Suor Rosalia Juk, una missionaria brasiliana che da più di vent’anni lavora nelle missioni dell’Argentina-Bolivia, ci descrive il suo cammino missionario e le varie esperienze da lei vissute.
Sono nata in Brasile, a Cafelandia, nello Stato di Parà, da una famiglia di origine polacca e sono la maggiore di 9 fratelli. Siamo sempre vissuti in campagna: una vita dura, ma nello stesso tempo semplice e bella. Aiutavamo i nostri genitori nel loro lavoro che era molteplice, perché comprendeva la cura della casa, degli animali e della campagna. Grazie a Dio, non ci è mai mancato il necessario per vivere: alimentazione e, soprattutto, l’attenzione e l’affetto dei nostri genitori, dai quali abbiamo ricevuto una educazione umana, religiosa e sociale.
Provavamo tanta gioia durante i lavori di aratura, quando seminavamo a braccio la semente, poi ancora di più quando raccoglievamo i frutti della terra e tutto veniva fatto con grande rispetto per la natura e immensa gratitudine a Dio che ci concedeva l’acqua, le piante, gli animali e le buone relazioni tra di noi e con i nostri vicini. Era come se tutto fosse una cosa sacra.
Oggi, quando penso alla mia infanzia, il mio cuore si riempie di gioia e di entusiasmo, il mio spirito si rinnova e la vita diventa più facile.
A 21 anni conobbi le Suore Missionarie della Consolata e fui attratta dal loro carisma: dedicarsi totalmente alla missione, ai poveri, ai lontani e a tanti fratelli e sorelle che non conoscevano Dio.
La mia formazione avvenne in parte in Brasile e in parte in Italia. Qui emisi la mia professione religiosa e trascorsi lo Juniorato (il tempo che va dalla prima Professione religiosa ai Voti perpetui). In seguito ho iniziato i miei studi infermieristici, terminati i quali ricevetti la mia destinazione missionaria: l’Argentina, che raggiunsi nel 1996. È stata una bella esperienza per me conoscere una nuova lingua e cultura, usi e costumi del popolo argentino. Sono stata inviata, in seguito, in una delle missioni del Nord del Paese per lavorare nella parrocchia di Machagai e precisamente nella riserva di indigeni di etnia Toba. Questa esperienza è stata per me meravigliosa e molto gratificante, sotto tutti gli aspetti: umano, spirituale e culturale. È molto quello che si dà, ma è ancor di più quello che si riceve. A Machagai ho esercitato la mia professione di infermiera e lavorato per la promozione umana e spirituale della gente, soprattutto delle donne.
Dopo aver trascorso cinque anni in questa missione, mi fu chiesto di andare in Bolivia, Paese che fa parte della stessa nostra Circoscrizione Argentina, per lavorare con le etnie Quechua e Aymara. Trovai una realtà molto differente, che mi stimolò ad approfondire la mia esperienza missionaria. Ho notato che, passando da una realtà all’altra, la bellezza della missione va sempre aumentando. Crescendo nella conoscenza e nell’apprezzamento di culture diverse dalle nostre, aumenta anche il rispetto per gli altri, per il loro modo di vivere e di relazionarsi con la natura e tutto il creato. Questo è un atteggiamento molto sfidante, che richiede molta pazienza con noi stessi, silenzio e ascolto.
Dopo un po’ di tempo passato in Brasile per accompagnare la malattia e la dipartita di mia madre, sono tornata in Argentina per lavorare nella provincia di Formosa, nella nostra comunità di Palo Santo, dove sono rimasta due anni prestando il mio servizio di infermiera e lavorando nella pastorale della parrocchia e di altre comunità vicine.
In seguito sono stata inviata a Comandancia Frias, nella regione cosiddetta Impenetrabile, una zona molto isolata, a 300 km. circa dalla città più vicina. Qui ho trascorso tre anni, impegnata nell’accompagnamento della pastorale parrocchiale e di quella degli Aborigeni, visitando le piccole comunità di base, le scuole ad esse annesse e, soprattutto, le famiglie, che vivono in condizioni precarie sotto tutti gli aspetti.
Ed ecco nel 2013 un’altra destinazione: nella località Islas de Cañas, che si trova nella provincia di Salta e appartiene alla diocesi di Oran. Qui abbiamo aperto di recente una nuova comunità, che svolge il suo apostolato tra la popolazione formata da discendenti boliviani, che in Argentina vengono chiamati “Collas”. Ero felice di andare in questa missione ed ero pronta a partire, quando una brutta notizia sconvolse i miei piani. La nostra Sorella Carla Barelli, una delle infermiere della Regione incaricata di assistere le sorelle anziane e malate, colpita da tumore, nel giro di pochi mesi era mancata.
Si rendeva necessaria una sostituzione e la Superiora regionale venne a dirmi: “Adesso non pensare più di andare in missione”, chiedendomi di sostituire suor Carla. Lottai interiormente prima di accettare, perché l’incarico mi sembrava superiore alle mie forze, considerando che suor Carla era stata una Sorella di grande energia e impegno, sia nella missione che nella comunità; tuttavia accettai. In questo lavoro ho cercato di mettere tutte le mie capacità ed energie, la mia creatività ed entusiasmo, perché non è sempre facile entrare nel settore delle pratiche mediche a causa della molta burocrazia da parte del governo ed anche dei professionisti.
A questo si aggiunge il lavoro interno alla comunità: conoscere meglio le Sorelle, accompagnarle nelle loro necessità fisiche e nell’accettazione dei propri limiti, stimolarle a fare quello che possono, per crescere nella propria autostima e nella loro relazione con il Signore. Questo è un servizio difficile, svolgendo il quale ho trovato una certa resistenza da parte delle Sorelle, rattristate per i propri limiti e restie ad accettare le proposte che faccio per aiutarle a muoversi meglio.
Gli impegni pastorali delle nostre comunità consistono nella partecipazione alle Messe domenicali, nelle visite ai malati, nell’accompagnamento di situazioni familiari precarie, mentre all’interno della nostra comunità accogliamo un gruppo di donne anziane che si riuniscono ogni 15 giorni. Con loro preghiamo il Rosario, festeggiamo i loro compleanni e prendiamo il tè con tutte le Sorelle della comunità che vi possono partecipare.
Sr Rosalia Juk, mc
per informazioni e abbonamenti sulla rivista, clicca qui