Ecco un’altra pagina del Diario di Suor Gemma Ida, missionaria della Consolata in Tanzania, che in questo mese missionario apre il cuore e gli orizzonti all’altro lontano.
Passo due mezze giornate la settimana con le mamme che assistono i loro bambini all’ospedale governativo, nel reparto dei denutriti, portando loro del lavoro di cucito. Lavoro che, oltre ad insegnare loro a cucire, retribuisco con soldi, così queste mamme hanno la possibilità di comperare qualche frutto ai loro piccoli.
Un venerdì la caposala del reparto prematuri mi dice:
“Sister, abbiamo 3 forestieri (wageni) con la loro mamma, vengono da Ismani, 30 km lontano, è della tribù dei Wagogo, è povera, vieni a vederla, anche perché ha bisogno di aiuto”.
Non me lo faccio dire due volte, di fatti in un’unica cullina giacevano queste piccole creaturine così come il Buon Dio le aveva create, coperte dalla zanzariera sotto il tepore della lampada accesa per riscaldarle.
Tutte e tre pesavano kg.3,200.
Avevano veramente bisogno ed allora procuro loro camicini, pannolini, questi tratti dalle lenzuola non più usabili come tali, alla mamma un vestito, tutto ripagato con un “grazie” sommesso, per non rovinare il sentimento di riconoscenza sincera dicendo quel grazie con voce forte.
Gemma è il nome della mamma, non battezzata, ma che frequentava la religione luterana, veniva da 30 km. Lontano, aveva partorito nella sua capanna, se così si poteva chiamare, perché questa era condivisa con alcune caprette, non sue, come non era sua la capanna. Il giorno seguente, con l’aiuto di alcuni vicini, venne portata dove fu accolta con amore dal personale e seguita con cura.
Passarono 4 mesi nel reparto prematuri, perché i piccoli pur avendo una ripresa costante era molto lenta e la mamma li allattava tutti e alternando al suo latte quello di mucca, perciò non conosceva né giorno né notte, ma con un amore ed una costanza alla fatica che solo una mamma può capire ed offrire.
Dopo questo periodo Mama Mwatatu (mamma di tre figli gemelli) viene ricoverata nel reparto denutriti dove si fermò altri due mesi, finchè un giorno sentì tanta nostalgia per gli altri due figli, perché una terza l’aveva raggiunta all’ospedale perché l’aiutasse.
La vidi partire, Mama Mwatatu, senza speranza di ritorno, pensavo che in poco tempo due tombe si sarebbero aperte per ricevere i due più gracilini NEHEMA (che significa grazia) e PATRIK mentre PIETRO era più robusto, ma solo dopo 3 settimane me la rividi in reparto di nuovo non solo coi 3 ultimi nati, ma anche con altri 3 che aveva a casa di 13 – 11 e 6 anni, mentre il quarto di 7 anni lo lasciò ancora dagli amici. Era di nuovo ritornata perché i piccoli avevano fame ed ella non aveva nulla da darle.
Il marito? Appariva di tanto in tanto, perché aveva un’altra moglie lontana e si fermò ancora all’ospedale altri 4 mesi. Durante questo periodo morì PATRIK col Battesimo, poi fu dimessa con un punto interrogativo. Dove andare? A chi le chiedeva questo essa rispondeva che sarebbe andata a Dodoma, dai suoi parenti fra la gente della sua Tribù.
La comunità di casa Allamano, casa delle anziane, ebbe una grande idea dettata dall’amore cristiano e dalla condivisione dei beni coi poveri e invitò a pranzo la bella famigliola che con gioia accettò e con cuore riconoscente la mamma disse: “Grazie Mungu, (Dio vi ricompensi) perché io ho nulla da darvi”.
Addio, mama Mwatatu, addio piccoli amici, che il Signore e la Santissima Consolata vi assistano.
+ Suor Gemma Ida, mc