Parola di Dio Gv.12,1-9
12,1 Allora Gesù, sei giorni prima della Pasqua, venne a Betania, dove stava Lazzaro, [il morto] che Gesù aveva risuscitato dai morti. 2 Là gli fecero dunque un banchetto e Marta serviva e Lazzaro era uno di quelli che giacevano (a mensa) con lui. 3 Allora Maria, presa una libbra di unguento di nardo genuino, molto pregevole, unse i piedi di Gesù e asciugò con i propri capelli i suoi piedi. Ora la casa si riempì del profumo dell’unguento. 4 Ora dice Giuda l’Iscariota, uno dei suoi discepoli, quello che stava per consegnarlo: 5 Perché questo unguento non si è venduto per trecento denari e si è dato ai poveri? 6 Ora disse questo non perché gli importava dei poveri, ma perché era ladro e, avendo la borsa, portava (via) le cose messe (dentro). 7 Allora Gesù disse: Lasciala, che lo custodisca per il giorno della mia sepoltura. 8 I poveri infatti (li) avete sempre con voi, me invece non avete sempre. 9 Allora seppe molta folla dei giudei che era lì e vennero non solo per Gesù ma anche per vedere Lazzaro che destò dai morti.
Contesto
Questo racconto chiude la prima parte del Vangelo di Giovanni e apre la seconda. Siamo a sei giorni dalla terza Pasqua, l’ultima delle sei feste menzionate da Giovanni. La Pasqua “dei giudei”, in cui il popolo sacrifica l’Agnello a Dio, diventerà la Pasqua del Signore, con il sacrificio dell’agnello di Dio (19,28-30), che muore per la salvezza di tutti (11,51s). Con l’unzione di Betania comincia il racconto degli ultimi sei giorni di Gesù (1,19-2,12). I primi sei terminano con le nozze di Cana e l’annuncio dell’“ora”; negli ultimi sei si avvicina l’“ora” di Gesù, il tempo in cui ha culmine tutto il suo mistero. Questo tempo ha inizio con la cena di Betania. Il settimo giorno, sarà il riposo della tomba, il silenzio dell’angoscia e della fede, della dura prova dei Discepoli, che però cederà il posto all’ottavo giorno, il tempo senza tramonto, che inizierà, a sua volta, con la scena nuziale di Maria, che finalmente abbraccia Colui che ha cercato (20,1-18): Il Risorto.
Lettura meditata del testo
Venne a Betania. Betania, il cui significato letterale: “casa del mancante”, significa “casa del povero”. Gesù entra nella casa di due donne… La donna, che nella mentalità del tempo non era tenuta in considerazione, era situata nell’ultimo gradino sociale, prima unicamente dei bambini; non aveva diritto di sedere a tavola e di condividere la mensa con gli uomini, non aveva la possibilità di entrare nelle sinagoghe per la preghiera… Non poteva neppure seguire un maestro… Eppure Gesù sceglie di entrare in questa casa dove l’amicizia di Lazzaro e delle due sorelle lo accolgono…, gli offrono il calore e il sostegno per i prossimi tempi difficili che dovrà affrontare… Il Signore viene nella nostra casa, nella nostra Betania, nella Betania della nostra realtà umana, della nostra pochezza, del nostro essere donna…; una casa forse mancante… con tanti limiti…stanca… Una realtà anche nostra, forse, di donne affaccendate e indaffarate, come Marta, che faticano a trovare spazio per l’intimità…per stare con Lui…e si aggirano in cerca di tante altre cose….
Fecero dunque un banchetto. Non si dice chi fa il banchetto. Si accenna a Marta, che serve, e a Lazzaro, che giace “con” Gesù a mensa, mettendo in risalto Maria e il suo amore… Un amore unicamente centrato sulla persona di Gesù e la sua Parola…
Il termine “banchetto” si trova in questo passaggio in parallelo a quello dell’Ultima Cena (13,2.4; 21,20). Qui domina il gesto d’amore di Maria, là quello del Signore che ci amerà fino al compimento e lascerà ai Discepoli il testamento dell’amore: là il Maestro lava i nostri piedi, qui la donna profuma i suoi piedi.
