MISSIONE E COMUNICAZIONE: IL CONTINENTE VIRTU-REALE

A proposito della vocazione missionaria, più di un secolo fa, il Beato Giuseppe Allamano ebbe a dire ai suoi: «Raccomando in particolare lo studio e l’esercizio delle lingue, per poterle parlare e comunicare con la gente. Difatti, a che cosa servirebbero gli studi di filosofia, di teologia, se poi uno non sapesse comunicare agli altri il contenuto degli studi?». La ‘questione’ della missione è strettamente legata alla ‘questione’ della comunicazione: annunciare il Vangelo significa trasmetterlo e, ancor prima, la comunicazione è parte integrante della persona e dunque dimensione essenziale dell’evangelizzazione. Oggi l’Allamano non avrebbe tentennamenti nell’invitarci a entrare con fiducia nel continente digitale, a impararne il linguaggio e le regole per permettere al messaggio di Gesù di arrivare fino ai confini del mondo virtu-reale.

Il dibattito sui mezzi di comunicazione sociale è doveroso, i limiti che li caratterizzano sono reali ed evidenti, ma il disinteresse rispetto ad essi o il loro rifiuto non si giustificano: equivarrebbe a negare la possibilità di imparare una lingua nuova che apre le porte alla relazione. Questa “nuova cultura” creata dalla comunicazione moderna nasce, prima ancora che dai contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici, che ha impatti profondissimi sulla nozione di tempo e di spazio, sulla percezione di sé, degli altri e del mondo, sul modo di comunicare, di apprendere, di informarsi, di entrare in relazione con gli altri, una relazione fluida che integra digitale e reale, dove la barriera fra reale e virtuale è caduta. Oggi è quasi impossibile stabilire con chiarezza cosa è mediale e cosa non lo è, né definire quando entriamo in una situazione mediale e quando ne usciamo.

Nel 2019 Papa Francesco dedica un intenso paragrafo della Christus Vivit all’ambiente digitale: «Internet e le reti sociali hanno creato un nuovo modo di comunicare e stabilire legami. Essi costituiscono comunque una straordinaria opportunità di dialogo, incontro e scambio tra le persone, oltre che di accesso all’informazione e alla conoscenza. In molti Paesi web e social network rappresentano ormai un luogo irrinunciabile per raggiungere e coinvolgere i giovani, anche in iniziative e attività pastorali» (n. 87). Ma aggiunge subito dopo che «l’ambiente digitale è anche un territorio di solitudine, manipolazione, sfruttamento e violenza. Il funzionamento di molte piattaforme finisce spesso per favorire l’incontro tra persone che la pensano allo stesso modo, ostacolando il confronto tra le differenze» (n. 88) facilitando «la diffusione di informazioni e notizie false, fomentando pregiudizi e odio» e precisando che «il fenomeno riguarda anche la Chiesa e i suoi pastori» (n. 89). Presa consapevolezza che la portata della sfida culturale in atto è decisiva e che ci riguarda direttamente come Chiesa e come missionarie ad gentes, sentiamo il dovere e il desiderio di fare un passo in avanti e formarci ad una mentalità e quindi a una prassi che consideri la comunicazione sociale dimensione essenziale della missione e della pastorale della Chiesa e non semplicemente un ambito tra i tanti.

HA UN’ANIMA LA COMUNICAZIONE?

Se non è possibile sottrarsi all’uso delle tecnologie è necessario sviluppare una coscienza digitale; l’alfabetizzazione digitale, però, non può essere ridotta semplicemente al saper navigare in rete o saper utilizzare dispositivi e piattaforme, piuttosto impegna a fornire strumenti di comprensione critica circa il funzionamento della dimensione digitale. Oggi, coinvolte dalle continue sollecitazioni che il mondo digitale propone, si rischia di perdere di vista la ricerca dei fondamenti più solidi che stanno alla base delle nostre scelte, quei valori universali che non mutano e non possono dipendere da forme di manipolazione della verità. Parallelamente si costata una possibile occasione solidale dei media digitali e dei social. La verifica della tecnologia sarà la valutazione se la persona umana sta diventando migliore, più matura spiritualmente e più cosciente della sua dignità, più responsabile, più aperta agli altri, soprattutto i più bisognosi e i più deboli. Si tratta, ancora una volta, di radicare la questione in una prospettiva antropologica. La vera sfida, allora, è quella di impiegare la rete con un chiaro orientamento morale e allo stesso tempo contribuire a rendere presente in essa la dimensione spirituale, privilegiando i contenuti che offrono la possibilità di meditare sul senso delle cose e sulle verità eterne: qui sta il principale apporto della fede alla rete. Internet ha permesso di riscoprire alcuni elementi della comunicazione della fede che erano rimasti in secondo piano, mentre la fede può aiutare a modellare le relazioni in rete: una e l’altra possono potenziarsi a vicenda e anche convergere in vista di una nuova prima evangelizzazione, soprattutto nel mondo occidentale. Possiamo chiederci: “chi naviga nel Web cerca Dio?” Esistono degli strumenti che ci permettono di identificare quali sono gli interessi di chi abita il continente digitale, le maggiori tendenze in atto.  Le ricerche intorno ai temi della spiritualità e della fede in generale, su Dio e Gesù, sono sempre piuttosto popolari. Per avere un’idea, in una sola giornata, a livello mondiale, la parola “Dio” è stata cliccata in 82 paesi, più in Africa e Medioriente, seguiti dal sud-est asiatico, mentre “Gesù” è stata oggetto di ricerca in 75 paesi, soprattutto in Africa e America. Sempre a livello mondiale c’è un diffuso interesse per la chiesa cattolica, la Bibbia e temi di spiritualità quali la gioia, il perdono e la vita eterna. Dunque si naviga in cerca di Dio e della vita di fede. Per questo c’è bisogno che la Chiesa incoraggi una presenza costruttiva e una percezione positiva dei media nella società, del «sapersi inserire nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi, per condividerne le attese e le speranze, quale presenza che ascolta dialoga incoraggia», come affermò nel 2013 il neo-eletto Papa Francesco. È indubbiamente una sfida, ma resistere al cambiamento può equivalere a tradire la propria missione di trasmettere il Vangelo a molte più persone, rinnovando parole e modalità dell’annuncio e ‘vestendo’ la fede con abiti più vicini alle persone. Sul web il messaggio cristiano trova le domande e sollecitazioni di chi non metterà mai piede in una chiesa, le proposte nate in contesti culturali lontani dal cristianesimo, le voci di chi propone cambiamenti opposti ai valori evangelici. Questo panorama ci offre un’occasione unica per trovare nuovi modi di raccontare la Buona Notizia, lasciando da parte una mentalità geografica per entrare in quella di comunità mediale o digitale, vero e proprio continente che siamo chiamati ad abitare in modo creativo e significativo.

Anche il processo sinodale in cui siamo immerse come popolo di Dio e come consacrate ci chiede di ‘camminare insieme’, metterci al passo dell’uomo e della donna di oggi, e, anzitutto, ascoltare, farci capaci di accogliere prima che vederci protagoniste del dare. E ascoltare tutti, tutti, soprattutto chi vive nelle periferie, oltre e aldilà di ciò che ci è più familiare, perché lo Spirito Santo è all’opera in ogni cultura e nazione, in ogni persona. La realtà ci interpella e ci chiama in causa per ‘restituire’ le storie che incrociamo, le parole delle persone a cui ci accompagniamo, le donne con cui ci impegniamo, i giovani che incontriamo sulla strada. Abbiamo un deposito da ‘passare’, fatto di realtà segnate anche da fragilità e vulnerabilità, diminuzione e marginalità. Comunicare, in questo senso, è innanzitutto ascoltare e poi riconsegnare ciò che continuamente riceviamo. Investire nella comunicazione è dunque investire nella missione, qualificare il nostro abitare queste reti. La ricerca più importante, infatti, è legata alle relazioni, non alle informazioni. La rete è appunto una rete: o ci si apre alla relazione o si rimane isolati. Anche questo è umanizzare. Sappiamo, infine, che le vie del Signore sono infinite; perchè dovremmo escludere gli sconfinati percorsi digitali? Nella sua smisurata passione per l’umanità, Dio usa anche questi per raggiungerci.

DI SUOR SANDRA GARAY E SUOR ALESSANDRA PULINA

1 commento su “MISSIONE E COMUNICAZIONE: IL CONTINENTE VIRTU-REALE”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *