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Giuseppe Allamano, “Uomo di carità squisita"

Noi sappiamo che gli esseri umani puntano generalmente il loro interesse verso tre diverse realtà che considerano “valori” della vita: il possesso dei beni e la potenza; la conoscenza e la scienza; l’amore e la bontà. Il cristianesimo mira a questo terzo livello di valori.

Giuseppe Allamano, sacerdote torinese e rettore del celebre Santuario della Madonna Consolata, fin dalla sua giovinezza impara a indirizzare il suo vivere cristiano verso ciò che il vangelo indica come nucleo fondamentale: amare Dio e il prossimo con tutto il cuore. Glielo insegna la mamma Marianna (sorella di S. Giuseppe Cafasso) quando incarica il suo Giuseppe di portare cibo o vestiti alle persone più bisognose del borgo di Castelnuovo d’Asti in cui la famiglia Allamano vive. Studente in Seminario a Torino, lascia scritto nel suo Diario spirituale: “Farò continui atti di distacco e frequenti piccole elemosine”. Da giovane sacerdote, le “piccole elemosine” diventano “grandi elemosine” a favore di innumerevoli persone bisognose, come scriverà il suo primo biografo, P. Lorenzo Sales. Infatti le sue elargizioni assumono con il passare del tempo orizzonti sempre più vasti. Dovunque scorge una necessità, nel limite del possibile, interviene con aiuti concreti, anche cospicui.

Aiuto fraterno ai sacerdoti

Uno dei primi impegni del giovane sacerdote Allamano è nel Convitto Diocesano, attiguo al Santuario della Consolata, dove studiano i giovani sacerdoti prima di iniziare il ministero pastorale parrocchiale. Egli ne è il Rettore e come un buon padre di famiglia sente il bisogno di intervenire a integrare la quota che ogni convittore doveva pagare. Lo fa in maniera molto discreta e da essi esige poi il segreto: “non dire niente a nessuno!” Attesta un sacerdote convittore: “Nei miei due anni di Convitto ecclesiastico tutti i mesi l’Allamano pagò del suo peculio per me L. 10 di pensione e quello che fece per me, posso ben credere che l’abbia fatto con altri miei compagni che non si trovavano in finanze floride” (Mons. Emilio Vacha).

Allo stesso tempo il Rettore del Convitto non manca di formare i giovani sacerdoti a crescere nello spirito di carità. Dopo il terremoto di Messina del 1908, l’Allamano incoraggia i suoi sacerdoti a intervenire generosi nell’aiutare la gente colpita da quell’immane tragedia. Si congratula poi con loro per la generosità che hanno dimostrato in quella circostanza, stimolandoli ad essere sempre generosi e attenti a chi è nel bisogno.

Apertura verso i poveri della città

L’assorbente lavoro nel Santuario della Consolata e nel Convitto non impedisce all’Allamano di rispondere alle numerose richieste che gli giungono da ogni parte. È quello il tempo in cui Torino sperimenta una forte immigrazione di gente dalle campagne piemontesi in cerca di una vita migliore. La loro situazione di vita è molto precaria e i salari sono da fame. Il Canonico Allamano si lascia interpellare dalle richieste che giungono dai poveri che frequentano il Santuario. Attesta il Canonico Cappella, collaboratore dell’Allamano nel Santuario della Consolata: “Pagava la pigione a tante buone vecchierelle. A tanti poveri ammalati procurava lui stesso le medicine e qualunque cosa potesse tornare loro di sollievo; a qualcuno procurava anche un periodo di cura balneare, pagando del suo l’occorrente pensione. Particolare compassione dimostrava verso le famiglie decadute. So di una famiglia a cui passava più di mille lire al mese, per anni ed anni, affinché potesse avere il pane necessario, non solo, ma potesse pure mantenere un conveniente decoro. Altre volte mandava il suo domestico a portare aiuto ai poveri delle soffitte che erano suoi penitenti o erano stati a lui particolarmente raccomandati”.

