Essere anziano, nella cultura africana, non significa essere anagraficamente vecchio, come nella nostra cultura. Ma l’anzianità, nel mondo africano, dove l’età media si aggira attorno ai 50-60 anni, è un modo qualitativo di contare i passi sapientemente compiuti da una persona all’interno della sua comunità di appartenenza. Comunità – donne e uomini – che con parole, gesti o simboli prende per mano il bambino, il giovane e l’adulto e lo conduce verso orizzonti lontani insegnando loro il rispetto dei valori della tradizione, che costituiscono le sue radici e il rispetto dell’altrui identità. È la stessa comunità, poi, che seppellisce e rigenera l’individuo (dopo la morte) e lo riconosce suo antenato.
Nel suo libro, Il saggio di Badiangara, Amadou Hampaté Bâ, narratore maliano, per spiegare in modo chiaro e semplice il ruolo che riveste, l’importanza e il posto che compete ad una persona anziana, riconosciuta sapiente nella cultura africana, sottolinea che: “Un anziano che muore è una biblioteca che brucia”.
Ciò che colpisce e nello stesso tempo affascina della definizione, del narratore Amadou Hampaté Bâ, è che, per rendere comprensibile il valore dell’anziano usa due termini ben noti alla cultura africana: morte e biblioteca. Termini presenti anche negli orizzonti culturali di tutte le culture, compresa quella europea, ma che Bâ spiega con una coloratura diversa della nostra.
“La morte – mi spiegava l’amico Jean-Pierre Sourou Piessou – per il narratore maliano esprime il senso dell’assenza e sottolinea il forte rimpianto delle persone colpite da questo evento.
La biblioteca, invece, è il luogo-simbolo, dell’apprendimento, dello studio, della passione, dell’emozione, della ragione e dell’intuizione. È il tempio della conoscenza della sapienza educativa. Il luogo per antonomasia del sapere che passa attraverso la curiosità, il dubbio e la creatività. La biblioteca è la preziosa casa della cultura, dove è possibile attingere conoscenza e sapienza. L’anziano identificato da questi due nomi è ritenuto il depositario della Memoria, la figura della solidità di ogni pensiero e agire radicati nei valori e negli ideali dei miti storici e leggendari, che fondano la Comunità”.
L’anziano è garanzia della solidità, della radicalità e dell’appartenenza di ogni membro alla comunità, espressa da gesti, parole e talvolta silenzi: “respiri pensanti” che legano mente-cuore- sensi. A proposito del valore e della profondità del silenzio un detto della saggezza africana recita: Se quello che intendi dire non è più nobile del silenzio, è meglio tacere.
“L’anziano, continua Jean-Pierre, è garanzia di continuità tra la Comunità dei Viventi Visibili e quella dei Viventi invisibili, che già sono sull’altra sponda del fiume”.
E nella nostra cultura come viene considerato chi percorre il sentiero dell’anzianità: un saggio? Una fonte d’ispirazione? Il custode della memoria in cui ognuno è radicato?… Oppure un fardello, un peso, una fatica da gestire…
Forse anche noi dovremmo custodire con più rispetto e tenerezza e rendere interattive con l’ascolto e il dialogo queste “biblioteche” di famiglia.
suor Maria Luisa Casiraghi