donne, che con il loro corpo sono capaci di far ritornare o far rinascere i morti; di trasformare gli spiriti in entità benefiche.

La relazione con l’anima della persona morta è considerata dai membri della tabanka (villaggio), come un’esperienza pericolosa, perché come è stato detto, sono anime che non sono ancora arrivate al loro destino, che vagano da una parte all’altra. Possono essere controllate solo accettandole e facendo ciò che loro dicono di fare.

Il bombolom, attraverso il parlare ritmicamente delle sue battute, è il solo mezzo per ascoltare i desideri e le esigenze della persona morta. Per questo, durante le cerimonie di dufuntu, le persone autorizzate a parlare con le ragazze devono usare il linguaggio di queste cerimonie, che loro stesse hanno appreso quando le hanno eseguite. Di solito la ragazza e il defunto appartengono allo stesso clan o sono almeno membri della stessa famiglia o villaggio. Il defunto è sempre un uomo ed entra solo nelle donne1.

Il lungo percorso delle cerimonie conferisce alle donne, o aiuta a conferirle, uno status più elevato, poiché la nascita non è sufficiente per diventare membri della società. Così come un uomo diventa un membro completo della società da una seconda nascita, cioè con l’iniziazione, allo stesso modo, una donna, per diventare un’autentica madre e un vero membro creativo della sua società, deve generare non solo fisicamente ma anche spiritualmente, e questo sarà possibile solo per mezzo dell’iniziazione. Eseguendo i riti, le donne acquisiscono prestigio, potere e dignità nella società Bijagós. Per la possessione diventano grandiose…

Le cerimonie femminili si svolgono in luoghi sacri nella foresta. Solo il capo villaggio e l’orase possono accedervi. L’orase è di solito il capo della sua fascia d’età o qualcuno legato, dal suo lignaggio materno al clan del villaggio. Nessun altro uomo deve sapere nel modo più assoluto ciò che accade. Il secreto per i Bijagós è sacro, chiunque lo rivela muore.

Questo è il motivo per cui le donne iniziate si astengono dal parlare con ragazze non iniziate, con gli uomini, oppure utilizzano un linguaggio speciale proprio degli spiriti. Secondo alcuni informatori le cerimonie delle donne sono molto più segrete di quelle degli uomini, e gli uomini hanno paura del potere spirituale delle donne. Il fanadu, come è capito dalle donne, è qualcosa di molto sacro.

1 Nel caso delle donne che non hanno fatto l’iniziazione/fanadu prima di morire, le donne anziani fanno una cerimonia con il cadavere, che sostituisce il fanadu. Con questa cerimonia, la persona è libera nell’altro mondo e può essere riconosciuta dagli antenati.

Tre fasi principale dell’iniziazione/il defuntu.

Kanunake

È il primo contatto delle ragazze con l’anima. Le donne anziane insegnano loro la possibilità femminile di mediazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Sono trattati con grande rispetto, come se fossero i veri ragazzi morti che sono tornati al villaggio. Imparano a ballare la danza del dufuntu. Orébok, marák (danza, anima), è l’invito che il suonatore di bombolom fa alle ragazze. Loro indossano lunghe gonne di paglia, caratteristiche delle cerimonie di dufuntu, e il modo in cui il capo o l’orase parla loro dimostra la vera convinzione della presenza delle anime che sono tornate dall’aldilà ai loro corpi.

Questa prima tappa di cerimonia dura circa dieci giorni, e già al termine di essa quando le anime (iarebok) se ne saranno andati e le giovani donne ritorneranno alla quotidianità, la loro posizione sociale e soprattutto il loro sguardo sul mondo sarà diferente. Queste sono le parole pronunciate della sacerdotessa all’uscita della Baloba: «ora tu vedi il mondo».

Nubir nabido

È il periodo che precede i riti di iniziazione nella foresta. Le giovani vivono nelle capanne sacre, circa due settimane, e indossano due bracciali di conchiglie di caurim (C. bus, B. ukosí) su ciascun avambraccio, come segno di appartenenza al mondo degli spiriti.