Questo banchetto è un’azione di grazie per il dono della vita, anticipo della festa che la comunità celebrerà dopo Pasqua. Sono i vivi che “mangiano” e fanno festa.
In questo banchetto è descritta la vita nuova della comunità rappresentata dal servizio di Marta e dall’amore di Maria. Servizio e amore saranno il tema della seconda parte del vangelo, la rivelazione della Gloria (Cap. 13-21), di cui la prima parte è segno (Cap. 1-12).
Maria, presa una libbra di unguento. L’unguento di Nardo è un olio profumato. Una libbra corrisponde ad un terzo di Kg. Richiama le 100 libbre di mirra e aloe con cui Nicodemo ungerà il corpo morto del Signore (19,39). Se quella di Nicodemo è un’onoranza funebre, questa di Maria è un’esplosione di vita.
“Profumo” in ebraico nmeehes, richiama meehes (shem), il Nome. Nell’ AT non si pronunciava il nome Santo di Dio perché nel nome vi è la natura di Dio stesso. Paolo dirà: “…nel Nome di Gesù ogni ginocchio si piegherà nei cieli e sulla terra e sotto terra…” (Fil. 2,10). Nel Cantico dei Cantici lo Sposo è chiamato “profumo effuso” (Ct 1,3). Il nome, l’essenza di Dio, è profumo. Infatti è amore, che di sua natura si espande e impregna tutto della sua presenza.
Di nardo. È un profumo molto prezioso. Viene dall’India. La qualità migliore cresce sulle pendici dei monti a 5.000 metri: viene da lontano. È estratto dalle radici del fiore di nardo. Il fiore muore per dare un profumo particolarmente gradito agli uomini.
Genuino, autentico e fedele. La parola non si usa per oggetti, ma per indicare l’amore autentico e fedele di Dio. L’amore per se stesso è fedele.
Molto pregevole. Giovanni non sottolinea tanto il costo, quanto il pregio del profumo. Giuda ne valuterà il costo in 300 denari, e anche più (Mc 14,5). È il salario medio di un anno di lavoro.
Questa scena richiama quella di Luca 7,36ss, che avviene nella casa di “Simone il fariseo”, ed è parallela a quella di Marco e Matteo, che avviene nella casa di “Simone il lebbroso” (Mc 14,3; Mt 26,6).
Maria compie un atto folle: l’unica misura dell’amore è il non aver misura. È una risposta all’amore dello Sposo, che sale a Gerusalemme per dare la sua vita: “Mentre il re è nel suo recinto, il mio nardo spande il suo profumo” (Ct 1,12). L’amore è sempre sollecito nell’anticipare un mistero che supera la stessa intuizione di Maria. Esprime il dono senza misura di una donna che vuole donare tutta se stessa. Maria non calcola, non misura, non è centrata su se stessa, né sui presenti; tutto il suo essere è proteso verso Gesù suo unico bene. Il suo cuore è consacrato a Lui e si manifesta nel dono totale. Marco dirà che infranse il vasetto che conteneva il profumo, significando così il dono totale, il dare tutto, senza calcolo e senza misura…
Unse i piedi di Gesù Lavare i piedi è un gesto sponsale, di profonda intimità, una manifestazione di affetto intenso tra sposo e sposa (servizio di amore tipico della moglie). Gesù, lavando i piedi, manifesta la sua vita posta a servizio dell’amore: Lui li avrebbe lavati con l’acqua, segno della sua morte, qui Maria usa il profumo della gioia e della vita: l’amore è amato e vive. Maria è la prima che fa per Gesù ciò che Gesù ha fatto per noi, nel suo amore consacra Gesù Messia e Signore e accoglie lo Sposo, che può finalmente dimorare tra noi. Ora il suo profumo riempie la nostra casa.
Asciugò con i propri capelli i suoi piedi. Sciogliere i capelli è seduzione e intimità. Maria non asciuga i piedi dalle lacrime sparse (Lc 7,38), ma dall’unguento sovrabbondante che ne fluisce. Lo stesso unguento profuma i piedi dello Sposo e il capo della sposa, “Un re è stato preso dalle tue trecce” (Ct 7,6): Maria unge i piedi di Colui che presto laverà i piedi dei suoi discepoli; profuma i piedi del Messia, che il giorno dopo entrerà a Gerusalemme per vivere la sua Passione.
Questo racconto è uno dei più sorprendenti e delicati del vangelo, segna il principio della nuova creazione, è la luce che illumina ciò che il Signore è venuto a compiere a Gerusalemme. Maria è la prima donna che fa qualcosa per Gesù, il quale se ne compiace: dicendo che ha fatto “un’opera bella”(Mc 14,6; Mt 26,10). Questo gesto Gesù lo collega con la sua passione e morte…; è il gesto appassionato di una discepola che accompagnerà il suo Signore e Dio fino al dono totale… E’ la condivisione che si fa amore fino alla morte… È l’opera bella per eccellenza, che riporta la creazione alla bellezza originaria da cui è scaturita: finalmente una creatura risponde all’amore del suo Creatore!
Il gesto di Maria, disapprovato da Giuda, unico discepolo nominato nella scena, è pienamente approvato da Gesù. Solo lui capisce la portata e il significato di quel gesto. Maria con il suo dono unge Gesù e lo genera al cammino di Pasqua.
Si tratta di un atto d’amore gratuito, offerto fino allo spreco, che riconosce in lui il Messia, il Figlio di Dio, che viene a dare la vita per i fratelli. Si tratta di un preannuncio implicito della sua risurrezione: Maria infatti unge il Vivente, non un corpo morto, come invece farà Nicodemo (19,39s).
Ora la casa. La festa per il dono della vita non si celebra nel tempio, ma nella casa, luogo delle relazioni fraterne che fanno parte del nostro vivere quotidiano. Lì stanno gli amici; lì Gesù è amato e lì c’è il profumo, perché Dio è amore. La casa, la comunità diventa il luogo sacro della crescita nella relazione con Gesù attraverso le persone che ci sono donate… Betania non ha più l’odore acre di Simone il fariseo che giudica (Lc 7,39s), né il fetore di Simone il lebbroso che tiene tutti a distanza (Mc 14,3), ma è piena di profumo e di gioia perché è stata recuperata la fraternità, l’amicizia, il rapporto: le relazioni hanno assunto la dimensione dell’amore e del dono reciproco, Lazzaro, il fratello, è tornato alla vita…. Nella casa, dove prima regnavano lutto e morte, risuonano le grida di gioia e si diffonde la fragranza del profumo (Ger 25,10 LXX). Possiamo chiederci con verità se le nostre relazioni generano vita… .
Si riempì del profumo. “Riempire”, in greco, ha lo stesso significato di “compiere”. Questa casa è il luogo del “compimento”, del profumo, del ‘Nome’, dove regnano il servizio e l’amore. L’amore è amato, il profumo riempie la casa e trabocca sul mondo intero (Mc 14,9). “Siano rese grazie a Dio, il quale ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo e diffonde per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza nel mondo intero. Noi siamo, infatti, davanti a Dio, il profumo di Cristo” (2Cor 2,14s). Questo profumo, generatore di vita per chi ama il Signore, diventerà odore di morte per chi lo rifiuta (2Cor 2,16).
Dice Giuda l’Iscariota, L’obiezione, che Giovanni pone in bocca a Giuda, da Matteo è attribuita ai discepoli (Mt 26,8) e da Marco agli astanti (Mc 14,4). Giuda per Giovanni è il prototipo dell’incomprensione dei discepoli, di colui che poi lo tradirà… . L’insidia al dono è il tradimento… ripensiamo al nostro dono… forse anche noi siamo stati tentati di tradire…
Quello che stava per consegnarlo. “Consegnare” è la parola usata per indicare il gesto di Giuda che tradisce Gesù (6,64.71; 12,4; 13,2.11.21; 18,2.5.36; 21,20). Indica pure la consegna di Gesù a Pilato (18,30.35; 19,11), che, a sua volta, lo consegna alla croce (19,16), dall’alto della quale il Signore ci consegnerà il suo Spirito (19,30). Alle nostre consegne di morte, Egli risponde con la consegna della sua vita, del Dono sublime del Padre, lo spirito Santo…. Siamo sollecitate a ripensare alla “consegna” di noi stessi attraverso il dono di noi stessi nella consacrazione o nella mutua fedeltà coniugale, che ci colloca, come Gesù, dono di amore senza misura…
Perché questo unguento non si è venduto per trecento denari: Più di duecento denari servivano per sfamare la folla e trenta pezzi d’argento sarà il prezzo di Gesù (Mt 26,15). Il profumo di Betania vale molto di più, perché è fedele e di grande pregio, come l’amore. Giuda lo monetizza, parla di “vendere”, per “dare” ai poveri. Quante volte anche noi monetizziamo il nostro dono…., calcoliamo il nostro donarci…, misuriamo il nostro amore….
