Missione: dono prezioso di Dio Padre

Abbiamo fatto quattro chiacchiere con suor Emilce, missionaria della Consolata argentina che, dopo un anno vissuto intensamente in Vilacaya (Bolivia) ritorna alla sua amata Colombia, sui fiumi amazzonici 

 Cosa significa per te la vocazione missionaria, la missione?

E’ un Dio prezioso che Dio Padre mi regala, mi dilata il cuore perché sia il più grande possibile, e tutti possano entrare in questo luogo semplice e accogliente.

Anni fa, mentre facevo il discernimento vocazionale, sentivo il Desiderio di andaré sempre oltre, in ricerca di questo Dio Padre Creatore, nel suo infinito… Nel mio silenzio, nella mia timidezza, in solitudine ruminavo questa sete di Dio che mi chiamava… Alle volte pensavo che era solo un’idea, un sentimento, un’attrazione, ma con il tempo ho ricevuto la luce della Parola di Dio, che mi parlava… “Prima di formarti nel seno di tua madre, ti conoscevo e ti ho consacrato ad essere profeta delle nazioni…  Non temeré, io sarò con te…”

Dio mi chiama alla vocazione missionaria, che è una donazione continua al suo amore, donandomi a tutti, soprattutti a quelli che più soffrono. Essere empatica al dolore degli altri, è un dono che ho, e l’annuncio di una nuova vita, dalla preghiera per il dolore e con il dolore, arrivo all’annucio del Regno di Dio, che è misericordia, consolazione, tenerezza del Padre.

Per me la missione si converte in un motore di vita, che spinge ad annunciare con generosità e gioia la presenza di Gesù, colui che trasforma la vita, in ognuno, in ogni ambiente o in ogni tempo. Motore che mi spinge a uscire da me stessa, della mia piccolezza, e lanciarmi verso l’altro, con semplicità. E sono chiamata a dares empre di più!

Che gioie ti ha regalato la vita missionaria?

Tanti volti, tanti sorrisi, le gioie e anche i dolori… Ma soprattutto l’arrivo alla comunità dei Fratelli indigeni dei fiumi Caquetá, Putumayo e Amazonas, figli della selva amazzonica colombiana. Sentirmi accolta.

Stare con loro, condividendo la vita, la storia, i momento celebrativi, come la festa al Padre Creatore, prima del raccolto dei frutti. Una festa durante tutta la notte, per ringraziare dei frutti della terra. E’un evento semplice, ma molto intenso.

Hai vissuto il 2019 in Vilacaya, Bolivia: cosa ti porti con te, adesso che sei ritornata nell’Amazzonia coombiana?

Una delle grazie che mi ha concesso il Signore è stata l’opportunità di vivere l’anno scorso in Vilacaya, e condividere splendidi momento con la comunità delle Missionarie che lì risiede. Le sorelle e la gente mi hanno accolto con semplicità e vicinanza.

Il popolo andino, i popoli originari mi insegnano molto: l’ideale del “Vivere Bene”, il silenzio, le montagne, il cibo condiviso, le feste, la música, le gioie e le sofferenze…  In tutto questo sento che Gesù mi chiede di essere testimone del suo amore, sapendo che Lui si manifesta a ciascuno dei suoi figli e figlie.

Tutto è grazia: tutto è condivisione, dono d’amore, in ciascuna esperienza missionaria vissuta nella reciprocità. Tutto si scolpisce nel mio cuore… Cosa ho fatto per meritarmi tanta ricchezza? E tutto ricevuto nella quotidianità, nella semplicità di ogni giorno.

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