La Chiesa siamo tutti: dal bambino recentemente battezzato fino ai Vescovi, al Papa; tutti siamo Chiesa e tutti siamo uguali agli occhi di Dio! Tutti siamo chiamati a collaborare alla nascita alla fede di nuovi cristiani, tutti siamo chiamati ad essere educatori nella fede, ad annunciare il Vangelo
Papa Francesco, Udienza Generale, 11 settembre 2013
É purtroppo ancora largamente diffusa l’idea che la missione sia qualcosa per “addetti ai lavori”, per “specialisti”, dunque appannaggio di un gruppo limitato di persone: ma in principio non era così. “In virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario (cfr Mt 28,19). Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione e sarebbe inadeguato pensare ad uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati in cui il resto del popolo fedele fosse solamente recettivo delle loro azioni” (EG 120). Non è certo, questa, una novità introdotta dai recenti sviluppi della riflessione su fede e chiesa, eppure… facciamo tutti fatica a correggere il nostro schema mentale in fatto di missione e missionari. Vogliamo con questa rubrica lasciare spazio e parola a donne e uomini che, a partire dal loro impegno nella società, nella famiglia, nella professione, nella propria chiesa locale, hanno scoperto e fatto propria la vocazione missionaria della chiesa universale, nella famiglia della Consolata e allo stile allamaniano. Non senza chiamare in causa e trasformare criteri, scelte, atteggiamenti, sensibilità. Concretamente e spesso radicalmente.
Andiamo in Brasile, dove il primo gruppo di Laici Missionari della Consolata è nato a San Paolo nel lontano 1998 . Da allora, altri sono sorti, sparsi sull’esteso territorio nazionale, per partecipare dell’unica missione di Cristo, che ci vede tutti coinvolti. Ascoltiamo la testimonianza di Orestes Asprino.
Vicende personali mi hanno spinto, in un preciso momento della mia storia, a cercare un significato più profondo alla mia esistenza, una ragione ulteriore per vivere e per scappare alla tristezza e alla depressione: la realtà in sé stessa non offriva più una risposta né la possibilità di continuare a sentirmi utile a qualcuno e a qualcosa. La natura ci ha dotato di reazioni immediate e capacità di adattamento per superare bisogni e inquietudini (l’angoscia, la fame, il dolore), basate semplicemente sull’istinto di sopravvivenza. Ma la vita umana sembra chiedere qualcosa in più della soddisfazione di desideri immediati, dell’eliminazione di ciò che causa dolore e della mera felicità. Aspira a una motivazione più alta, più durevole, più… soprannaturale (davvero al di sopra della natura). Riconosco che la ricerca, il riconoscimento e la costruzione della Vocazione, quella con la V maiuscola, si collochino proprio a questo livello. Un mistero abbozzato, seminato in profondità nel cuore umano…
Da qui è sgorgato l’invito ad andare oltre: oltre me stesso, la famiglia, gli amici, il quartiere, la città, il mio paese, per abbracciare l’umanità. È uno stimolo incessante e richiede una risposta altrettanto costante, che non può essere misurata nè contabilizzata in nessun modo. Non è possibile nemmeno compiacersene, eppure senza questa risposta personale e unica, ripetuta ogni giorno, l’esistenza perde di spessore e autenticità. Non so se trovammo o scegliemmo il gruppo dei Laici Missionari della Consolata (o se fummo scelti da esso). Il percorso non è stato senza difficoltà, ma ha offerto una certa promessa di pienezza, che non è mai raggiungibile completamente e che per questo ti tiene sul tira e molla una vita intera.
La proposta dei LMC non passa solo per l’azione ma prevede anche l’attenzione alla ricaduta spirituale di tutto ciò che si fa. E non si limita solo a un insieme di attività da svolgere insieme, ma si preoccupa di orientarle all’annuncio esplicito del Vangelo. Ci troviamo in un tempo nel quale l’ideale missionario non è più significativo per la società, per la famiglia e a volte neanche per gli ambienti ecclesiali. Inoltre siamo anziani e nessuno ha più bisogno del nostro agire. E allora? Su cosa concentrare il nostro impegno e le nostre energie? Quali i nostri obiettivi “missionari”? Dove renderci presenti per continuare a dare un respiro missioanrio alla nostra vita e alla nostra fede? Non è importante: preghiera, attività casalinghe, visite alle famiglie, volontariato, lavoro, appartenenza eccelsiale… tutto assume una portata ben maggiore di quella prevista dalle mie mani, dalla mia testa, dal mio cuore.
Abbiamo dedicato più di 30 anni all’insegnamento, sostenendo la nostra famiglia; così abbiamo accettato la sfida di andare in Africa tre volte per accompagnare la formazione pedagogica e metodologica di gruppi di professori; siamo diventati catechisti nella comunità di pescatori di Icapara (San Paolo); abbiamo offerto corsi biblici nella Fazenda Esperança, per i giovani che lì cercano di riabilitarsi e riconquistarsi un futuro. Così anche ci siamo impegnati e preparati per offrire corsi vari e ritiri, e per collaborare alla pubblicazione periodica del bollettino informativo del nostro gruppo LMC.
A volte lo abbiamo pure fatto controvoglia, dato che la prudenza umana suggerisce di porsi dei limiti e di applicarsi di meno, sempre di meno… Posso dire che qualche volta non ci siamo dedicati abbastanza, per pigrizia o codardia. Eppure siamo e restiamo qui, al nostro posto, nel tentativo di restare fedeli ai valori dell’inizio: fare il bene, ben fatto, senza rumore, seguendo Gesù come suoi discepoli-missionari.
Oggi sono volontario della Biblioteca Comunale di Bofete (SP) e occupo buona parte del mio tempo nell’organizzazione, catalogazione, digitalizzazione e prestito dei libri per i lettori locali. E mi piace!
Che Maria Consolata ci aiuti a essere fedeli e a mantenerci sempre in cammino. Anche se i passi ormai sono brevi e instabili, o sono soltanto i passi di un cuore appassionato.