UN PROFETA E LA SUA ASINA

Foto da Wikipedia – Rembrandt L asina del profeta Balaam museo Cognacq Jay

Il testo biblico non sembra essere troppo attento al mondo animale. Certo, la cultura da cui la Bibbia nasce conosceva bene gli animali, ma perché li usava: è un mondo che viene dalla pastorizia, e si vede.

A volte, però, gli animali sembrano quasi venire, sorprendentemente, in primo piano. È il caso del profeta Balaam, che si trova a litigare con un’asina apparentemente più ubbidiente di lui alla parola del Signore. E la troviamo in un episodio dall’interpretazione complessa e non univoca.

Il racconto iniziale (Nm 22-24)

Lo spunto di partenza è offerto da un ampio e complesso episodio che vede spettatori coinvolti gli ebrei che sono usciti dall’Egitto quaranta anni prima e si stanno finalmente dirigendo verso la terra promessa. Per giungervi, a volte cercano di aggirare i territori già abitati, in altri casi chiedono il permesso di attraversarli, incontrando però per lo più ostilità ed eserciti schierati.

Quando si affacciano sul territorio di Moab, il re della regione, ormai informato sugli insuccessi di chi cercava di fermarli, decide di ricorrere a uno strumento a suo parere molto più efficace. Conosce infatti un mago, o qualcosa del genere, le cui maledizioni paiono funzionare. Invia una delegazione autorevole per convincerlo a venire a maledire Israele, ma questa viene fatta attendere una notte e poi rimandata a mani vuote: pare infatti che il Signore abbia risposto a Balaam (questo il nome del mago) che l’intenzione divina era invece di proteggere e custodire gli ebrei.

Una seconda delegazione, però, più autorevole, ricca e generosa, convince Balaam a partire, in sella alla sua asina. Questa, che in passato si era sempre mostrata docile e ubbidiente, dapprima passa per i campi anziché restare sulla strada, poi si appiattisce contro un muretto, schiacciandoci contro anche il piede di Balaam; infine, in un punto particolarmente stretto della mulattiera, si blocca e non procede. Ogni volta il suo padrone si lamenta di lei e la bastona, ma alla fine, sorprendentemente, l’asina inizia a parlargli, deplorando il trattamento. Balaam, senza fare una piega (era abituato a conversare con l’asina?), prosegue direttamente con lei le lamentele. E lei si permette di provare a farlo ragionare, facendogli notare che di solito non si comporta così, il che implica che dovrebbe essere lui a farsi qualche domanda: parrebbe che l’asina si mostri più acuta e intelligente dell’«uomo dallo sguardo penetrante» (Nm 24,3) che è Balaam. È solo a quel punto che anche il mago riesce a vedere ciò che era già chiaro da tempo all’asina, ossia la presenza sulla strada di un severo e armato angelo di Dio, che però alla fine li lascia passare.

Una volta a destinazione, tuttavia, per ben tre volte Balaam, dopo aver costruito in ogni occasione sette altari, guardando Israele non riesce a maledirlo, ma anzi, dando voce all’intenzione divina, lo benedice e gli predice successo e vita, nello sconforto del re, che lo sta pagando.

Interpretazioni diverse

Di Balaam si parla altre volte nella Bibbia, non sempre allo stesso modo.

Ad esempio, secondo Nm 31,16 in realtà si sarebbe comportato con più astuzia, provando a convincere gli ebrei a essere infedeli a Dio, così da attirare su di loro il castigo divino. Potrebbe essere una versione coerente con Gs 13,22, dove si dice che gli israeliti lo uccisero, ma lì, come in Ne 13,2; Mi 6,5, si racconta che Balaam appoggi non i moabiti ma i madianiti…

Foto da Wikipedia Gustav Jaeger Bileam Engel

Il personaggio viene citato e ripreso anche in 2 Pt 2,15-16, dove però l’allusione, un po’ vaga, non corrisponde a quanto abbiamo narrato sopra, anche se ritorna in scena l’asina, che si sarebbe opposta al padrone il quale, accecato dalla ricchezza promessa, avrebbe fatto “errare” Israele, anche se non si spiega come. Anche Gd 11 potrebbe, forse, seguire questa interpretazione.

In Ap 2,14, infine, si dice che l’iniziativa dell’episodio sarebbe stata non di Balak ma di Balaam, che di nuovo avrebbe convinto gli ebrei a mangiare carni impure, così da inimicarsi Dio.

Come dobbiamo interpretare tutte queste versioni?

Dobbiamo ammettere che il personaggio era rimasto in mente a molti (per merito dell’asina?), ma che alla fine si era quasi trasformato in un simbolo, in un mito che poteva essere rimpolpato di tante spiegazioni diverse. Semplicemente, è chi prova, senza riuscirci, a mandare Israele fuori strada.

È spesso questo il destino dei racconti popolari, che continuano a essere narrati e che quindi possono a volte cambiare percorso e connotati.

Un senso c’è?

Che bisogno c’è di leggere questi brani, di inserirli nella Bibbia, di ricordarli?

Li leggiamo perché nella Bibbia ci sono, di certo perché gli autori biblici pensavano che potessero insegnare qualcosa a lettori anche di secoli dopo.

E questi autori avevano di certo in mente di comunicarci qualcosa, che potrebbero però essere tante cose, accostate e sovrapposte.

Ad esempio, che l’intenzione divina è libera, che Dio non è condizionato o forzato da “professionisti” che sarebbero in grado di orientarne l’azione. Dio non è una macchinetta che fornisce ciò che gli si chiede se si inserisce la moneta giusta. È una persona libera, che entra liberamente in relazione con gli uomini, e se promette ad alcuni che li proteggerà, lo farà nonostante qualunque pressione.

Ma potrebbe anche volerci dire che la volontà divina è disponibile e aperta a tutti, addirittura a un’asina, che ci mette più tempo a parlare che a capire che cosa Dio voglia.

O forse anche che un episodio può essere narrato in tanti modi, anche incoerenti tra di loro, perché il gusto del narrare non nasconde l’operato divino.

O, addirittura, che ci si può lasciare affascinare da personaggi come Balaam, probabilmente avversi al Dio d’Israele ma ricchi di fascino e umanità. E ci si può lasciare affascinare da loro perché non li si teme, perché il Dio d’Israele resta più forte e affidabile.

Angelo Fracchia

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