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Amore e Missione

CANTICO DEI CANTICI 8,6

 Mettimi come sigillo sul tuo cuore, Come sigillo sul tuo braccio;

Perché forte come la morte è l’amore.

Premessa

Vorrei invitarvi a contemplare il quadretto che ci offre il Cantico dei Cantici 8,6 per scorgervi alcuni tratti caratteristici della nostra consacrazione per la Missione.

Il testo è un poema nuziale che canta la bellezza dell’amore donato e ricevuto, un amore che trova il suo compimento nel dono totale di sé fino alla morte. È un Cantico inclusivo di tutta la persona perché l’amore vero coinvolge tutto l’essere: corpo, sentimenti, intimità, anima e lo proietta verso l’infinito, nella ricerca dell’assoluto, del Dio solo.

Scopriamo il testo

Il versetto 6 del cap. 8 del Cantico dei Cantici si riferisce allo Shemà Israel, al comandamento più importante della legge di Israele. In Deuteronomio 6,6-8a leggiamo:

“Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore…te li legherai alla mano come un segno…”.

Ed anche in Proverbi (3,3): “Bontà e fedeltà non ti abbandonino; legale attorno al tuo collo, scrivile sulla tavola del tuo cuore….

La Sposa del Cantico dei Cantici chiede allo Sposo di metterla come sigillo sul suo cuore (il sigillo è un marchio indelebile che aderisce e non si cancella più). Chiede di farla partecipe della sua intimità, di confermarla nella fedeltà, di immergerla nella sua volontà, di renderla una cosa sola con Lui; implora di legarla al suo braccio perché possa tenerla sempre davanti agli occhi come sempre deve essere presente lo Shemà a Israele “… ti saranno come un pendaglio tra i tuoi occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte” (Dt. 6,8b).

La Sposa domanda allo Sposo di renderla partecipe del suo mistero, di identificarla con il suo progetto e di sostenerla nella sua fedeltà.

In nessuna parte il Cantico aveva ancora definito l’amore con termini tanto intensi e belli come lo fa in questo versetto (8,6) in cui descrive la sua forza incontenibile, il suo carattere ineluttabile, il suo valore senza pari.

Rileggendo questo testo alla luce della nostra realtà di Donne consacrate per la missione con “un dono di intima amicizia e di comunione feconda, nella partecipazione al suo amore per il Padre e per l’umanità” (ET 13-15) possiamo capire la portata, la profondità e la carica di amore che ci è richiesta e alla quale abbiamo aderito con il nostro si incondizionato nella consacrazione religiosa missionaria.

Guardando a Gesù percepiamo che il suo cuore ha un solo battito: il Padre e in Lui il suo Regno per questo ha scelto un amore che tutto sa perdere nella donazione di se stesso, poiché sceglie di  prendere su di sé le tenebre del mondo e di sommergerle nell’oceano infinito della sua Tenerezza, nel fuoco della sua Passione per salvare ciò che era perduto e donare la Vita vera facendola scaturire dalla stessa morte.

Questo è l’Amore a cui siamo chiamate, un amore la cui misura è non aver misura alcuna! Amore sulla misura di quello di Gesù, il Figlio, che non si lascia scoraggiare dall’indifferenza, né vincere dalla meschinità o dal tradimento.

Siamo chiamate a un amore che è collaudato nel sacrificio, nella sofferenza, nella dimenticanza di sé, un amore che supera la tentazione della facilità, dello scansare gli ostacoli, dell’evitare le scelte difficili e impegnative, anche dolorose.

È un amore che non cede alla tentazione di adagiarsi, un amore che sa di aver bisogno sempre di purificazione per de-centralizzarsi, evitando pretese ed esigenze o l’egoistica ricerca di sé, il “possedere” l’altro/a come proprio… È un amore che lascia da parte “calcoli prudenti”, un amore che è fuoco e dono di noi stesse.

È la croce che assicura la fecondità dell’amore, non dimentichiamolo! E allora nasce la gioia, quella vera.

Un amore che dà tutto e chiede tutto, come quello di Gesù che a Cana celebra quella Vita che sul Calvario è donata senza riserve, fino all’ultima goccia di sangue.  Fedele, fino alla fine. “Li amò sino alla fine” ci dice Giovanni (13,1). Gesù diminuisce, diventa debolezza senza limiti nel suo annientamento, ma nessun tradimento  gli impedisce d’amare. Si mette nelle nostre mani. Spinge la fedeltà dell’amore fino alla fine, fino alla follia della Croce, alla follia dell’amore che si consegna senza misure…. Potremo noi cercare altri mezzi per vivere la Missione?