In questa fase ricevono il proprio nome legato alla cerimonia di dufuntu, in verità, non sono loro a ricevere il nome iniziatico, ma i defunti, portati nel loro corpo. Sono i nomi dei figli dei quatro antenate mitiche – Orakuma, Ominka, Ogubane e Oraga, trasmessi di generazioni in generazioni.

Alle giovani donne vengono insegnati in dettaglio su come comportarsi con il mondo degli spiriti. Nel momento di questa attribuzione del nome, lo spirito dell’antenato più prossimo cui fu assegnato lo stesso nome iniziatico, entra in una forma di comunione o ispirazione con l’inizianda/o, accompagnandola/o nel lungo processo che dovrà affrontare e comunicandole/i saggezza ed esperienza. In questa fase le cerimonie di garandesa diventano più frequente, e gli insegnamenti più profondi.

Kanhoke

Kanhoke è l’ultima fase, e comporta un periodo di reclusione in foresta che va dai due mesi a sei mesi secondo le regole di ciascuna isola. L’entrata della foresta è preceduta da una grande festa e balli intorno al villaggio. Viene instaurato un rapporto di amicizia più grande tra le giovani e le anime, che iniziano a chiamarle n’unté, che significa “moglie”. Quando arriva il fuoco sacro, le ragazze vengono invitate dal bombolom ad entrare nella foresta.

Nei primi giorni le giovani non fanno il bagno, non mangiano, non bevono; sono giorni sacri. Sono giorni di sacrificio e purificazione profonda. Alla fine di questi giorni si fa una grande celebrazione per commemorare la prova vinta. Dopo questi giorni, iniziano ad essere impartiti insegnamenti, ad esempio, come rispettare gli anziani, genitori, come una donna deve prende cura della familia, insegnamenti sulle cerimonie, ecc. Viene insegnato anche il lavoro agricolo e come raccogliere frutti selvatici dalla foresta o molluschi dalle spiagge.

Durante il tempo di reclusione loro sono alimentate con pesce, vino e olio di palma dai giovani adulti del villaggio, che devono aiutare i loro compagni morti, che ora svolgono le cerimonie di iniziazione. Il tamburo sacro è sempre presente con il dufuntu per parlare con loro e interpretare la loro volontà. È obbligatorio che gli abitanti del villaggio ascoltino le anime e le soddisfino, in modo da portare protezione e armonia tra i due mondi.

Il giorno in cui le giovani tornano dalla foresta, indossano un paio di pantaloni e scarpe da uomo. Sono coperti con foglie di palma e hanno un cappello triangolare in testa. Tutto sembra indicare il suo nuovo status maschile, a causa delle anime presenti in esse.

Danzano per tre giorni in un posto chiamato etìkapun’a, in torno al villaggio. Portano in mano una piccola lancia di legno e manico corto, ricevuta da giovani adulti. Rappresentano le caratteristiche tipiche di un giovano guerriero che manifesta la sua identità. Le giovani si chiamano ochó e nessuno può toccarle.

Durante le cerimonie un aspetto importante è l’apprendimento del linguaggio, delle danze e delle canzoni del dufuntu. Ogni ragazza esegue una danza specifica, secondo il desiderio dell’anima dentro di sé. La più importante è la danza del dufuntu (B. kantrá). Le canzoni sono legate a sogni, speranze e delusioni quotidiane. Quando le danze sono finite, ritornano al loro vero stato.

La donna orébok, ossia, posseduta, non ricorda niente della sua vita ordinaria, non riconosce i suoi familiari, e suoi amici…, tronca tutte le sue attività quotidiane, vive nella Babola (luogo di culto tradizionale – tempio) e non più nella casa materna. Sul fine della danza le possedute rappresentano teatralmente il momento della morte dei defunti che incarnarono: il guerriero ucciso in battaglia, il giovane marinaio che annega in mare, ecc. Sono rappresentazioni che emozionano i presenti che rivivono la morte dei loro figli, fratelli, amici del villaggio.

