In quest’Anno 2024, in cui la Chiesa riconosce la santità del Beato Giuseppe Allamano, per noi suoi figli e figlie Missionarie della Consolata è doveroso, gradevole e stimolante prestare attenzione contemplandolo quale assiduo adoratore di Gesù Eucaristia. Ci sarà pure vantaggioso e piacevole uno sguardo ai suoi riflessi nella figlia fedele alla sua guida paterna, la Beata Irene Stefani, beatificata il 23 maggio 2015 a Nyeri, Kenya.
L’Allamano, innamorato di Cristo, procurò la diffusione del suo Vangelo e, senza badare all’età, agli acciacchi, alle contestazioni, diede vita alle nostre Famiglie missionarie. “Vi voglio Sacramentini, cioè figli e figlie affettuosi di Gesù Sacramentato. Voi, sebbene di vita attiva, potete e dovete abituarvi ad essere veri Missionari/e Eucaristici”.
Ben sappiamo che una delle caratteristiche fondamentali della spiritualità del Fondatore è la ricerca di Dio solo, del senso e del gusto della sua presenza. Molti testimoni ci hanno lasciato parole di profonda ammirazione dell’Allamano adoratore: delle sue parole, del suo “sostare” nel famoso coretto del Santuario della Santissima Consolata dove lui trovava il suo riposo.
È importante ricordare alcune testimonianze:
- “Nelle lunghe ore passate in adorazione, il padre Giuseppe Allamano fissava il suo sguardo al tabernacolo come se vedesse l’amico più amato”. Giuseppe Nepote, missionario e vescovo.
- “Quando pregava davanti al Santissimo Sacramento il suo occhio diventava più luminoso che mai; anche nella persona sembrava tutto trasportato al Tabernacolo, dentro il Tabernacolo”. Padre Domenico Ferrero, IMC.
- “Quando, parlava dell’Eucaristia, i suoi occhi si volgevano dalla parte del tabernacolo e diventavano sfavillanti”.Madre Margherita De Maria, mc.
- “L’Allamano ci parlava dell’Eucaristia con tale ardore da farci infiammare il cuore: gli occhi gli s’illuminavano. Si direbbe un poeta che declamava il suo grande amore”.Un giovane studente.
- “Attendeva al culto del Signore animato da un ardente spirito di fede”Un sacerdote diocesano.
E altri confermavano: “Era come assorto e si sarebbe detto che vedesse realmente il Signore”; era facile dedurre che egli viveva continuamente alla presenza del Signore”. “La sua tensione era alla preghiera di tutto il giorno, camminando sempre alla presenza di Dio, in intima unione con lui”.
Il beato Allamano diceva ai suoi missionari e missionarie, e oggi lo dice a noi:
“Vorrei che i vostri occhi fossero così penetranti che vedessero Gesù là dentro. Non è impossibile; ci vuole fede. Teniamo sempre gli occhi indirizzati a Dio, come gli occhi di Dio sono sempre rivolti a noi”.
L’Allamano si era proposto di fare del suo cuore una piacevole dimora per il Signore. Scriveva:
“Vivere e agire con Gesù che è nel mio cuore”. E suggeriva: “Bisogna che respiriamo, che ci perdiamo in Dio”.
Fissava il suo sguardo sull’Eucaristia e ammirato contemplava: “Gesù si colloca nel cuore e di là domina tutto noi stessi, anima e corpo e tutte le potenze, e io devo guardare Lui”.
Diventava, quindi, sua aspirazione prolungare questa speciale presenza: «Prego Gesù di rimanere corporalmente nel mio cuore per tutto il giorno». E propone anche a noi di ardere dello stesso desiderio:
Per lui Gesù nel tabernacolo è il centro, il sole, il direttore vero della casa da cui tutto parte e a cui tutto converge. Noi dobbiamo aggirarci attorno a lui come le farfalle alla luce, le api al miele; vivere la presenza eucaristica come due cuori che si donano, due sguardi che si incontrano, due fiamme che si consumano.
Non si tratta di sentimenti, sia pure nobili e fruttuosi. L’Allamano diceva ai missionari:
“Lo sguardo all’Eucaristia «vi formerà a tutte le virtù e accenderà in voi quel fuoco che Gesù è venuto a portare sulla terra, e che per mezzo vostro vuole accendere in chi non lo conosce”.
