SCIOGLIERE PREGIUDIZI E PAURE

Un’informazione corretta e obiettiva sul fenomeno migratorio, a partire dalla sua consistenza numerica, è indispensabile per aiutare a superare paure e diffidenze. L’Autore di questo articolo, Direttore dell’Ufficio Pastorale Migranti della Diocesi di Torino, ci offre un quadro della situazione attuale.

I numeri sono simboli che ci indicano una quantità. Ormai ci siamo così abituati a confrontarci con la “quantità” che qualunque cifra che superi l’uno, me stesso, ci spaventa. Ma già il due può servire a ricordarci che l’altro esiste e che possiamo imparare a condividere.

Ingressi in Italia e in Europa

Nel 2017 sono entrate in Italia 104.889 persone, nel 2016 erano 181.436. Al 28 settembre di quest’anno sono entrate 21.024 persone, dalla Libia sono arrivati in 12.389; non ci sono numeri esatti per i morti nel Mediterraneo, solo un generico… qualche migliaio.

Tra i centomila “usciti” dall’Italia ci sono giovani, famiglie e anche anziani, che si spostano per cercare lavoro, per studiare, per conoscere, per un nuovo inizio. Questa cifra non fa notizia.

Invece chi entra? Qui i numeri si trasformano in proiettili: sono sempre troppi!

Il numero di migranti e rifugiati arrivati in Europa quest’anno è di 73.696, quasi un terzo del totale dello scorso anno e quasi un settimo dei 348 mila registrati nel 2016. Questi dati, riportati dall’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), si riferiscono al settembre 2018. Dei 73.696, 21.000 circa, come si è detto, sono sbarcati in Italia, i restanti in Spagna e in Grecia. Certo un numero insignificante se rapportato ai 68 milioni e mezzo fuggiti nel 2017 in conseguenza di guerre, persecuzioni ma anche terremoti, cambiamenti climatici, siccità, povertà estrema (di questi oltre 20 milioni hanno varcato le frontiere del proprio Paese).

Questi dati ci invitano a farci alcune domande e a riflettere: questi numeri rappresentano un’emergenza così forte tanto da essere affrontata come il principale problema ricorrendo addirittura allo strumento della decretazione di urgenza? Perché si parla di immigrazione e poi gli interventi sono per la maggior parte dedicati ai richiedenti asilo, di cui abbiamo analizzato i numeri? Perché non vengono introdotte misure d’integrazione per gli oltre 5 milioni di stranieri regolarmente presenti in Italia (che lavorano e pagano le tasse) che sono ben di più dei 21.000 sbarcati quest’anno?

Chi ha esperienza di servizio ai migranti sa che il grosso scoglio non è tanto la prima accoglienza, ma il lavoro, la casa e la salute. Temi sui quali in questi anni si è disinvestito, riducendo fortemente gli investimenti sul sistema di welfare per tutti, colpendo maggiormente le fasce deboli e arrivando a creare “guerre tra i più poveri”, identificando nei migranti una delle cause della povertà e quindi vedendoli sempre più come concorrenti, in taluni casi più protetti di altre categorie. Una politica che mette in concorrenza i più poveri tra di loro non offre una soluzione alle persone, semmai contribuisce a far crescere conflittualità sociali che minano la sicurezza. La soluzione dovrebbe essere invece quella di investire maggiormente sul sistema di welfare per dare delle risposte ai bisogni reali della popolazione, non escludendo nessuno.

Oggi deve diventare una priorità costruire comunità coese, aperte e solidali. Dobbiamo incontrare l’“altro” per sciogliere pregiudizi e paure. È necessario stare nelle scuole, sostenere chi opera nell’accoglienza, incoraggiare azioni di apertura, dare voce alle tante silenziose esperienze di bene, ascoltare chi non capisce, chi fatica a costruirsi un’opinione, non giudicare ma accompagnare le nostre comunità nel rileggere i cambiamenti, a costruire occasioni di conoscenza e confronto. Dobbiamo ribadire con forza i valori evangelici: “Ero forestiero e mi avete accolto”.