Anche le donne anziane con una rappresentazione storica fanno rivivere nella danza la memoria del tempo guerriero. Attraverso il linguaggio del corpo, raccontano storie che per un verso riaffermano e rafforzano il modello d’umanità proposto dagli anziani, per l’altro affrontano un pretesto per riflettere sui contrasti e le incertezze del presente. Così nuove storie iniziano ad affasciarsi sulla scena del “teatro” dei defunti.

Le giovani donne iniziate prima di tornare al loro villaggio, rimangono nell’etute1 (luogo dove si incontrano gli anziani) per dieci giorni, indossando bellissime gonne tradizionale. Da questo punto in poi vengono chiamate kamabi, come i giovani adulti dell’iniziazione maschile. Come con la corrispondente età maschile, iniziano a offrire regali alle donne anziane, cioè a fare le cerimonie di pagamento di “grandezza.”

È la fase dove devono portare altre ragazze all’iniziazione/fanadu (G. bota utrus fanadu). Dopo di ciò la persona è libera, perché ha già “concluso” il suo fanadu, e già non è obbligata a portare altre giovani all’iniziazione perché lo ha già fatto una prima volta che è obbligatoria. Per la prossima iniziazione, saranno le ultime iniziate a portare le più giovani, è così il modo di procedere.

Tuttavia, la cerimonia non finisce qui; dopo questa fase, la giovane donna può sposarsi, avere figli, ma di tanto in tanto ci sono periodi sacri in cui il defunto ritorna al villaggio (tabanka). Nessuna donna sa esattamente quando ciò può accadere; a volte potrebbe esserci stata una calamità, un’epidemia, un incidente, una disarmonia su cui bisogna lavorare affinché l’equilibrio ritorni alla tabanka. E solo le donne unite ai loro antenati possono ripristinare l’armonia all’interno della comunità.

Questioni pratiche

L’iniziazione/fanadu, però, non è solo cosa di dufuntu, è anche insegnamento pratico di vita: come trattare con gli anziani, i genitori, come entrare nella società, come educare i figli, ecc., quindi, il fanadu è educazione e rispetto alla tradizione. Il fanadu è un tempo riservato di formazione e anche di sacrificio necessario alla maturità delle giovani. Chiunque abbia fatto il fanadu sa come comportarsi di fronte alla tradizione, sa dove e con chi sedersi, cioè, conosce la propria personalità, conosce suoi compromessi, conosce a che gruppo della tabanka appartiene.

L’iniziazione può essere divisa in due momenti principali: Il primo è quello della possessione del defunto. Il secondo corrisponde a quello di kunha garandesa (cerimonie di pagamento…)2, che si svolge nel luogo sacro, per chiedere l’insegnamento della cultura. La parte sacra è quella della possessione/defunto.

Ogni persona che va al fanadu ha un guardiano (lambé in creolo – chiamato “madrina” di fanadu), che veglia sul comportamento della giovane nel villaggio. Il lambé osserva se la persona rispetta e mette in pratica tutto ciò che è stato insegnato nell’iniziazione. Il cattivo comportamento di una persona sarà sempre punito, sia durante il fanadu che durante le cerimonie di pagamento di garandesa.

Cerimonie di paga/kunha garandesa

Coloro che hanno fatto l’iniziazione smettono di fare cerimonie di kunha garandesa solo quando portano altre giovani a fare l’iniziazione. Per loro è arrivato il momento di ricevere i ringraziamenti delle più giovani, e di istruirle nella tradizione. Il fanadu è organizzato per gruppo d’età, perciò, le cerimonie di garandesa sono pagate collettivamente, cioè come gruppo di una stessa fase, perciò, nessuna persona può avanzare da sola in una fase, ma deve camminare con il gruppo.

C’è la credenza che se la persona rifiuta di fare le cerimonie di garandesa e poi va a partecipare in quelle delle sue colleghe, il suo dufuntu di iniziazione non accetta e può ucciderla. Le cerimonie di grandezza è il modo di pagare tutto l’insegnamento ricevuto dalle anziane, tutto ciò che hanno fatto alle giovani. Quindi, è un diritto che le donne anziane hanno per gli insegnamenti che hanno dato. Se una persona non finisce con le cerimonie di garandesa di una determinata fase, rimarrà in quella fase fino a quando paga. In ogni pagamento di garandesa, la persona riceve altri insegnamenti, e ed è questa la parte essenziale.