Collaborazione ad attività e iniziative sociali

L’Allamano è pure molto attento alle iniziative sociali che sorgono all’interno della Chiesa torinese. Il giornalismo cattolico è da lui particolarmente privilegiato con aiuti concreti. Basta ricordare il sostegno dato alle pubblicazioni cattoliche torinesi, quali: “L’Italia Reale”, “Il Momento”, “La voce dell’Operaio”. Scrive Elio D’Aurora, autore di una piccola biografia dell’Allamano: “L’Allamano concorre pure alla fondazione del più famoso giornale cattolico europeo: “La Croix”. Pierre l’Ermite, che mi onora con la sua affettuosa amicizia, mi ha ricordato recentemente a Parigi un aneddoto in merito al Padre Bailly, fondatore del quotidiano cattolico francese. Quando mi parlava degli italiani, Bailly aveva parole di commozione per il Can. Allamano, Rettore della Consolata: Ai piedi dell’altare della Madonna mi è nata l’idea del titolo ‘La Croix’”.

Al “Laboratorio della Consolata” l’Allamano offre la sua attiva collaborazione sotto forma sia di consigli sia di aiuti finanziari. Questo laboratorio, nato per iniziativa delle sorelle Franchetti, aveva lo scopo di sostenere le innumerevoli sarte, venute a Torino, che lavoravano in situazioni socialmente poco agevoli e moralmente esposte a pericoli. Attesterà la signorina Teresa Franchetti: “Il laboratorio della Consolata vuole pure far conoscere l’imperitura sua riconoscenza al Venerato Canonico Allamano, che fu per più di 20 anni il consigliere illuminato del Laboratorio, il benefattore generoso, sia nell’ordine temporale, sia in quello spirituale”.

Le biografie dell’Allamano menzionano inoltre il contributo pecuniario da lui dato a favore di altre opere sociali che nascevano nella città di Torino come un Istituto per persone cieche, l’Oratorio S. Felice e altre opere a favore della gioventù.

La Provvidenza Divina in aiuto alle missioni

La carità dell’Allamano fa un salto di qualità con la nascita degli Istituti dei Missionari e delle Missionarie della Consolata. Per rispondere alle ingenti spese della fondazione dei due Istituti sia in Italia che in Africa, l’Allamano elargisce tutto quanto possiede, mentre allo stesso tempo in lui cresce una grande fiducia nella Provvidenza e nella Madonna Consolata. Ripeteva ai suoi missionari: “per le spese ingenti dell’Istituto e delle missioni non ho mai perduto il sonno e l’appetito. Lascio l’incarico alla Consolata, dicendole: Pensaci tu! Se fai bella figura, sei tu!”.

Dimostra questa fede nella Provvidenza quando si tratta di costruire la Casa Madre. G. Piovano narra un curioso episodio: “Durante la costruzione della Casa Madre, una volta si trovò in difficoltà a saldare una somma rilevante. L’impresario la richiedeva per il sabato seguente. Era mercoledì, e l’Allamano assicurò: Adesso non l’ho e non saprei nemmeno dove prenderla. Però, vi è ancora oggi, tutto domani e venerdì, e poi viene sabato. Sì, la Madonna per sabato li avrà trovati (i soldi) e così avvenne. Prima ancora del sabato, ebbe quanto era necessario per pagare gli operai” (P. Pasqualetti, Povero per arricchire gli altri, p. 23).

Lo stile caritativo del Fondatore passa come eredità ai suoi figli e figlie missionari, come attesta S. Giovanni Paolo II, scrivendo in occasione del Centenario dell’Istituto IMC: “Sin dagli inizi i vostri missionari hanno unito all’evangelizzazione uno sforzo concreto di promozione umana, privilegiando la cura per i più poveri e gli emarginati. È uno stile apostolico che potremmo chiamare “integrale”, perché in esso sono tenute presenti tutte le esigenze dell’essere umano” (Vaticano, 25 gennaio 2001).

di padre PIERO TRABUCCO, IMC

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Le Suore Missionarie della Consolata sono una Congregazione internazionale per la missione ad gentes, ossia per il primo annuncio del Vangelo.

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