
Tre sono state finora le Encicliche del Santo Padre Francesco: Lumen fidei (29.6.2013), Laudato si’ (24.5.2015) e la recente Fratelli tutti (3.10.2020).In questi sette anni di pontificato, ormai quasi otto, Papa Francesco ha scritto una lunga serie di documenti, di specifico genere, che sarebbe difficile enumerare, rivolte ai laici, ai sacerdoti, a religiosi e alle famiglie. Ma senza dubbio i documenti più importanti, universali, sono proprio le encicliche, termine derivante dall’antico greco che significa lettere circolari, indirizzate a tutto il corpo mistico di Cristo che è la Chiesa. Attraverso i suoi scritti, Papa Francesco dimostra una sensibilità straordinaria nonché un’attenzione profetica alla custodia del Creato, dono immenso di Dio. Papa Francesco redasse la Laudato si’, probabilmente il primo documento con il quale un Papa si preoccupa dell’uso operato dall’essere umano di questo dono inestimabile del Creatore, dono che giustamente si può chiamare “casa comune”.
UN BENE DONATOCI SINDALLE NOSTRE ORIGINI
Il primo capitolo della Genesi pare una potente ed aggraziatissima sinfonia: l’Autore, in un crescendo di bellezza e di purezza, conduce l’ascoltatore per gradi sempre più affascinanti verso il vertice dell’opera, che in questo caso è l’inno finale che dona la vita all’uomo e alla donna (Gen 1,27). Quei gradi sono le sei strofe – i sei giorni – della sinfonia, concluse ciascuna dalla ripetizione di un finale che ribadisce l’opera gradualmente realizzata, come avverrà negli immortali spartiti di Bach, Mozart, Verdi: “Dio vide che era cosa buona”, ritornello ripetuto sei volte in questo primo affascinante capitolo. La casa preparata da Dio per la sua creatura è il “giardino” che la creatura deve “custodire e coltivare” (Gen 2,15). Custodire significa “proteggere, curare, conservare, vigilare” (Laudato si’ n. 67). Senza nulla divinizzare della terra e senza equiparare tutti gli esseri viventi sottraendo all’essere umano quel valore unico al quale viene conferita una tremenda responsabilità (n. 90).
Emergono nell’enciclica due diverse necessità: quella dell’amore che salva tanto l’uomo quanto il creato e quella della nostra natura che ci logora e ci estingue in quanto sovente, per non dire sempre, ci impedisce di rammentare che il ricco e il povero hanno uguale dignità e che l’ambiente è un bene collettivo, patrimonio dell’umanità tutta e responsabilità di tutti (n. 94-95). Le due necessità sono la radicale contrapposizione in cui vive la nostra fede. Essa ci presenta Gesù risorto e glorioso, presente in tutto il creato, con la sua signoria universale: “Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui” (Col 1,1-18). La luce della sua Risurrezione avvolge misteriosamente tutte le creature e le orienta ad un destino di pienezza. Gli stessi fiori del campo e gli uccelli del cielo che Egli contemplò ammirato con i suoi occhi umani, ora sono pieni della sua presenza luminosa” (n. 100). Ma la nostra umanità, che dovrebbe imitare Cristo, è capace di vedere questa presenza luminosa nel creato? Forse tale possibilità è più accessibile a quei gruppi umani che hanno l’esperienza di vivere sempre all’aperto come i Rom, che subiscono persecuzioni, tentativi vari di genocidio, odio e timore da parte di quanti vivono una forma diversa di vita.

Eppure, anche i popoli che hanno usi, costumi, lingua e caratteristiche diverse dalle nostre, sono degni di considerazione, di inclusione, di riconoscimento, di accoglienza. Chi scrive ebbe, tempo addietro, una breve esperienza in un campo di tali persone, e oltre a trovare cortesia e correttezza – atteggiamenti ben distanti dalla considerazione usuale – notò una sensibilità incredibile verso il creato, un’attenzione verso ogni forma di vita che si muovesse per la terra o per il cielo. Non possiamo dimenticare che, anche le culture umane più lontane ed emarginate, possono insegnarci qualcosa di quanto sia luminosa la presenza del Risorto nel creato. Eppure non ne siamo consapevoli, come ci insegna con forza questo straordinario profeta del nostro secolo, Papa Francesco, con la nuova enciclica Fratelli tutti. Non si tratta di fare l’apologia di qualcuno, ma di incentivare l’amore di Cristo ammirando e amando il creato come lo amava Lui stesso, dai gigli del campo agli uccelli del cielo, dalle volpi che vivono nascoste nelle loro tane ai pesci che guizzano nell’acqua e ci assicurano l’alimento. Amare il creato e insieme i fratelli come li amavano i santi, come lo amava la Beata Irene Stefani, missionaria della Consolata (1891-1930), che donò la sua vita per amore e che morì contagiata di peste mentre assisteva uno dei suoi malati nella missione del Kenya. Amare il creato, come lo amava san Francesco, al cui Cantico delle creature si è ispirato Papa Francesco per scrivere l’enciclica Laudato si’. Il “bene comune”, del quale sovente si parla senza forse concezione chiara, parte dalla persona e presuppone il rispetto di essa e dei suoi diritti fondamentali e inalienabili ordinati al suo sviluppo integrale. Ed è interconnessa con tutte le altre persone e con il creato, e chiamata ad avere una visione integrale della vita, a partire dalla convinzione che tutto nel mondo è connesso e che siamo interdipendenti gli uni dagli altri.

Quante volte si sono costruite montagne di cemento sulla menzogna di un sostegno popolare?
Quante volte si è aumentato indiscriminatamente il ritmo di consumo, di spreco di beni, di alterazioni dell’ambiente? Per quanto tempo ancora vedremo gemere le regioni colpite dal terremoto, mentre una inutile burocrazia frena i soccorsi? Ancora, Dio non voglia – e l’uomo, soprattutto – si dovrà forse assistere al crollo di un ponte con decine di vittime, causa il disinteresse, l’incuria, la superficialità? Il mondo di oggi è scosso dalla crisi provocata dal Covid-19, che mette in evidenza la grande crisi socio-ambientale. Questo ci pone di fronte alla necessità della scelta fra il continuare a ignorare le sofferenze dei più poveri e a maltrattare la nostra casa comune, la Terra, o impegnarci ad ogni livello per trasformare il nostro stile di vita. I documenti di Papa Francesco ci insegnano a stare dalla parte della vita e della cura del creato, con delle indicazioni concrete e possibili.
di padre FRANCO CAREGLIO, o.f.m. conv.