Oggi dobbiamo lavorare per evitare letture semplificate e strumentalizzate, operare per costruire la pace sociale, per riconciliare le nostre comunità divise, lavorare per tutti i poveri. Non dobbiamo sottrarci né lasciarci sopraffare dalla stanchezza, dallo scoraggiamento, dalla confusione, dai dubbi. Purtroppo la propaganda non aiuta ad avere le idee chiare: abbiamo anche sentito dire che non è vero che chi arriva sulle coste europee scappa dalla guerra e dalle persecuzioni, ma che cerca solo una situazione di vita migliore. Abbiamo assistito all’attacco delle ONG, attacchi evidenti a chi offre solidarietà ai migranti, fino ad arrivare alla chiusura dei porti e delle frontiere, cavalcando la paura dell’opinione pubblica. Si è tornati ad invocare il rimpatrio come soluzione al “problema”. Appare evidente un tentativo di semplificazione nel cercare soluzioni, una semplificazione pericolosa nella lettura di un fenomeno complesso che, proprio perché tale, deve essere gestito in modo complesso.

Punti critici del Decreto sicurezza e immigrazione

La nuova normativa non sembra in grado di garantire la sicurezza che si propone, a causa di contraddizioni interne, come si può vedere considerandola in dettaglio.

L’abolizione della protezione umanitaria: nel 2017 in Italia sono state presentate 130mila domande di protezione internazionale: il 52% delle richieste è stato respinto, nel 25% dei casi è stata concessa la protezione umanitaria, all’8% delle persone è stato riconosciuto lo status di rifugiato, un altro 8% ha ottenuto la protezione sussidiaria, il restante 7% ha ottenuto altri tipi di protezione.

Con il nuovo Decreto viene introdotto, invece, un permesso di soggiorno per alcuni “casi speciali”, cioè per alcune categorie di persone: vittime di violenza domestica o grave sfruttamento lavorativo, per chi ha bisogno di cure mediche perché si trova in uno stato di salute gravemente compromesso o per chi proviene da un Paese che si trova in una situazione di “contingente ed eccezionale calamità”. È previsto infine un permesso di soggiorno per chi si sarà distinto per “atti di particolare valore civile”. Meno permessi di soggiorno umanitari significa meno protezione per le persone, quindi più irregolari “invisibili”, senza diritti pur continuando a vivere nel Paese. Ad oggi si calcola che le persone irregolari siano tra 500 mila e 700 mila.

L’estensione del trattenimento nei CPR (Centri di permanenza per il rimpatrio): gli stranieri che sono trattenuti in questi Centri, in attesa di essere rimpatriati, potevano essere trattenuti al massimo per 90 giorni, mentre ora il limite si sposta fino a un massimo di 180 giorni.

Più fondi per i rimpatri: all’articolo 6 è previsto lo stanziamento di più fondi per i rimpatri: 500mila euro nel 2018, un milione e mezzo di euro nel 2019 e un altro milione e mezzo nel 2020.

Restrizione del sistema di accoglienza: il Sistema per l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati (Sprar) sarà limitato solo a chi è già titolare di protezione internazionale o ai minori stranieri non accompagnati. Sarà quindi ridimensionato e cambierà nome.

Esclusione dal registro anagrafico dei richiedenti asilo: l’articolo 13 del decreto prevede che i richiedenti asilo non si possano iscrivere all’anagrafe e non possano quindi accedere alla residenza. Le battaglie per la residenza sono state una conquista di questi anni per evitare di avere persone sul territorio senza averne una precisa mappatura e nello stesso tempo per consentire l’accesso ai servizi essenziali.

Riforma della cittadinanza: il decreto prevede che sia modificata la legge italiana sulla cittadinanza del 1992. La domanda per l’acquisizione della cittadinanza potrà essere rigettata anche se è stata presentata da chi ha sposato un cittadino o una cittadina italiana. Finora le domande per matrimonio non potevano essere rigettate.

In conclusione, oggi si avverte da più parti la sensazione forte di trovarci di fronte ad una emergenza che non è solo sociale, politica, economica ma è anche culturale e coinvolge pienamente anche le nostre comunità. Papa Francesco ci dice che non è peccato avere dubbi e timori ma che piuttosto il peccato è lasciare che siano le paure a determinare le risposte. Questo peccato è dentro di noi e attorno a noi.

Questo è anche il messaggio della lettera alle comunità cristiane della CEI, Comunità accoglienti, uscire dalla paura, che invita a passare dalla paura all’incontro, alla relazione e all’interazione.

SERGIO DURANDO

 

 

 

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