MARIA NEL CORANO

“Ricorda Maria nel Libro, quando si allontanò dalla sua famiglia, in un luogo ad oriente”: così inizia il racconto del concepimento verginale di Gesù da parte di Maria nella sura XIX del Corano – intitolata in suo onore Maryam – mentre nella sura III si legge “O Maria sii devota al tuo Signore, prosternati e inchinati con coloro che si inchinano”.

 

L’islam ha una vera devozione per Maria, considerata la donna più pura, la vera musulmana, sottomessa completamente alla volontà di Allah, ubbidiente in tutto e per questo, modello di riferimento. Lei è l’unica donna citata con il suo nome in tutto il Corano, senza riduzionismi a “figlia di”, “moglie di”, “madre di” come per tutte le altre, segno dello straordinario privilegio a lei riservato.

È presentata nella sura XIX come la figlia di ‘Imrān, considerato il Gioacchino della tradizione cristiana. Durante la sua infanzia, Maria è benvoluta da Dio, che la protegge e le concede doni particolari come il cibo sempre fresco che trova presso di lei tutte le mattine e che le proviene direttamente dal cielo. Procedendo negli anni, Maria riceve dagli angeli particolari comunicazioni grazie alle quali apprende di essere prediletta da Allāh. Il rapporto particolare che Allāh ha nei suoi confronti arriva al culmine quando viene scelta per essere la madre del Messia, l’Unto, il Purificato, cioè Gesù, indicato nel Corano come ‘Isā. A Lui spetterà la missione di portare agli uomini un messaggio di Dio, una nuova rivelazione scritta, al’iinjil, il nostro Vangelo. La rivelazione da lui trasmessa è vera ma – sempre secondo il Corano – i suoi seguaci l’hanno manipolata, trasformando il Gesù-Profeta in Dio e per questo si è reso necessario l’invio di un nuovo profeta, l’ultimo, Muhammad, e una rivelazione definitiva, quella del Corano.

La maternità di Maria è opera speciale di Allāh che tutto può creare con un semplice “Sii” e il brano che racconta il concepimento di Gesù (Cor III, 45-47) ricalca ampiamente il Vangelo di san Luca (1, 32-38) e soprattutto i Vangeli apocrifi dell’infanzia.

La figura di Maria è intrinsecamente legata a quella di Cristo. Maria è vergine per la sua maternità, ma non è certo madre di Dio, anzi tale affermazione rappresenta una terribile bestemmia: “O Gente della Scrittura, non eccedete nella vostra religione e non dite su Allāh altro che la verità. Il Messia Gesù, figlio di Maria non è altro che un messaggero di Allah, una Sua parola che Egli pose in Maria, uno spirito da Lui [proveniente]. Credete dunque in Allāh e nei Suoi Messaggeri. Non dite ‘Tre’, smettete! Sarà meglio per voi.” (Cor IV, 171).

L’immagine di Maria tuttavia emerge come vergine e come vera musulmana, tanto che gli ebrei sono maledetti perché hanno osato calunniarla e non hanno creduto al concepimento e alla nascita misteriosa di Gesù (Cor IV, 156-57).

Giunta l’ora del parto, Maria si isola sotto una palma da datteri e soffre atrocemente tanto da desiderare la morte. Una voce la consola esortandola a cibarsi di datteri freschi e a rinfrescarsi con l’acqua del vicino ruscello. Alcuni interpretano questa voce come angelica (forse Gabriele), altri come quella del neonato Gesù, che evidenzia così la sua straordinarietà, ribadita poco dopo quando, appena entrati in casa, difende la madre dalle accuse dei parenti di aver disonorato se stessa e la famiglia dando alla luce un figlio illegittimo (Cor XIX, 30-31).

Maria è donna sottomessa per tutta la sua vita, attesta la veridicità della parola del suo Signore e per questo è posta fra le predilette di Allāh accanto alla moglie del faraone che salvò Mosè dalle acque del Nilo, alla moglie di Zaccaria e a Fatima, la figlia prediletta di Muhammad.

Ai tempi del Profeta, la Ka‘bah (struttura semi cubica vuota al suo interno, meta del pellegrinaggio alla Mecca) era circondata e associata ad una serie di idoli, distrutti dopo la conquista della città santa da parte di Muhammad. Si intendeva in questo modo restituire al tempio la purezza del culto esclusivo al Dio Unico ma, secondo la tradizione, il Profeta volle difendere e conservare una sola icona, quella della Vergine Maria. Nessuna raffigurazione sacra o sacrilega o rappresentazione simbolica o profana da allora si trova nel centro spirituale del culto islamico.

L’islam, preoccupato di non intaccare l’assolutezza di Allāh, non tributa a Maria atti devozionali e non le conferisce alcun ruolo d’intercessione o d’intermediazione fra l’uomo e il suo Signore. Tali atteggiamenti sono riscontrabili solo in alcuni gruppi marginali facenti capo all’islam sciita, dove Maria viene inserita in pratiche devozionali accanto a Fatima e ai due figli di questa. In ambito sunnita, i modelli femminili sono le due mogli del Profeta, ‘A’isha e Khadīja. Tuttavia Maria conosce, come si è detto, la venerazione popolare ad esempio nei santuari di Algeri e di Efeso dove i musulmani si recano a pregare con i cristiani di fronte all’immagine di Maria Vergine, o della Madonna del Latte.

Recentemente sono state intitolate a Maria alcune bellissime moschee come Al-Sayyida Maryam a Tartous, secondo porto della Siria, o la moschea Shaikh Mohammad Bin Zayed di Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, che il principe Sheikh Mohammad Bin Zayed Al Nahyan, vice-comandante supremo delle Forze armate, ha ordinato venisse rinominata Maria, “Madre di Gesù” per “consolidare i legami di umanità fra fedeli di religione diversa”.

Resta tuttavia una profonda differenza fra islam e cristianesimo sulla figura di Maria, la divinità di Gesù e il suo ruolo nell’opera della Redenzione. Per questo san Giovanni Paolo II sottolineava che: “L’islamismo non è una religione di redenzione. Non vi è spazio in esso per la Croce e la Risurrezione. Viene menzionato Gesù, ma solo come profeta in preparazione dell’ultimo profeta, Maometto. È ricordata anche Maria, Sua Madre vergine, ma è completamente assente il dramma della redenzione. Perciò non soltanto la teologia, ma anche l’antropologia dell’Islam è molto distante da quella cristiana” (Giovanni Paolo II, in V. Messori, Varcare le soglie della speranza, Mondadori, 1995, p. 11).

di SILVIA SCARINARI

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