Il Servizio Missionario Giovani si ripensa sognando alla grande
“Per cambiare il mondo si può essere anche in pochi. Ma motivati, puliti, veramente liberi. I giovani possono prendere il buono del passato per renderlo presente e futuro, ma devono imparare a dire i sì e i no che contano nella vita. No soprattutto alle droghe, a ogni forma di dipendenza. Sì alla giustizia, sì agli ideali, sì a una vita spesa in grande. Non è utopia! Io ci credo e scoppio di commozione quando penso al bene che possono fare” (Ernesto Olivero).
Il Sermig, che contiene il termine giovani nel suo acronimo (Servizio Missionario Giovani), da sempre punta sulla partecipazione delle nuove generazioni per portare nel mondo bontà, dialogo, condivisione, restituzione, pace. Una pace che partendo da se stessi viene condivisa con chi è vicino e, come effetto moltiplicatore, proiettata nel mondo. Una tappa di questo cammino è rappresentata dagli Appuntamenti Mondiali dei Giovani della Pace, il quinto lo scorso 13 maggio a Padova. Decine di migliaia di giovani si sono confrontati sul tema: “L’odio non ci fermerà, ricominciamo dall’amore”. L’Arsenale della Pace di Torino e gli altri Arsenali nel mondo, nati dal Sermig, hanno come prioritario l’impegno di mettere i giovani al primo posto con l’accoglienza, il sostegno, la formazione spirituale e culturale, cominciando dalle periferie urbane, etniche, esistenziali… Le attese di pace, di solidarietà, di giustizia, di lavoro dei giovani richiedono la risposta di adulti consapevoli della posta in gioco: serve un patto fra generazioni.
La riflessione che segue, di Rosanna Tabasso, consacrata nella Fraternità, mette in evidenza il senso delle scelte fatte e da fare, giovani e adulti insieme.
“Ho portato da Padova il cartoncino azzurro della “Carta dei Giovani”, un patto tra generazioni. Dieci azioni che giovani e adulti vogliono realizzare insieme: sostenere la vita, promuovere la giustizia, costruire la pace, ricercare il dialogo, puntare sul disarmo, custodire la terra, mettere al centro il servizio, scegliere la bontà, ascoltare la coscienza, risvegliare la sete di infinito.
Dieci frasi distillate dalla saggezza di uomini e donne di buona volontà che di generazione in generazione ce le hanno trasmesse dopo averle vissute intensamente e averle rese patrimonio per tutti noi. Non slogan ma chiavi per la vita. Dieci temi accennati con poche parole ma “spessi” e sostanziosi che richiedono di essere approfonditi, compresi, tradotti in fatti.
A Padova queste parole le hanno proclamate giovani e adulti insieme, scandite dai rintocchi della Campana della Pace per sottolineare la volontà di un impegno preso con convinzione. Il 13 maggio e poi il giorno dopo e ogni giorno.
Se le facciamo nostre ci formano, ci rendono persone capaci di usare testa e cuore, intelligenza e capacità di amare. Ripartire dall’amore non è ripartire da un’emozione passeggera ma da una scelta, dalla convinzione che queste dieci parole sono l’ossatura della vita di una persona. Non sono utopie ma scelte possibili, impegnative, ma alla nostra portata.
Le considero preziose proprio come programma per la mia vita perché racchiudono ciò che mi fa bene e che fa bene, riguardano la mia vita e la vita di tutti, il rapporto con le persone, con le cose, con la terra, le grandi sfide della storia e le piccole scelte quotidiane di ognuno. Sono un programma di vita che giorno dopo giorno possiamo imparare a declinare nel nostro quotidiano. Che siamo giovani o adulti, tutti abbiamo bisogno di paletti sicuri che traccino il nostro percorso, abbiamo bisogno di linee guida che ci educhino alla responsabilità personale senza chiuderci nell’individualismo, ma anzi aprendoci a 360°.
Non è facile comunicare queste convinzioni. Nel tempo che viviamo tutto è soggettivo, tutto è relativo, tutto è precario, anche i valori, gli ideali, l’impegno per raggiungerli. Tutto passa attraverso il nostro sentire. I valori sono veri se li sento tali nel mio vissuto, ma faccio fatica a crederli importanti a prescindere dal “mio sentire”, a capire che sono importanti anche oltre me. Questo passaggio richiede fiducia in chi li ha percorsi prima di me, richiede approfondimento, ricerca sincera.
È stato importante ritrovarsi a Padova per rafforzarci tutti insieme, giovani e adulti, in questo percorso. Ritrovare la convinzione di tanti che ci credono, risvegliare in noi stessi la volontà di ricominciare, di riprovarci! È stato importante come punto da cui ripartire, una piazza gremita per guardarci l’un l’altro negli occhi e ritrovare coraggio, volontà, determinazione. Ma poi le scelte diventano personali o di piccoli gruppi uniti che agiscono nel proprio territorio. Ci si raduna e subito dopo ci si disperde perché un giorno tutti insieme vale anni di lavoro personale. C’è bisogno dell’uno e dell’altro per formare persone e radicarci nei grandi ideali!
Il giorno dell’essere in tanti è passato, ora resta un anno, forse due o più, da vivere da soli, punti di pace come e più di prima. Nel frattempo gli Arsenali continueranno a restare aperti per tutti quei giovani che quest’estate e poi dopo verranno a cercare tracce vive degli ideali della Carta dei Giovani e insieme a noi vorranno mettersi alla ricerca di vie per renderli concreti e possibili da vivere”.
A cura della Redazione Nuovo Progetto – SERMIG
questo articolo è stato pubblicato su Andare alle Genti
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