Continuiamo il nostro viaggio in Asia Centrale, oggi alla scoperta dei popoli autoctoni di Kazakistan e Kirghizistan
Chi ha vissuto in quelle terre, descrive un’atmosfera culturale molto ricca e ospitale; le persone hanno tradizioni molto forti, legate alle proprie origini e alla propria storia, di cui sono orgogliose, ma si sentono anche gli effetti degli anni della dominazione sovietica.
Proponiamo qui di seguito dei brevi flash sui gruppi etnici autoctoni che popolano il Kazakistan e il Kirghizistan.
I Kazaki
I Kazaki costituiscono il più grande gruppo autoctono del Kazakistan (46,5%); di stirpe turco-mongola, parlano una lingua turco-tartara.
In origine allevatori nomadi, soprattutto di cavalli, pecore e cammelli, erano organizzati in clan patriarcali retti da un capo militare. Sono tuttora celebri come cavalieri e hanno una grande abilità nell’addomesticare le aquile.
Notevole è il patrimonio culturale tradizionale, che annovera numerosi poemi epici.
Della cultura materiale, oltre alla lavorazione della lana (feltro, tappeti, vestiario), tipici sono la yurta, particolare elaborazione della tenda mongola, a pianta rettangolare con pareti costituite da un telaio di legno rivestito di feltro e con tetto cupoliforme, e la kibitka, carro coperto la cui struttura è analoga a quella della yurta.
Sottomessi dai Russi, divennero in parte agricoltori sedentari ma conservarono vive le proprie tradizioni mantenendo una precisa identità etnica. Dei circa 7 milioni di Kazachi, la maggioranza abita in villaggi agricoli, molti nelle città e solo piccoli gruppi si dedicano ancora al tradizionale allevamento nomade.
Tardivamente si sono convertiti all’Islam pur conservando pratiche sciamaniche, culto degli antenati, ecc. Alla base dell’organizzazione sociale vi è la famiglia estesa patrilocale, all’interno della quale erano praticati il matrimonio per ratto con pagamento, la poliginia (forma di matrimonio plurimo in cui all’uomo erano consentite più mogli), e il levirato (istituzione, frequente tra i popoli dell’antichità, secondo la quale un uomo ha l’obbligo di sposare la vedova, senza figli, del proprio fratello).
I Kirghisi
Sono un gruppo etnico di origine turca e costituiscono circa il 64,9% della popolazione del Kirghizistan. Il popolo kirghiso ha dovuto confrontarsi con una terra piuttosto difficile e poco adatta all’insediamento umano. Nomadi per tradizione, grazie alla loro tenacia, hanno saputo volgere a proprio vantaggio le difficili condizioni ambientali. Le alte vette delle catene kirghise ospitano ancora oggi i villaggi itineranti caratterizzati dalle yurte, le tende dei pastori. Esse sono al centro della vita dei clan, sono il luogo dell’ospitalità per gli stranieri, della condivisione dei pasti e dei momenti di riunione in cui si intonano le canzoni tradizionali accompagnate dal komuzy, lo strumento a corde più diffuso.
La cucina comprende piatti semplici a base di riso, carne e verdure; tra gli accompagnamenti preferiti lo jusai, un’erba di montagna, e il boorsok, una specie di pane. Miele e marmellate sono piuttosto comuni, mentre il kymyz, latte fermentato, è la bevanda più popolare.
Gli svaghi e gli sport oggi praticati richiamano le tradizioni della vita nomade: l’ampio utilizzo dei cavalli si ritrova nelle gare di caccia o di tiro con l’arco, nelle sfide e inseguimenti (tipico è quello tra un uomo e una donna, che richiama in maniera alternativa e legale l’antica pratica – oggi illegale ma purtroppo ancora molto diffusa – del rapimento delle donne ai fini del matrimonio). L’ospitalità è uno dei tratti caratteristici del popolo kirghiso.
La tradizione letteraria ruota attorno al Manas, una monumentale raccolta di poemi e leggende -composta da oltre un milione di versi e tramandata oralmente per molti secoli – che narra la nascita del popolo kirghiso attraverso le vicende guerresche dell’omonimo eroe e dei suoi discendenti.
Questo articolo è stato pubblicato su Andare alle Genti
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