È curioso come l’abitudine a sentire certi brani, a pensarli già saputi, non ci aiuti ad ascoltarli davvero, ad accorgerci di quello che dicono.
Tutti i cristiani, ad esempio, e sicuramente moltissimi non cristiani, sono convinti di conoscere molto bene ciò che i vangeli dicono riguardo al Gesù bambino: non lo richiamiamo ogni anno intorno al presepe? Quel presepe in cui convergono serenamente i pastori con le loro pecore (Lc 2,8-18) e i magi con i loro doni (Mt 2,1-12), anche se sono in racconti diversi che non sempre sono in sintonia: Giuseppe e Maria sono di Nazaret (come in Luca, che deve spiegare come mai Gesù nasca a Betlemme) oppure di Betlemme (come in Matteo, che deve chiarire perché poi Gesù cresca a Nazaret)? E intorno a Gesù si muovono i pastori, in un contesto di emarginazione ma serena, come in Luca, oppure i re e i magi, in un ambiente di minaccia e paura, come in Matteo?
In realtà sembra proprio che i due evangelisti che narrano l’infanzia di Gesù non si siano messi d’accordo, e che forse scrivano quei primi due capitoli non per riferire una storia che avevano sentito narrare, ma per riflettere sul senso di quel bambino. Forse, addirittura, potrebbero aver inventato dei particolari, perché il senso vero di quella nascita potesse esserci più chiaro.
Un Gesù “ebreo”
Matteo scrive per cristiani che vengono dall’ebraismo e si chiedono se e in che misura Gesù sia davvero il compimento delle attese. Ecco perché le citazioni dell’Antico Testamento o le allusioni a personaggi e avvenimenti ebraici antichi sono così frequenti nel suo vangelo. Ecco perché sottolinea così spesso che quello che è successo a Gesù era già scritto nella parola di Dio (anche se a volte non cita neppure un brano ma pretende che quello che è accaduto fosse nella logica dell’intera storia del popolo con Dio: cfr. Mt 26,56).
Ecco perché, quando racconta l’infanzia di Gesù, presenta un Giuseppe cui Dio parla tanto spesso in sogno (come era “normale” nell’Antico Testamento) e nel suo racconto è tanto centrale Erode, che aveva voluto presentarsi come l’unico rappresentante politico degli ebrei. Ecco perché, se Luca ci offre una genealogia di Gesù che risale fino ad Adamo, per Matteo gli antenati arrivano solo ad Abramo, il capostipite degli ebrei.
Peraltro, quella genealogia merita uno sguardo più ravvicinato.
Curiose antenate
Che linea deve seguire una genealogia? Quella paterna o quella materna? Per l’antichità la risposta è ovvia: nella tradizione ebraica, oltretutto, il padre trasmetteva non solo l’eredità del primogenito, ma soprattutto la benedizione divina (pensiamo a quanto è pesante il desiderio di quella benedizione tra Giacobbe ed Esaù, Gen 27). E infatti anche Matteo, come peraltro Luca, si concentra sui padri che portano a Gesù. Anche se…
Anche se in quell’elenco maschile si infiltrano quattro donne, tutte significative e sorprendenti. La prima è Tamar (Mt 1,3; cfr. Gen 38): nuora di Giuda, suo marito era morto prima di darle figli, e così anche il fratello. A quel punto Giuda aveva temuto che fosse Tamar a portare sfortuna, l’aveva rimandata dal padre in attesa che crescesse un altro suo figlio da darle in sposo… ma poi non l’aveva più richiamata. Allora lei, sapendo che Giuda sarebbe venuto nella sua città, si era fatta passare per prostituta e aveva concepito un figlio da lui. Alla notizia che era incinta, il suocero fa il suo dovere e la condanna a morte, ma lei svela chi è il padre, il quale deve ammettere che «lei è più giusta di me» (Gen 38,26). Tamar aveva insomma adempiuto la volontà di Dio di dare un figlio al suo primo marito, anche se le modalità potevano sembrare discutibili. A quelle modalità però era stata costretta: non ha avuto vergogna di perdere la faccia e la vita per compiere ciò che Dio voleva.
Viene poi Racab/Raab (Mt 1,3; cfr. Gs 2; 6), un’altra prostituta che tradisce il suo popolo per salvare due esploratori ebrei entrati in Gerico e ottiene in cambio di essere salvata lei e la sua famiglia (che non sembrava vivere con lei, e viene quindi salvata gratuitamente). Anche qui, un comportamento che può essere definito discutibile ma che opera una scelta di campo, di stare dalla parte del Dio degli ebrei.
