
Il Beato Giuseppe Allamano diceva alle sue figlie e figli: chi non arde, non può essere missionario. Ecco come ce lo presenta oggi, un secolo dopo, suor Francesca.
Vi è mai capitato di stare semplicemente vicino ad una persona e di sentire il vostro cuore scaldarsi piano piano, come se venisse avvolto in un abbraccio? È come quando, infreddoliti, entriamo in una stanza con un camino acceso e un piacevole tepore riscalda le nostre membra, una dolcezza ci invade. Cerchiamo la fonte del calore, proviamo un’attrazione quasi magnetica per quella fiamma che scoppietta allegramente, che guizza esibendo le sue innumerevoli sfumature, che diffonde il profumo della legna. Ho visto il volto di molte nostre Sorelle risplendere di questa fiamma; ho sperimentato sovente questo calore e mi sono sempre domandata da dove provenisse. Ho scoperto che nasce dall’Amore e, piano piano, ne faccio esperienza anch’io nella relazione con Dio, con le Sorelle della mia comunità e con chi incontro nell’apostolato. Ripercorro il cammino e mi rendo conto che il mio cuore è cambiato. Qualcosa al suo interno si è acceso e lo sento ardere al contatto con la gente. Sento il cuore che si infiamma e una spinta gioiosa (quasi irresistibile!) a condividere il calore con chi ho davanti; perché, nella relazione, si possa sperimentare la carezza, il caldo tocco dell’amore di Dio. Il beato Giuseppe Allamano non ci voleva missionarie fredde o appena tiepide, ma donne ardentemente innamorate di Dio e della missione. È tutta una questione di temperatura dunque! Temperatura del cuore! Chi non arde, non può incendiare.
La missione è, prima, testimonianza e irradiazione del fuoco d’amore per Dio e il suo popolo e, solo dopo, azione (Redemptoris Missio 26). Per questo, una condizione indispensabile per una missionaria zelante è essere una donna di profonda preghiera e contemplazione dalle quali sprizzano piccole e grandi scintille di consolazione. Stiamo parlando di un amore “superlativo” (come direbbe il nostro Fondatore), impegnato, sollecito, vero, intenso e… operoso! Un amore che non perde nessuna occasione per donarsi, per scaldare e scaldarsi. Parliamo di un cuore che corre instancabilmente verso l’altro, che sussulta appena vede qualcuno e che si fa spazio accogliente. Paure, fatiche, difficoltà, niente lo ferma perché è mosso dall’amore e comprende la preziosità della persona che ha davanti. Questo avviene in un contatto, in una reciprocità tra due anime, tra due cuori, in una relazione trasformante. “Il vero zelo cerca l’onore della persona a cui si porta amore, mentre lo zelo falso cerca se stesso, nasce da superbia e invidia”, ci ammonisce il Fondatore (L. Sales, La vita spirituale, Missioni Consolata, Torino, 1963, 460).

La parola stessa, nel suo significato, richiama la determinazione, l’energia, la dedizione, la tenacia che lo deve caratterizzare. Lo zelo, infatti, è qualcosa di profondo e trascinante che coinvolge tutte le nostre energie fisiche e spirituali. Significa dare tutto e fare tutto per annunciare, perché anche altri possano sperimentare la Consolazione di Dio, possano vivere l’esperienza di essere amati, liberati, salvati dall’immenso e tenero amore del Padre. Questo è lo zelo: effetto dell’amore che non si può tenere solo per sé, che non può stare fermo, ma che desidera continuamente incontrare, manifestarsi, donarsi e, così facendo, cresce. Ci troviamo, allora, a compiere gesti che non avremmo mai pensato di poter fare; ad attraversare situazioni o ad affrontare sfide e sacrifici di cui non ci saremmo pensate capaci e riceviamo, per contro, una pienezza di vita e una gioia mai ritenute possibili. Non è per nulla scontato, però, che il fuoco continui a bruciare. Non ci si può distrarre, esso va continuamente curato e alimentato, altrimenti si spegnerà. L’alimentarlo è, allo stesso tempo, grazia e responsabilità, dono divino e impegno umano. È il soffio dello Spirito che lo alimenta, ma questo richiede la nostra apertura e adesione – di cuore, di vista, di udito e d’azione – ai Suoi movimenti e suggerimenti.
L’Allamano ci parla di uno zelo senza limiti, animato dal desiderio di predicare a tutte le creature, per tutta la terra. Emerge la nostra profonda identità di inviate di Cristo e da Cristo, capaci di vivere la missione come un dono. Infatti siamo piccole e gioiose collaboratrici del buon Pastore. Il Fondatore individua anche altre caratteristiche dello zelo: esso deve essere sapiente, giudizioso, paziente e costante. Deve anche avere la scienza necessaria, per questo ci impegniamo a studiare. Sono la passione e l’amore per l’altro a spingerci ad usare tempo ed energie per imparare nuove lingue, per accostarci alla storia, alla cultura, alla spiritualità dei popoli tra i quali siamo, per imparare tutto ciò che è necessario per far del bene. Nel riflettere sull’ardere missionario, il mio pensiero torna ad alcune sorelle maggiori con le quali ho vissuto. In loro vedo brillare in modo speciale questo fuoco e si ravviva in me il gusto di una vita ardente, pienamente vissuta e donata per Lui e con Lui. Attraverso di loro ho sperimentato la concretezza dell’amore. Sono testimoni che mi mostrano come debba essere un amore che arde nel servizio, ma anche nella debolezza e nella malattia.
Ho sperimentato l’amore che, al di là di ogni fragilità, raggiunge il cuore. Anche se la persona non riesce a esprimersi, una particolare luce compare nei suoi occhi e indica un movimento del cuore, un riconoscimento dell’Amore che risveglia la vita. Dovrebbe essere così nelle relazioni: prima un tocco dell’amore e nell’amore che poi diventa spazio in cui nasce lo scambio di parole, sguardi, gesti; che segna l’inizio di qualcosa di nuovo. La paura e l’insicurezza iniziali si trasformano in fiducia, accoglienza e consegna reciproca. È un amore semplice, che permette all’altro di avvicinarsi fino al cuore. È l’amore che gioisce nell’incontro; che vuole condividere ciò che ha di più prezioso; che presta attenzione ad ogni più piccolo movimento, cenno, invito. Un amore che non si stanca e rassicura. Un amore zelante, appunto! L’ho sperimentato con gli anziani di una casa di riposo, con i belli e scombinati del doposcuola, con i ragazzi nelle scuole, con i bambini della catechesi e con chi accogliamo nella nostra comunità. Solo grazie all’Amore di Dio tutto ciò è possibile e Lui ci vuole sue collaboratrici in questa missione. Io ci sto! Auguri a tutti per una vita piena e ardente!
Sr. Francesca, mc
questo articolo è stato pubblicato su Andare alle Genti
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