Alle nostre prime Sorelle il Fondatore diceva: “Bisogna avere lo spirito di preghiera: in ogni luogo tenerci unite a Dio con un’accensione del cuore a Lui fatta di tanto in tanto, mentre lavoriamo; una giaculatoria, un sospiro mentre camminiamo o andiamo in qualche luogo, ecc. Così si può fare tutto e pregare assieme” (CS. I, 130).
“Voi dovete persuadervi bene che per quanto sia necessario operare, lavorare da mattino a sera, non è meno necessario, anzi è più necessario unirsi al Signore, non lasciare una pratica di pietà; se non è di giorno, sarà di notte, e se per caso non si può fare un giorno l’orazione nel tempo che è prescritto, ci sia almeno un buon pensiero che domini tutta la giornata” (CS. III, 189).
E la giovane Mercede Stefani? Oggi beata Irene Stefani
Accolta dallo stesso Fondatore, il beato Giuseppe Allamano, alla vigilia della solennità della Santissima Consolata del 1911, per tre anni e mezzo ha potuto ascoltare direttamente le sue parole, le sue conferenze e raccogliere con filiale amore le espressioni che maggiormente la colpivano. L’insegnamento del Padre la guidò per tutta la sua breve e intensissima vita religiosa missionaria nella sua amata Africa.
Fin dall’infanzia, suor Irene aveva un profondo amore a Gesù nell’Eucaristia. Dopo la Prima Comunione, l’amore per Gesù divenne sempre più ardente; voleva riceverlo tutti i giorni. Prima di coricarsi lei salutava Gesù Sacramentato facendo una profonda genuflessione in direzione alla chiesa. Al mattino si alzava prestissimo per giungere in chiesa, lei di Gesù nel Tabernacolo era insaziabile”.
Suor Margherita Demaria attestava: “Il suo amore era molto grande per il buon Dio, per Lui solo operava e si rendeva tutta carità per il prossimo, fino alla totale dimenticanza di se stessa”.
Nei taccuini dei primi anni suor Irene raccolse esortazioni, meditazioni, ecc. che dovevano servirle come sussidio in missione dove non c’erano libri di spiritualità e nemmeno la Bibbia; in essi troviamo varie espressioni di amore a Gesù, espressioni che non rimasero nel semplice sentimento, ma che nutrirono il suo vivere e il suo operare. Scriveva:
- “Poter dire: Io sono Irene di Gesù e meritare di sentire: Io sono Gesù di Irene”.
- “Voglio diventare un altro Gesù”.
- “Ah mio Signore! Se avessi da vivere anni infiniti, se avessi forze infinite, se avessi un cuore capace di amare infinitamente, tutto, tutto impiegar dovrei in amare e servire Voi, per corrispondere a tante grazie da voi ricevute”.
- “O Gesù non vi chiedo che la pace, la pace, e più di tutto l’amore, un amore senza limiti, senza misura”.
- “Amare sempre, amare tutti, amare con Dio, come Dio, in Dio, per Dio”
- “Con l’aiuto di Maria Santissima, amerò la carità più di me stessa”
Abbondano le testimonianze di Sorelle e di Africani sull’amore di suor Irene a Gesù, adorato nell’Eucaristia e incontrato nel prossimo per il quale non esitava minimamente di farsi pane spezzato, giorno dopo giorno fino alla fine della vita. Ricordiamo alcune testimonianze di Consorelle:
“Pregava molto: ho sentito che certe notti, quando aveva qualcuno restio a convertirsi, stava inginocchiata dietro al Tabernacolo, e pregava tutta la notte, inginocchiata su due mattoni. La ricordo come una pianta viva che donava e donava e non teneva nulla per sé”. Suor Adelaide Marinoni.
“Credo che parecchie conversioni siano frutto di spirito di fede, di unione e di preghiera di suor Irene. Quante volte la sentivo pregare di notte, specie quando aveva lasciato in preda alla morte qualche malato duro alla grazia”. “Dopo pranzo il suo riposo era una visita a Gesù Sacramentato, per intendersela con Lui, come lei si esprimeva”. Suor Cristina Moresco.
“Nonostante il molto lavoro, suor Irene era costantemente fedele agli impegni di preghiera, fissati o a noi raccomandati. Se per un motivo di carità o di apostolato non poteva essere presente alle pratiche di pietà secondo l’orario stabilito, le faceva in altra ora, magari con sacrificio, ma con libertà di spirito, come una libera figlia di Dio. Ricordo che capitò qualche volta che venissero a chiamarla al mattino presto per andare presso un malato grave. Nel timore di giungere troppo tardi, partiva subito anche prima di Messa. Era convinta di lasciare Dio per Dio. La Comunione la faceva tornando a casa magari tardissimo, ancora digiuna”. Suor Antonietta Cordero.
“Il giorno di ritiro aveva abituato i cristiani a non disturbarla tanto, se non avevano cose importanti”. “Davanti a Gesù lei gioiva e, tolte le poche ore della notte, il suo riposo era sempre in chiesa. Alla domenica poi, se aveva un po’ di tempo, mentre noi riposavamo, lei stava in chiesa davanti al Tabernacolo”. Suor Felicita Casale.
“Io ero sagrestana e là, dietro l’altare, compresi che suor Irene, mentre non aveva tempo per sé, lo trovava per andare ad attingere alla Fonte d’ogni bene quell’amore, quello zelo che la divorava”. Suor Cornelia Grassi.
“Pregava molto. Si vedeva sempre raccolta e immersa in Dio. Anche quando aveva molto lavoro non perdeva il suo aspetto di raccoglimento e di silenziosa preghiera”. Suor Agata Baroni.
“Era abitualmente unita a Dio con brevi ma ferventi aspirazioni ed un’abituale unione con Dio, vedendo in tutti Dio e per conseguenza tutti trattava con ogni premura e sollecitudine, con la massima dimenticanza di se stessa non risparmiando sacrifici”. Suor Rosalia Carrera.
“Suor Irene aveva un grande zelo per avvicinare chiunque, fosse anche solo qualcuno di passaggio. Parlava loro di Dio e li faceva pregare. Questo lo vidi parecchie volte. Alla preghiera suor Irene ricorreva costantemente nei problemi e nelle situazioni difficili della vita missionaria”.
Fratel Luigi Della Valle.
Varie Sorelle attestano: Negli ospedali militari “correva da Gesù a dire che soccorresse i malati, i moribondi … Nelle difficoltà con i suoi alunni “invece di sfogarsi a raccontare tutte le sue pene gliele confidava solo a Gesù nel Tabernacolo e perciò tutto, tutto otteneva” e quando una consorella si ammalava “pregava tanto per lei e alla sera faceva fare, alle ragazze del dormitorio una novena per la sua guarigione”.
Della morte inaspettata di sr. Irene il maestro Joseph Kaiga, suo ex allievo, con immagine fantasiosa e interessante ci racconta il dialogo intercorso tra Dio e l’Allamano.
“Dio disse al Fondatore delle Suore della Consolata:
Io, Dio, sono soddisfatto di tutte le buone opere che la madre dei cristiani di Gikondi (suor Irene) ha fatto per la gloria di mio Figlio, Gesù Cristo e per la gloria di Maria Consolata. Tu, Giuseppe Allamano, cerca tra le tue suore un ‘altra che possa continuare il lavoro che suor Irene Stefani ha cominciato per il Regno di Gesù Cristo, per il trionfo di Maria Consolata, in questa missione di Gikondi, nella Diocesi di Nyeri e tutta la Congregazione di Maria Consolata nei suoi diversi rami. Io, Dio, che sono stato soddisfatto di suor Irene Stefani, oggi, 31 ottobre 1930, prendo la sua anima e la porto in Paradiso perché goda con me suo Dio, a cui ella ha offerto tutta la sua vita di quaggiù; (la porto in Paradiso) perché possa essere felice con tutte le anime benedette del Paradiso, perché possa essere felice insieme a tutti quelli che ha salvato col Battesimo amministrato in punto di morte. La porto in Paradiso perché possa essere felice con tutti quelli che ha consigliato, ed ancora con quelli che furono uccisi, come lei, dalla peste, come il defunto Giulio Ngari e con tutti gli altri “. (Testimonianze Africane, pag.42).
Concludo con una mia brevissima considerazione:
Il Padre Allamano dice: “Dio solo in tutto e sempre”.
E Suor Irene, la figlia: “Sì, Gesù solo! Tutto per Gesù, nulla per me!
L’Allamano incalza: “Prima santi, poi missionari”.
E Suor Irene, convinta: “Sì! L’unica gloria è nel farsi santi”.
Lui, il Padre: “Vivete di Gesù per tutta la vita. Tutto rivolgete a Gesù e tutto partirà da Lui. Egli sarà la vostra felicità in vita e il vostro premio in cielo”.
E lei, la figlia: “Se avessi mille vite, le darei tutte per te, Gesù.
Proteggi, o Padre, la tua Famiglia e mantieni in essa il tuo spirito.
Beata Irene e Sorelle tutte, pregate per noi.