Ci sono due modi opposti di pensare e agire, due diverse economie: da una parte il calcolo e la vendita per ricavarne un guadagno, dall’altra l’amore e la sovrabbondanza fino allo spreco (Mc 14,4; Mt 26,8).
L’economia del dono, nuovo stile di vita per i cristiani è un cammino di fedeltà a un amore più grande che non calcola…(Cap. 2005, p.52). Una è l’economia delle grandi potenze unicamente centrate sul calcolo e il guadagno; l’altra quella di Dio, che dà la vita. Il problema non è “dare” ai poveri qualcosa, ma “donarsi” per amore. In Lc 10,40 Marta, tutta indaffarata, contrappone il suo servizio all’atteggiamento di Maria, che seduta gioisce alla presenza di Gesù e si immerge nella sua Parola. Giuda contrappone l’aiuto ai poveri all’amore per il Signore. Qualunque servizio, se non nasce dall’amore è vuoto e porta alla morte e alla sterilità.
Lasciala, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. Gesù approva il gesto della donna e la difende, lo legge come una intuizione d’amore del suo destino. Con l’unzione del corpo per la sepoltura, mentre è vivo, onora il vivente. Quanto la donna compie è annuncio di risurrezione, risposta d’amore a un amore che sa dare la vita. Maria in questo gesto, nasce come sposa.
Il profumo da “custodire” (= osservare) sempre, fin dentro la tomba e oltre: è la fedeltà al comando dell’amore, che fa vivere Dio in noi e noi in lui.
I poveri infatti (li) avete sempre con voi. Come abbiamo sempre con noi il Signore (Mt 28,20) che da ricco si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà (2Cor 8,9), così abbiamo sempre con noi i poveri. La loro povertà è la nostra ricchezza. La nostra ricchezza ingiusta infatti ci viene da ciò che abbiamo tolto a loro; la nostra ricchezza vera ci viene da ciò che condividiamo con la loro povertà (Mt 25-40).
Me invece non avete sempre (12,35). Gesù tra sei giorni tornerà al Padre, ma sarà sempre con noi, nel dono del suo Spirito che ci fa amare l’altro, cominciando dall’ultimo. L’amore che Maria dimostra per il Figlio, lo Sposo, sarà lo stesso che avremo verso i suoi fratelli. La storia di Cristo continua nei poveri e nei crocifissi della storia di tutti i tempi. In loro ci viene incontro per salvarci perché con essi il Signore si è identificato (Mt 25,31-45).
Seppe molta folla dei giudei che era lì. Questa casa, dove si celebra la vita nel servizio e nell’amore, che esercita una forte attrattiva sulle folle è immagine della Chiesa, che ha custodito e osservato il profumo di Dio, l’amore reciproco.
- Pregare il testo
- Entro in preghiera
- Mi raccolgo immaginando il banchetto nella casa di Betania.
- Chiedo l’amore di Maria per il Signore Gesù.
- Contemplo la scena, guardando, considerando, “odorando” il profumo.
- Rivivo l’esperienza della mia consacrazione, del mio dono…
- Sento il profumo riempire la “mia”casa, la mia vita…rivedo i momenti di dono…o forse le infedeltà…
- Rivedo la mia “casa” la mia comunità…la fraternità recuperata a vita…
- Nella nostra casa-comunità si celebra la vita nel servizio e nell’amore? E’ attrattiva per i giovani?
- Altri testi utili
Sal 45; 133; Cantico dei cantici; Mc 14,3-9; Lc 7,36-50.
sr. Renata Conti MC