Una strada, tanti sentieri

Sicuramente ti è capitato di dover andare in un determinato posto, ma per varie ragioni hai dovuto cambiare strada: per lavori in corso, per congestione del traffico, o… per un’ispirazione repentina. E magari il cambio di percorso ti ha permesso anche di ammirare paesaggi inediti!

Se guardiamo alla storia delle Missionarie della Consolata in Argentina, il “percorso” missionario è stato un po’ così: dai primi contatti con il vescovo di Resistencia, nel caldo Nord del paese, emerge che una delle finalità della presenza doveva essere l’accompagnamento dei popoli indigeni della zona: “Con il proposito di intensificare l’azione missionaria tra gli Indios del territorio di Formosa, e di organizzare una più grande penetrazione cristiana nell’educazione e nella cultura nella zona di Pirané, consegnammo in data 10 maggio 1948 la sede missionaria e Parrocchia di Pirané ai Padri Missionari della Consolata che, con lodevole zelo portano avanti il lavoro apostolico” (lettera di mons. De Carlo, maggio 1950).

Impegno apostolico che si erano già proposti, in dialogo con il vescovo, i Missionari della Consolata, e che le suore missionarie erano pronte ad assumere, accompagnando particolarmente le donne. Bisogna qui mettere per inciso che tutte le nostre prime presenze in America Latina sono state orientate alla cooperazione con i confratelli, già presenti nel continente. Lo dimostra anche una lettera della superiora generale, Madre Margherita: “Anche l’ Argentina dove lo zelo dei nostri Missionari già raccoglie i primi frutti, ci attende presto, per compiere nella gioventù femminile tutto il bene ch’ Essi stanno facendo in quello maschile” (circolare n. 8 di Madre Margherita, 20 agosto 1950).

La strada era segnata, ma la storia, con le sue curve e deviazioni, ha cambiato il sentiero. Il 3 marzo 1951 arrivano nel porto di Buenos Aires quattro sorelle dall’Italia: suor Ifigenia, suor Rachelangela, suor Olimpia e suor Gregoriae sono accolte nella clinica Santa Rosa, nella periferia della capitale, dove lavoreranno como infermiere, cuoche e, soprattutto, angeli consolatori di tanti malati e mamme in attesa di bambini. Solo in novembre arriva un secondo gruppo di sorelle, che si dirigerà nel Nord, a Pirané, per iniziare il lavoro nel caldo e immenso territorio della provincia di Formosa. Ma anche qui, di nuovo si prenderà un altro sentiero: si aprirà una scuola, un orfanotrofio, un ambulatorio, e tutte le migliori energie saranno assorbite dal tanto lavoro nel piccolo paese, mentre le visite ai villaggi indigeni saranno sporadiche.

Questo cambio di percorso produrrà espressioni apostoliche molto significative, come l’equipe itinerante: missionari e missionarie dedicati a tempo pieno alle visite ai villaggi, disseminati in un territorio vastissimo, a volte difficili da raggiungere, ma il cuore e la passione superavano ogni difficoltà: dai pantani inattraversabili, al caldo torrido, ai serpenti e altri animali selvatici, alle piante spinose che chiudono il passaggio. L’equipe si fermava 10/15 giorni in ogni villaggio, dando corsi basici di taglio e cucito, pronto soccorso, oltre alla formazione cristiana e preparazione ai sacramenti, e si terminava la visita con la celebrazione di matrimoni, battesimi, prime comunioni.

Nel frattempo, nuovi gruppi di sorelle, durante gli anni Cinquanta e Sessanta, arrivano al paese, e le presenze si moltiplicano: nella provincia de Buenos Aires e di Mendoza si aprono scuole e si lavora in strutture sanitarie (il lavoro negli ospedali, oltre ad essere un ambito dove si dona la consolazione ai sofferenti, aveva la finalità di sostenere economicamente le missioni di frontiera, come quella di Pirané). Di tutte queste presenze continua ad esistere, fino ad oggi, il Collegio Santa Teresita di Mendoza, che da poco ha compiuto 65 anni di attività.

