UN’ESEMPLARE TRADIZIONE DI ACCOGLIENZA

IN UNA REGIONE DI ORIGINE, DESTINAZIONE E TRANSITO DI MIGRANTI, QUAL È L’AMERICA DEL SUD, LA CHIESA CONTINUA A SVOLGERE UN RUOLO SIGNIFICATIVO NEL PROMUOVERE L’ACCOGLIENZA SIA DI QUANTI SI SPOSTANO ALL’INTERNO DEL SUBCONTINENTE SIA DI QUANTI PROVENGONO DA ALTRI CONTINENTI, COMPRESO QUELLO EUROPEO.

Per la Chiesa, migrare non è un delitto né un peccato.

Anzi, i migranti – in particolare quanti lasciano la propria patria perché costretti – sono oggetto di particolare attenzione e sollecitudine da parte della Chiesa che, in piena fedeltà al Vangelo, fin dagli ultimi decenni dell’Ottocento, ha elaborato un’approfondita riflessione sulla mobilità umana, sorta inizialmente sulla base dell’esperienza migratoria italiana ed europea, poi sviluppatasi gradualmente in una dimensione mondiale e confluita in un ricco corpus dottrinale e pastorale.

Fu, infatti, nel 1888 che Papa Leone XIII scrisse la Lettera Quam aerumnosa, indirizzata ai Vescovi americani per invitarli ad avere particolare attenzione per gli emigrati italiani e per comunicare la nascita di un nuovo Istituto religioso, sotto la direzione di Mons. Scalabrini, specificamente finalizzato alla loro assistenza. Erano i tempi della grande migrazione italiana – ricordiamo che tra il 1861 e i primi anni Sessanta del ‘900 più di 25 milioni di italiani emigrarono – e le drammatiche condizioni dei migranti, dalle condizioni igienico-sanitarie durante le traversate all’ostilità, ai pregiudizi e allo sfruttamento di cui erano fatti oggetto nei Paesi riceventi (problemi che oggi puntualmente riemergono con i migranti che giungono in Europa soprattutto dall’Africa e dal Medioriente) suscitarono la sollecitudine di Leone XIII. Il Pontefice così scriveva: “La stessa prima traversata degli emigranti è piena di pericoli e di sofferenze; molti infatti s’imbattono in uomini avidi, di cui diventano quasi schiavi e, stivati come mandrie nelle navi, e trattati in modo disumano, sono lentamente spinti alla degradazione della loro stessa natura. Quando poi approdano nei porti previsti, ignari della lingua e dell’ambiente, vengono addetti al lavoro quotidiano e si trovano esposti alle insidie degli speculatori e dei potenti a cui si erano sottomessi”.

Allo stesso periodo risale la fondazione delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù di Madre Cabrini, la santa patrona dei migranti, che dallo stesso Pontefice Leone XIII fu invitata a rivolgere il proprio anelito missionario ai territori americani e dedicò la propria vita ad assistere gli emigrati italiani negli Stati Uniti, prodigandosi per risollevarli dalle condizioni deplorevoli in cui vivevano.

Particolarmente significativa fu l’apertura, nel 1892, di una missione nel quartiere italiano più malfamato di New Orleans, in Louisiana, dove l’anno prima si era verificato il tremendo linciaggio di 11 italiani, ingiustamente accusati di aver ucciso il capo della polizia locale; costoro erano stati impiccati o uccisi a colpi di fucile da una folla inferocita, istigata, attraverso una massiccia propaganda denigratoria anti-immigrati, da eminenti esponenti dell’alta borghesia cittadina.