Anche Maria, la Madre del dolore, ritta ai piedi della croce, non tenta di dissuadere Gesù affinché si allontani dal cammino del calvario e non fugge impaurita, Lei, la Discepola che guardava ogni cosa nel suo cuore (Lc.2,51) che rimane fedele ai piedi del Crocifisso e che assume la stessa Passione del Servo sofferente, ci insegni la fedeltà fino alla fine, rimanendo vicino al Suo Figlio e a coloro che anche oggi sono crocifissi; ci insegni a riconoscere il Suo volto nei tanti volti sfigurati, superando nell’amore lo scandalo della Croce e la tentazione di cercare altre strade, diverse da  quelle che Gesù  ha scelto.

Abbiamo il coraggio di fare quello che Lui ci dirà? (cfr.Gv.2,5) O siamo troppo “nell’ordinario”? Se amiamo chi ci ama, che cosa facciamo di straordinario? (Mt.5, 46). Siamo segni di un modo diverso di vivere e di essere o siamo diventate innocue e tiepide, e il nostro fuoco riscalda poco? La nostra presenza pone domande, inquieta, oppure…non dà fastidio a nessuno?  

Anche noi, come la Sposa del Cantico, con la consacrazione per la missione, abbiamo voluto immergerci nel cuore di Cristo, in quel cuore che ci è stato rivelato sulla croce: “Venuti poi da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua” (Gv. 19,33).

Anche noi abbiamo assunto di partecipare alla sua passione d’amore per l’umanità, un amore che è forte come la morte.

La fedeltà a questo impegno richiede una risposta di amore intenso, incondizionato, richiede in noi lo sviluppo di energie capaci di donazione totale, di amore fino al martirio, fino al dono di tutte noi stesse a Gesù e alla Missione.

La fedeltà è una dimensione propria del cuore femminile, che sa stare accanto allo Sposo fin sotto la Croce, come Maria che ai piedi del Cristo Crocifisso genera l’umanità nuova ed accoglie nel suo cuore di Donna e di Madre il pianto e le angosce delle donne e degli uomini di tutti i tempi.

L’amore sponsale, in questo testo, ha la dimensione del dono di sé, del sacrificio della propria vita come sigillo di un amore che coinvolge tutte le energie umane e spirituali dell’essere. Assomiglia al dono di Gesù sulla Croce che offre tutto se stesso per l’umanità che ha redenta con il suo proprio sangue.

L’amore è forte come la morte: cosa suscita in me quest’affermazione?

Essere poste come sigillo sul Cuore del Figlio Crocifisso Risorto significa essere donne appassionate, protese verso un unico amore; significa essere donne vigilanti, in attesa del giorno nuovo nella certezza che il mistero si compie; significa partecipare pienamente dell’itinerario pasquale di Gesù: “Nel giorno dopo il sabato, Maria di Magdala si recò al sepolcro, di buon mattino, quand’era ancora buio (…) Gesù le disse: Maria essa allora voltatasi verso di Lui disse in ebraico Rabbunì che significa Maestro!, Gesù le disse: “…va dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro (Gv. 20,17)”. Maria, come la sposa del Cantico, ha intuito l’essenza del mistero sponsale racchiuso nel suo nome pronunciato dal Risorto, mistero sponsale che la coinvolge nella missione stessa di Cristo: “…va dai miei fratelli e dì loro…”

La Missione diventa così per Maria l’impegno di prolungare nel suo essere sposa la vita di Gesù, annunciare il “…mistero nascosto dai secoli in Dio” (1Col. 1,26), e partecipare al suo progetto di salvezza.

Anche noi come la sposa del Cantico abbiamo sigillato un patto di amore con la nostra consacrazione a Dio per la Missione. La sponsalità a cui ci chiama la nostra consacrazione vissuta “con cuore indiviso”, ci radica nel nostro dono di vita perché “…ci rende libere, capaci di fare nostre le speranze e le tristezze dei fratelli e di spenderci generosamente perché essi trovino in Dio la pienezza di vita ” (GS,1; Doc. Aparecida). La Missione diventa così, anche per noi, espressione della nostra sponsalità, della nostra fecondità, della nostra fedeltà. La nostra vita diventa prolungamento di quella di Gesù fino al dono totale, fino all’ultimo sì che ci introdurrà alla gioia dell’incontro: “(…) Arrivò lo Sposo e le Vergini che erano pronte entrarono con Lui alle nozze…” (Mt. 25,10).

Spunti di riflessione

Quando ripenso a queste realtà quali energie sento palpitare in me? Cosa significa per me essere posta come sigillo sul cuore di Cristo Sposo?

Oggi si parla di tempo di martirio, di tempo in cui è richiesta una presa di posizione di fronte al dilagare di una mentalità di disimpegno e di temporaneità, cosa mi dicono le parole: sponsalità, fedeltà, sigillo, amore forte come la morte?

Rivisito il mio dono sponsale, cosa sento in me?

So trovare spazi di intimità, di adorazione, di preghiera?

Cosa palpita in me?

 

Sr. Renata Conti

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Le Suore Missionarie della Consolata sono una Congregazione internazionale per la missione ad gentes, ossia per il primo annuncio del Vangelo.

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Verso la canonizzazione, 20 ottobre 2024

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