Negli Anni Ottanta inizia una riflessione sulle comunità e sulle opzioni missionarie, ed ecco che, rivisitando la storia delle origini, di nuovo si orienta la missione verso i popoli indigeni del paese: dapprima si apre la comunità di Machagai, nel Chaco, dove si hanno i primi contatti con gruppi originari. Quindi nel 1992 si entra nell’ Impenetrabile, una zona semiarida, ricoperta da boschi di alberi spinosi, difficile da attraversare: in Comandancia Frias le sorelle lavorano accanto al popolo Wichi, in un tempo molto significativo per i popoli indigeni del Sudamerica. Infatti, negli Anni Novanta si da un movimento indigeno per il riconoscimento dei popoli ancestrali nelle Costituzioni dei vari paesi, oltre alla battaglia per ottenere territori indigeni e difendere, così, le varie tribù dall’assedio aggressivo e costante di latifondisti, imprese di legname, miniere. In Comandancia Frias le sorelle camminano a fianco del popolo, accompagnano le marce, le proteste, le negoziazioni: la Costituzione riconosce, dopo un lungo e travagliato processo, i popoli indigeni, con il diritto di preservare le proprie lingue, tradizioni, e di farsi riconoscere territori propri.

Negli stessi anni, dalla direzione generale dell’Istituto arriva la proposta di aprire una comunità in Poopó, un paese di minatori sulle Ande boliviane: le sorelle di Argentina accettano, e nel 1991giungono in Bolivia quattro sorelle, che accompagneranno le gioie, i sogni e i drammi della gente, scoprendo un mondo particolare: la cultura quechua e aymara, alle quali sono profondamente identificati gli abitanti di Poopó.

Gli anni corrono veloci: nel 2001 si celebrano i primi 50 anni in Argentina e i primi 10 in Bolivia. Nel 2006 inizia il gruppo di sorelle sacramentine: sono missionarie anziane o malate che continuano la missione nella preghiera e nell’offerta di sé. Perché la missione è per tutta la vita! Nel 2012 di nuovo ci si ferma per pensare alla missione nei due paesi, riaffermando l’opzione per i popoli indigeni, ma ripensando alle presenze attuali. Nel cammino per ridisegnare le presenze, che coinvolge tutto l’Istituto, la regione Argentina e Bolivia si orienta verso l’area andina e subandina, per questo si lasciano le tanto amate presenze del Nordest, in Formosa e in Comandancia Frias, aprendo due comunità “gemelle”: Isla de Cañas in Argentina e Vilacaya in Bolivia. Sono definite gemelle perché nascono nello stesso tempo, con le stesse finalità e con tanta voglia di condividere cammini. Si tratta di due comunità inserite in piccoli villaggi del popolo quechua, dove si vive con semplicità e vicinanza della gente, condividendo le spiritualità e partecipando della ritualità ancestrale.

Tanti sentieri percorsi, in questi 70 anni di missione consolatina in Argentina! Sentieri alle volte non previsti inizialmente, ma che riportano sull’unica strada: quella della missione/consolazione, che vuole annunciare con la vita, i gesti e le parole il Dio consolatore. Sebbene i sentieri siano stati diversi, ci sono tratti comuni che caratterizzano la storia delle Missionarie della Consolata in Argentina e Bolivia: uno stile di vita semplice, vicino alla gente, di molta condivisione e fraternità, sia in comunità che con le persone. Perché Dio percorre gli stessi sentieri dell’umanità, e questi anni di missione ci hanno permesso di incontrarlo e riconoscerlo nei sorrisi dei bambini, nelle lacrime degli afflitti, nelle strette di mano e negli abbracci dati e ricevuti.

Sr Stefania, mc

questo articolo è stato pubblicato su Andare alle Genti

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