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I diari di Suor Gemma Ida

La toccante storia del piccolo Msafiri e delle preghiere accolte da Dio. Una storia dal Tanzania.

Msafiri, significa viaggiatore ed è il nome di un caro bambino di 8 mesi e dal peso di 2,500 kg. che la mamma mi ha portato perché potessi guarirlo.  Al primo momento dico:

“Mamma, portalo all’ospedale, cosa posso fare io?”  

“L’ho già portato, mi risponde, ma il medico mi ha rimandato a casa perchè non sa cosa fare. Non c’è più nulla, nessuna medicina che lo possa guarire”.

Signore, prego nel mio cuore, Tu lo risusciteresti subito, io cosa posso fare?  In un baleno mi viene in mente un salmo e così pregai: “Se il Signore non costruisce la sua casa, invano si affaticano i costruttori, se il Signore non è a guardia della sua città, invano veglia il custode”. 

Perciò dissi alla mamma di ritornare ogni giorno all’ambulatorio che avrei provato con la medicina, ma che intanto: “Preghiamo il Signore e la Santissima Consolata, che sempre consolano coloro che a loro ricorrono con fiducia”.

Iniziai una cura con anabolizzanti, latte e con tutto ciò di cui potevo disporre, ma nonostante ogni sforzo, il piccolo Msafiri, non dava segni di miglioramento.  All’ottavo giorno la mamma mi disse che doveva ritornare a casa, abitava lontano e aveva altri figli che richiedevano il suo aiuto.  Allora io osai fare a quella donna questa proposta:

“Mamma, vedo che le medicine non servono per il tuo bambino, forse Gesù lo vuole in Paradiso , dille che glielo dai, diciamolo insieme…”.  Non l’avessi mai detto, perchè la mamma di Msafiri, con una voce forte di chi reclama i suoi diritti di madre disse: “Cosa devo dargli, anche questo,  quando su cinquem me ne ha già ripresi tre?”.

Signore, che tasto ho mai toccato, ed intanto, piangendo, continuavo il mio lavoro. Passarono alcuni minuti, quando con voce fioca la mamma ruppe il silenzio pregando così: “ Signore, se proprio vuoi mio figlio, prendilo. Ti chiedo solo di metterlo in un posto dove non debba più soffrire, ha già sofferto troppo in questa vita”.  

L’offerta è fatta, preparo le medicine da portare a casa, saluto la mamma e il piccolo, dicendo a questo che quando sarà nel bel Paradiso preghi per i suoi cari, per la sua patria e si ricordi anche di me.

Strano, il bambino era pagano come la mamma. Di solito battezzo questi bambini gravi, ma Msafiri non l’ho battezzato perchè pensavo che forse il Signore avrebbe accettato l’offerta della mamma, come accettò l’offerta di Abramo nel sacrificio del figlio Isacco e poi glielo avrebbe restituito? Non  so, so solo che non pensai più a Msafiri anche perchè avevo avuto il trasferimento in un’altra missione e poi c’erano tanti bambini come Msafiri a cui pensare….

Si dice che solo le montagne stanno al loro posto.   Passarono tre anni, fui rimandata di nuovo alla missione  di Makamhako, missione dove ebbi l’esperienza che sto raccontando. Un giorno venne in ambulatorio una donna con un bel bambino tra le braccia ed uno di circa quattro anni per mano che teneva fra le manine un sacchetto di plastica con delle uova, e che mi salutava tutta sorridente.

“Sorella, ti ricordi di me?”

“No” risposi.

Con meraviglia replica: “ Come, non ti ricordi di Msafiri, il bambino che un lontano giorno offrimmo a Dio Mgai, perchè sembrava che non ci fossero medicine che lo potessero guarire? Eccolo” Nello stesso momento il piccolo Msafiri, con un sorriso meraviglioso, mi si avvicina, mi consegna il sacchetto con le uova dicendomi:

“Grazie, Mama, che mi hai guarito!” 

Non so cosa provai in quel momento.  Abbracciai il piccolo e ringraziai il Signore che non lascia mai delusi chi a Lui ricorre con confidenza, fiducia e tanta fede.

“Grazie Signore, aumenta la mia FEDE”.

Suor Gemma Ida, mc

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