Un’altra credenza è che se le cerimonie non sono concluse, non solo la persona in questione viene colpita con qualche tipo di problema, ma anche la sua familia. In altre parole, la persona potrebbe essere disturbata dal suo defunto. Inoltre, nessuna figlia può preparare il cadavere della mamma e rituali funebri se non ha completato tutte le cerimonie.

Durante fa fase di garandesa, altri insegnamenti vengono ricordati per verificare se la persona li sta facendo correttamente. Ad esempio, se non si comporta bene con i suoi genitori, non aiuta le donne più anziane con il lavoro, a procurare il cibo, ecc. Se questo tipo di lamentela entra nel matto della garandesa, la persona può prepararsi la schiena perché sarà punita. La punizione è il modo di rimproverare la persona che si è comportata male.

1 Luogo in cui si incontrano il consiglio degli Anziani, formato dagli uomini e dalle donne del villaggio sopra i 55 anni che esercitano potere all’interno del gruppo.

2 Garandesa è la parola in creolo. È un modo di pagare con prodotto della terra gli insegnamenti della tradizione ricevuti dagli anziani. Durante le cerimonie formative per la conoscenza della tradizione, i partecipanti offrono da mangiare e da bere agli anziani nella foresta sacra dove sono radunate per ricever gli insegnamenti.

Il dufuntu

Secondo una iniziata, il problema del defunto è difficile da spiegare, perché è un’anima che la persona non può vedere, non può conoscere; è come il vento. Il defunto è sempre un uomo ed entra solo nelle donne. Quando il defunto entra in una persona, ne parla, e a volte dice anche come si chiama. La persona non è cosciente mentre è posseduta, è lo spirito che agisce in lei, sono le altre persone a testimoniare l’accaduto. Dopo che il defunto va via non lascia nessun sintomi diversi nel corpo della persona, tutto torna alla normalità come se nulla fosse accaduto. Se il defunto entra mentre la persona è in casa, viene portato nel luogo in cui si svolgono le cerimonie (Baloba).

L’anima che la ragazza ha ricevuto dall’inizio è la stessa anima che continua fino alla fine della vita. La giovane che riceve in sé l’anima di un non iniziato, ha tutto il riconoscimento dalla parte della mamma del giovane, ma anche lei la tratta come se fosse sua madre. Dicono che dopo l’iniziazione, il defunto sarà sempre con la persona per proteggerla; è un’anima buona.

Le persone anziane, attraverso il defunto, possono sempre rilevare qualsiasi minaccia di un problema nel villaggio (tabanka). Sono loro attraverso una possessione a riceve il messaggio e a trasmetterlo alla comunità. Perciò, il potere spirituale delle donne, le rendono capace di parlare il linguaggio dei morti e di essere intermediarie e interpreti delle parole dei defunti, facoltà che ci traduce nella vita corrente in una posizione di grande prestigio. È lei che dà la vita, che semina, che conosce i segreti della fertilità. Il potere spirituale appartiene alle donne1!

sr. Anelia Gomes de Paiva

1 Per parlare sui riti di iniziazione femminile sono stati utilizzati i seguenti riferimenti: Autori consultati: L. Scantamburlo, Etnologia dei Bijagós dell’isola di Bubaque, Instituto Nacional de Estudos e pesquisas (INEP) e Instituto de Investigação Cientifica Tropical (IICT), Lisboa, [1978] 1991, p. 39-40, 51-54; Dilma de M. Silva, Por entre as Dórcades Encantadas: os Bijagó da Guiné-Bissau, Terceira Margem, São Paulo 2000; 69-80; C. Pussetti, Poetica delle emozioni. I Bijagó della Guinea Bissau, Laterza, 2005, p. 147-152; Intervista sui riti di iniziazione tradizionale: L. Armando – R. Soares – A. Zita– Fatu – T. Cumprido, 2017-2019.

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