La terza donna è Rut, moabita (popolazione decisamente disprezzata dagli ebrei), che decide di lasciare il suo popolo per assistere la propria suocera giudea che è rimasta vedova e senza figli (in tutte le tradizioni del mondo i rapporti tra suocera e nuora non sono normalmente citati come affettuosi) e accetta di vivere da mendicante per aiutarla, accettando poi di rischiare di passare da svergognata per farsi sposare da colui che potrebbe in effetti riscattarla. Anche qui una donna che va contro tutte le convenzioni per onorare un’altra donna e compiere la volontà di Dio.
Infine, ecco «quella che era stata la moglie di Uria» (Mt 1,6), quella Betsabea per la quale Davide diventa adultero e assassino (2 Sam 11), ma che sarà poi la madre del “re perfetto”, Salomone, per il quale si metterà anche a tramare intrighi di palazzo (1 Re 1-2).
Alla fine della genealogia ci troveremo di fronte a uno slalom particolare, per cui non si dice più che un padre (in questo caso Giuseppe) «generò» Gesù, ma «fu lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù» (Mt 1,16). C’è evidentemente qualcosa di strano nella nascita di Gesù, ma era già accaduto altre volte che vicende apparentemente non limpidissime (in questo caso, una donna fidanzata ma non sposata che resta incinta) veicolassero la più autentica e pura volontà di Dio.
Sulle vie del suo popolo
Gesù viene a raccogliere su di sé, a dare pienezza, al rapporto di Israele con il suo Dio. E lo porta a compimento mostrandosi pienamente uomo e pienamente Dio. Se sulla seconda parte, la sua “dimensione divina”, il vangelo dirà molto, Matteo vuole da subito chiarire le cose sulla prima, che più facilmente i cristiani delle generazioni successive rischieranno di mettere in dubbio. Gesù è davvero e pienamente uomo, e lo mostra nel suo nascere da una donna, nel suo essere un infante bisognoso di tutto… E nel suo ripercorrere la strada del popolo d’Israele.
Provvidenziale, allora, che suo padre si chiami Giuseppe. Perché anche un altro Giuseppe, tanto tempo prima, anche lui abituato a un Dio che gli parlava tramite i sogni, aveva portato il suo popolo intero in Egitto, e da lì era tornato verso la terra che Dio gli aveva indicato. Come il popolo, anche Gesù viene salvato dalla morte in Egitto e da lì il Padre lo riconduce.
Giuseppe, un giusto
Tra parentesi, nel racconto dell’infanzia di Gesù secondo Matteo c’è un particolare che potrebbe suonarci abbastanza oscuro: quando Giuseppe viene a sapere che Maria, già sua promessa sposa, è incinta, e ovviamente non di lui, «poiché era un uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto» (Mt 1,19). A noi potrebbe sembrare un comportamento non del tutto “giusto”. Un padre che decidesse di accogliere e crescere un figlio non suo, al limite, ci sarebbe sembrato davvero generoso.
Il problema è però che secondo la legge ebraica la benedizione divina, trasmessa fin da Abramo, si eredita di padre in figlio. Se Giuseppe riconoscesse come suo figlio quello che non lo è, si prenderebbe gioco di Dio stesso, il che equivale a una bestemmia. Dovere di Giuseppe sarebbe, secondo la legge, denunciare Maria come adultera e lasciare che sia lei ad affrontare la lapidazione. Ma evidentemente Giuseppe si fida di Maria, o sente che è ingiusto mandare a morte una persona. Il dilemma sarebbe risolto se il vero padre di Gesù sposasse Maria, ma ciò è impossibile finché lei è promessa sposa (il fidanzamento aveva lo stesso peso definitivo del matrimonio). Ecco che ripudiarla in segreto avrebbe permesso a Giuseppe di non mentire a Dio e al padre vero di sposare Maria, così che, una volta scoperto lo scandalo, questo fosse già riparato. Piano, bisogna ammetterlo, ingegnoso e soprattutto umanamente generoso. Non necessario, però, come Dio si premunisce di far sapere a Giuseppe, chiedendogli di fidarsi, di Dio e di Maria. Come per tutti i credenti, anche la via di Giuseppe si apre grazie alla fiducia.
Resterebbe da parlare ancora dei magi, ma… un’altra volta…
Angelo Fracchia