I vangeli dell’infanzia hanno sempre attirato molto l’attenzione dei credenti. Spesso tuttavia sono stati trasformati in qualcosa di straordinario, di eccezionale, in quanto si parla di Dio che entra nella storia; in origine, però, non si voleva proprio calcare la mano sulla straordinarietà. Basta pensare alla distanza tra l’evento annunciato dagli angeli («Oggi è nato per voi un Salvatore»: Lc 2,11) e il segno che lo annuncia («troverete un bimbo avvolto in fasce», ossia un fragilissimo neonato come tanti: Lc 2,12).
Per farlo capire ancora meglio, Luca imposta il suo vangelo dell’infanzia accostando due annunciazioni, nascite e giovinezze: quella di Giovanni il Battista e quella di Gesù.
Ma prima ancora fornisce al lettore un altro suggerimento prezioso.
Tutto storico?
Anche se non ne siamo consapevoli, anche i libri che leggiamo noi (ma varrebbe lo stesso per i film, le canzoni…) presentano delle abitudini che li rendono un po’ tutti più simili tra di loro e più comprensibili per chi legge. Questo valeva anche per l’antichità: i libri di storia partivano da un’introduzione scritta in una bella lingua più arcaica (ciò che Luca fa in Lc 1,1-4: era un modo per garantire la competenza dell’autore), per poi offrire le coordinate storiche. Siccome però una datazione universale non era abituale, solitamente si suggeriva il tempo dell’azione indicando il nome dei diversi regnanti nella zona che interessava. È ciò che Luca fa in Lc 3,1-2. E in mezzo? Perché Luca non data i capitoli 1 e 2?
Con tutta probabilità si tratta di un’indicazione per il lettore: “Attento, quello che ti sto raccontando non è proprio storico, a differenza del resto. Ti può aiutare a capire Gesù, ma ha una natura diversa”. Un po’ come, in un libro di storia, mi posso trovare, in appendice, ossia per così dire dopo la fine, un’intervista a un personaggio morto mille anni prima: è ovvio che non sia “autentica”, ma può tuttavia essere “vera”, aiutarmi a capire la verità del personaggio in questione persino meglio delle informazioni “autentiche” che sono venute prima.
Una nascita miracolosa…
E in questo racconto che allora si presenta come un po’ fantastico, Luca racconta di due bambini, due cugini, che sono annunciati in modo miracoloso, nascono in modo particolare, fanno cose strane quando sono ragazzini.
Il primo viene promesso nella cella più interna del tempio (dove solo il sommo sacerdote poteva entrare… e dove non si poteva arrivare senza farsi notare), a un sacerdote sposato a una donna della stessa tribù di Aronne (era la perfezione, ma non tutti i sacerdoti lo facevano…), anziani entrambi e senza figli, come tante altre volte era accaduto nell’Antico Testamento.
Ed è proprio durante il culto (il momento più sacro!) che un angelo appare alla destra dell’altare (il luogo più sacro!) per dire a Zaccaria che la sua preghiera è stata esaudita. Dopo tanti anni, Dio lo ha ascoltato. Siccome Zaccaria si mostra un poco titubante, l’angelo castiga la sua incredulità con il mutismo (Lc 1,5-22).
… e una più ambigua
Luca racconta quindi un’altra annunciazione (Lc 1,26-38). Questa volta non siamo a Gerusalemme, nella città santa, ma in un paesino, mai citato prima nella Bibbia, che sta in Galilea, quella regione a nord che per qualcuno era un po’ troppo vicina agli stranieri e troppo interessata ai commerci e troppo piena di greci per essere completamente giudea.
Qui l’angelo entra in casa di una giovane promessa sposa. Se non suonasse irrispettoso, diremmo che questo angelo deve ancora imparare un po’ il suo mestiere: quello di Zaccaria era apparso, non era entrato… potremmo quasi immaginarlo che bussa e chiede il permesso… E poi una cosa è annunciare un figlio a un uomo anziano, marito da tanti anni di una donna anziana, tutta un’altra cosa prevederlo per una giovane donna promessa sposa. Se dicessero a noi, oggi, che una giovane donna, sola in casa, è rimasta incinta, probabilmente non crederemmo che l’ha visitata un angelo…
Di fronte poi al turbamento di Maria, che è lo stesso di Zaccaria, l’angelo la saluta non solo con il nome ma con un “piena di grazia” che è solenne e tenero allo stesso tempo, e le dice che ha trovato grazia davanti al Signore, anche se non l’aveva chiesta…
E come Zaccaria, anche Maria lì per lì risponde con un po’ di scetticismo. Se però la domanda di Zaccaria aveva incontrato la punizione da parte dell’angelo, Maria si sente rispondere con un argomento («Nulla è impossibile a Dio») e una prova («Vedi, anche Elisabetta…»: Lc 1,36-37).
Due nascite, due crescite
Il confronto prosegue. Il Battista nasce nella gioia della famiglia e causa un miracolo: sua madre e suo padre, che non si sono messi d’accordo, suggeriscono lo stesso imprevisto nome per il neonato, e Zaccaria riprende miracolosamente a parlare (Lc 1,57-66): tutto è prodigio, tutto parla di un Dio anche severo ma in fondo misericordioso.
L’altro bambino, invece, nasce lontano dal suo paese, respinto da tutti (Lc 2,1-7): intorno a lui arrivano solo dei pastori, che a noi possono fare tenerezza ma che erano considerati impuri, perché erano costretti a vivere sempre con le bestie (Lc 2,15-18).
E anche quando cresceranno, l’uno vive nelle regioni deserte (Lc 1,80), quasi a fare l’asceta già da ragazzino, l’altro, certo, si “perde” nel tempio, ma sostanzialmente vive con papà e mamma, ossia vive una vita normalissima (Lc 2,51-52).
Un Dio “normale”
Luca non tira esplicitamente le fila del suo ragionamento, lascia che siamo noi, lettori intelligenti, a farlo… Da una parte abbiamo un’umanità “religiosamente perfetta”, dall’altra un’umanità normale, banale, a tratti anche ambigua e interpretabile male (sono antiche le accuse a Gesù di essere figlio illegittimo…). Se la prima certamente non è cattiva («sarà grande davanti al Signore»: Lc 1,15), è però la seconda a ospitare Dio («verrà chiamato Figlio dell’Altissimo»: Lc 1,35), il quale non ha paura della normalità, della banalità, persino della ambiguità della nostra esistenza, perché queste sono le caratteristiche normali di quasi tutti gli esseri umani.
Il Dio che si fa uomo non entra nel mondo da nobile, in modo straordinario, con squilli di trombe, ma si incarna in un normalissimo neonato, avvolto in fasce, ospitato in una coppia buona e autentica ma i cui comportamenti potrebbero anche essere fraintesi e letti male… L’umanità in cui Dio entra è l’umanità vera.
Angelo Fracchia