
Il paradigma di “Maria, perfetta discepola di Cristo”, oggi ha un posto centrale nella spiritualità e nella teologia della Chiesa. È un invito a tornare alla prima fonte, la Sacra Scrittura, per raccogliere gli elementi essenziali della fede cristiana che viviamo e annunciamo. Un invito a imparare, come Maria, il linguaggio dello Spirito che sussurra, ma la sua voce raggiunge i confini della terra, come dice il Beato Allamano: “Lo Spirito parla piano, come dobbiamo parlare noi, per farci sentire da lontano”.
Sant’Agostino nel famoso Sermone 72A, evidenzia il carattere esperienziale della fede di Maria e la sua docilità allo Spirito: “Certamente la Santa Vergine Maria ha fatto totalmente la volontà del Padre, e per questa ragione stava meglio ad essere discepola di Cristo che madre di Cristo. Maggiore felicità di essere una discepola che una madre. E così, questa è una beatitudine, perché prima di dare alla luce il Maestro, lo aveva già nel suo spirito”.
Contemplando Maria, percepiamo il suo itinerario formativo e missionario e l’espansione del suo orizzonte soprattutto quando diventa la Madre di Gesù e quindi la madre degli uomini e delle donne di tutti i tempi. Quando cioè, “nella pienezza del tempo” (Gal 4,4) in una regione socialmente disprezzata, la Galilea, in un villaggio in cui non esiste niente di straordinario, Nazaret, (Gv 1,46), accade l’impensabile. Il Dio Altissimo e misericordioso è rimasto incantato da una giovane donna e la invita a un’unione insolita, creando le condizioni per l’evento più straordinario della storia: l’incarnazione della Parola. “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14).
La chiamata ad essere discepola di Gesù Cristo inizia, paradossalmente, nel momento in cui Dio irrompe nella sua vita, nell’Annunciazione. In quel momento Maria si abbandona all’azione dello Spirito Santo in lei. L’infinito si riduce fino a diventare uno di noi, nel grembo della Vergine, rendendola la Madre di Dio! Una madre che è “l’immagine perfetta del discepolo missionario” (Documento di Aparecida, DAp n. 364) e “formatrice di missionari” (DAp n. 269).
In Luca 1,26-56, troviamo una bella descrizione del suo itinerario d’iniziazione al discepolato missionario. In primo luogo, Maria entra nel silenzio, in uno stato di grazia che le consente l’ascolto: ella accoglie la visita dell’Angelo, la novità e la gioia che porta, il disturbo che ogni cosa nuova porta con sé, lo stupore che la rivelazione divina provoca. Maria sperimenta di essere profondamente amata. Ascolta, dialoga, osa mettere in discussione, si lascia coinvolgere ed è disposta ad andare oltre i confini geografici ed esistenziali per testimoniare le meraviglie che il Potente ha fatto nella sua vita.
Nella sua prima esperienza missionaria, quando parte per visitare Elisabetta, sua cugina, la sua testimonianza tocca profondamente quest’anziana, che continua la preghiera dell’Angelo Gabriele: “Benedetta sei tu fra le donne e benedetto è il frutto del tuo grembo” (Lc 1,42). Quindi Maria, facendo memoria delle donne dell’Antico Testamento, canta l’azione di Dio nella vita degli umili: “Il Signore ha fatto meraviglie in me… Tutte le generazioni mi chiameranno beata!”. La giovane donna di Nazaret denuncia anche l’avidità, la disuguaglianza sociale, il potere corrotto, colorando il mondo con speranza: “Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”.
Come discepola, attraverso la perdita e il ritrovamento di Gesù nel tempio, in Lc 2, 41-52, impara a tenere tutte queste cose nel suo cuore.
Entrando in una stupenda danza d’amore tra la creatura umana e il Dio della vita, Maria, l’umile serva, ci mostra la via per superare la mentalità dell’“usa e getta” e dell’autoreferenzialità, ereditati dal sistema capitalista, per recuperare la coscienza della dignità umana e la sacralità del creato.
Maria è pura disponibilità per il progetto liberatore di Dio. Incinta, fa una lunga camminata per visitare sua cugina Elisabetta. Prima della nascita di Gesù, in obbedienza al decreto di Cesare Augusto, viaggiò con Giuseppe a Betlemme. A causa della persecuzione del re Erode, poco dopo la visita dei Magi, fuggì con la sua famiglia in Egitto. Beata perché Dio si era innamorato di lei, affrontò tutte le vicissitudini della vita con un coraggio senza pari, perché come dice il famoso studioso Augusto Cury: “nonostante abbia perso tutti i suoi beni materiali, il suo vero tesoro era intatto: suo Figlio”.
“Presenza” è la parola chiave per comprendere il discepolato di Maria, parola che evoca sfumature di base dei seguaci di Gesù: impegno, inserimento nella realtà, capacità di relazionarsi e comunicare e di affrontare le sfide e la sofferenza. Una scena del Vangelo di Giovanni è particolarmente illuminante: il miracolo di Cana di Galilea (Gv 2,1-11), una casa, una festa di matrimonio, poco vino, sei anfore vuote; tra gli ospiti ci sono Gesù e i suoi discepoli, anche Maria è presente. Quale donna sensibile e attenta, dotata di un’impressionante lucidità, non solo svela un problema esistente in quell’incontro, ma anticipa anche l’ora di Gesù, in modo che, grazie alla sua intercessione solidale, “Non hanno più vino”, Gesù si fa presenza di gioia alla festa di nozze. È in questa scena che troviamo le sue ultime parole registrate nei Vangeli: “Fate quello che Egli vi dirà”.
Sì, Maria quale perfetta discepola di Gesù ce lo indica come il centro, la meta e la pienezza di vita.
sr. Melania Lessa MC