Da quegli anni il Magistero pontificio si è costantemente occupato della questione migratoria, seguendone i complessi sviluppi: cito, solo a titolo di esempio, i numerosi documenti sulla mobilità umana durante il pontificato di Paolo VI, insieme all’istituzione della “Pontificia Commissione per la Pastorale dei migranti e degli itineranti”, elevata, con Papa Giovanni Paolo II, a Pontificio Consiglio per la pastorale dei Migranti (a sua volta divenuto, dal 2017, sezione del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale), che ha emanato ne 2004 il più completo documento sull’assistenza ai migranti: Erga migrantes caritas Christi; i numerosi interventi di Giovanni Paolo II, soprattutto nelle encicliche sociali e nei messaggi per la Giornata mondiale delle migrazioni, a difesa dei diritti dell’uomo e in particolare dei rifugiati, e l’intervento di Papa Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate, in particolare al n. 62.

La sollecitudine verso i migranti non è dunque una bizzarra trovata di Papa Francesco – più volte oggetto di deliranti accuse, quali quella di essere fautore di un fantomatico progetto di sostituzione etnica in Europa – ma l’atteggiamento ininterrotto di attenzione e accoglienza che la Chiesa ha avuto fin da quando il fenomeno migratorio ha assunto proporzioni significative proprio con l’esodo massiccio degli italiani.

La tradizione di accoglienza verso i migranti provenienti da altri continenti è perpetuata dalla Chiesa presente in America Latina in primo luogo attraverso il servizio dei presbiteri diocesani e dei missionari incaricati del servizio pastorale agli immigrati, coadiuvati da religiose e da operatori laici: ad esempio, esistono 30 centri per la cura pastorale in lingua italiana, che cooperano strettamente con le Chiese locali, cui fanno riferimento non solo per l’incarico giuridico ma anche per le linee operative e amministrative.

In questo periodo, poi, la Chiesa latinoamericana sta dando un esempio di accoglienza e di vicinanza verso quanti si spostano all’interno dello stesso subcontinente, avviando iniziative volte ad affrontare vere e proprie emergenze migratorie. Particolarmente rilevante risulta l’impegno verso i profughi venezuelani: otto Conferenze episcopali latinoamericane (i Vescovi di Brasile, Colombia, Ecuador, Cile, Perù, Bolivia, Paraguay e Argentina) assistite dalla sezione Migranti e rifugiati del Dicastero per lo sviluppo umano integrale, hanno elaborato un piano integrato di aiuti e servizi rivolti alle centinaia di migliaia di migranti venezuelani e ai cittadini più a rischio dei Paesi ospitanti, come l’allestimento di centri di accoglienza, aiuto nella ricerca di alloggiamento e di lavoro, assistenza legale, accesso ai servizi sanitari ed educativi, assistenza spirituale, oltre a campagne di sensibilizzazione delle comunità ospitanti. Il piano è stato illustrato nella sala Stampa Vaticana il 7 maggio scorso.

Degna di nota è inoltre la costituzione di “Red Clamor” (“Rete del grido”, con riferimento al libro dell’Esodo, in cui il grido del popolo ebraico ridotto in schiavitù è ascoltato dal Signore), il nuovo Organismo per la pastorale di migranti, rifugiati e vittime della tratta che è sorto nell’aprile del 2017 con la finalità di raccordare meglio le numerose iniziative verso i migranti di varie realtà della Chiesa dell’America Latina e dei Caraibi. Tra i membri della Rete ci sono gli Scalabriniani, il Jesuit Refugee Service, diversi Dipartimenti della mobilità umana delle Conferenze episcopali latinoamericane (Repubblica Dominicana, Messico, Guatemala, Haiti, Cile), oltre a numerose Congregazioni religiose.

Citerei, infine, l’impegno di Caritas Venezuela, che sta rafforzando i servizi di assistenza sociale, legale e psicologica dei migranti venezuelani alle frontiere e nei Paesi vicini, in collaborazione con le Caritas delle nazioni limitrofe e di altre organizzazioni sociali.

di PAOLA LA MALFA

questo articolo è stato pubblicato su Andare alle Genti

per informazioni e abbonamenti, clicca qui

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *