Tirando il carro della Chiesa. La missione delle sorelle anziane

Suor Dorota, missionaria della Consolata polacca, infermiera professionale. Dopo aver speso 15 anni tra i dispensari nel nord del Kenya, in Somalia e a Gibuti, dal 2013 al 2023 è stata superiora a Venaria, nella casa che accoglie le nostre sorelle anziane e ammalate rientrate in patria dopo decenni spesi in varie latitudini. Da giugno si trova nella missione in Zhanashar – Kazakistan.

Ricordo sempre una frase che ha detto una volta papa Francesco: «Seguendo Gesù, impariamo a tendere la mano a ogni fratello e sorella», indipendentemente dal posto dove ci troviamo e dal lavoro che svolgiamo. Ho vissuto 10 anni nella comunità di Venaria, in provincia di Torino, una casa per noi “storica”, che da decenni accoglie le sorelle anziane, ammalate e fragili che rientrano dalle missioni dopo lunghi, spesso lunghissimi anni, proprio per trovare l’assistenza e le cure di cui hanno bisogno. Sono stata e mi sono sentita Missionaria della Consolata anche qui, perché continuo a imparare a seguire Gesù tendendo la mano alle mie consorelle di questa grande comunità, ed è stato cosi per dieci anni!

Certamente, l’ambiente è molto diverso da quello che ho trovato in Africa, in modo particolare la “mia” Africa, quella che conosco: il deserto del nord Kenya, la Somalia, Gibuti. Il nostro complesso richiama vagamente l’immagine di una clinica, ma qui a Venaria si respira “aria di casa”. Il ritmo quotidiano è ben scandito e programmato, forse un po’ formale… ma ci sentiamo vere sorelle e circola tra noi lo spirito di famiglia, quella della Consolata. La missione è vivissima nel cuore di ognuna, e basta lasciare spazio ai ricordi che siamo immediatamente catapultate in altre dimensioni di tempo e spazio!

Tutte le notizie che giungono in vario modo da ogni parte del mondo e anche le persone che ci vengono a trovare, non fanno altro che rinnovare in noi questo slancio missionario, permettendoci di spaziare da un luogo all’altro, con l’immaginazione e la preghiera. Portiamo ogni richiesta, ogni gioia, ogni motivo di preoccupazione, tutto, davanti a Gesù Eucaristia: “Dove noi non possiamo andare e arrivare, vai Tu!”, che è la stessa preghiera che tante volte abbiamo fatto quando per motivi vari non potevamo raggiungere le persone che vivevano nei villaggi più lontani.

“Per questo non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno” scriveva san Paolo (2Cor 4,16); e noi ne facciamo esperienza quotidiana! Sostenere la donna interiore è un’opera altrettanto missionaria, non visibile, non quantificabile, intessuta di offerta, umiltà, consegna spesso più radicali che in gioventù. Si tratta della tappa che abbiamo cominciato a chiamare ritorno missionario, reale culmine e necessario completamento della vocazione missionaria, che si realizza quando ci si ritira dal “fronte” per tornare a Casa con lo zaino carico di volti, di frutti, della ricchezza dei popoli.

Personalmente sento il sostegno della preghiera e di Dio in essa, e accresciuto il mio senso di appartenenza a Lui in questa famiglia, accolta così come sono, come siamo. Anche la mia vita, come quella delle sorelle, vuole consegnarsi senza se e senza ma, cercando di portare a compimento il disegno di bene originario. È proprio da questa apertura e fiducia in Colui che mi ha chiamata ad essere missionaria della Consolata che dipende l’esperienza concreta che vivo qui ed ora! Anche nei momenti di fragilità, di malattia, di dolore, di tante incertezze e di paura della morte, ho sentito la presenza della Madre Consolata.

Papa san Giovanni Paolo I ebbe a dire: «I missionari sono quelli che tirano il carro della Chiesa. Quelli che chiedono i posti della fatica e del rischio…». Qui a Venaria non tutte vengono volentieri, sia per il servizio alle sorelle, sia per entrare a fare parte della comunità per l’ultimo tratto di strada. Anche a Venaria tiriamo il carro della Chiesaspesso con tanta fatica, a più livelli; a volte qualcuna non riesce più ad andare avanti con le proprie forze e allora bisogna rimboccarsi le maniche e aiutarci a portare i pesi le une alle altre, sollevando la fatica quando si può… A volte scappa una parola di troppo, un gesto di impazienza, ma poi aggiusta tutto la carità, “perché c’è… ed anche fiorita!” come voleva il nostro Beato Allamano. Continuiamo a vivere anche l’avventura del rischio, ma su una ‘piattaforma’ un po’ diversa, quella del quotidiano, cercando di non cadere e rompere qualche osso!

Per esperienza sono certa che la preghiera opera miracoli quotidiani! Quanto spirito di preghiera in questa casa, quanti rosari sgranati a fil di voce, anche di notte, per i lontani o vegliando accanto a chi non poteva pregare più.  Provo tanta gratitudine verso tutte le sorelle che mi hanno sostenuto quotidianamente in questi anni di presenza a Venaria. Dio benedica i nostri RITORNI, colmi le lacune, riempia i vuoti, compia i nostri desideri di bene, anche se siamo solo un tassello ma necessario ed irrepetibile nel grande mosaico della missione della Chiesa nel mondo! Egli ci benedica!

Suor Dorota, mc

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