
“Non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici”, ci dice Gesù nel Vangelo di S. Giovanni (15,13). È stato questo il motivo per cui molte persone generose, altruiste ed anche eroiche hanno offerto la propria vita per dimostrare il loro amore per gli altri, specialmente per i più poveri e indifesi.
Tra di loro vogliamo qui ricordare suor Dorothy Stang, la religiosa statunitense uccisa da alcuni sicari pagati dai latifondisti il 12 febbraio 2005 a 40 km da Anapu, nella regione occidentale dello stato del Parà (Brasile), per la sua ferma e appassionata difesa dei diritti dei lavoratori dei campi e per la sua denuncia dell’azione violenta dei fazendeiros (latifondisti).
Suor Dorothy, della congregazione di Nôtre Dame de Namur, era nata nel 1931 a Dayton in Ohio, e, dopo un periodo trascorso in patria come insegnante, era giunta come missionaria in Brasile. In seguito si era naturalizzata brasiliana ed era impegnata nella Commissione Pastorale della Terra.
All’inizio lavorava come avvocato per proteggere i piccoli proprietari terrieri che dovevano lottare contro i grandi magnati e gli industriali che promuovevano la deforestazione per interessi personali, ma anche per proteggerli da piccole bande criminali. Da una parte c’erano le popolazioni della foresta, che vivono tuttora perfettamente integrate nella natura da cui traggono giovamento e cibo; dall’altra gli industriali che vedono l’Amazzonia solo come una incommensurabile e infinita fonte di arricchimento.
Per suor Dorothy, invece, l’Amazzonia, intesa sia come popolo che come territorio, era la sua vita. La missionaria la conosceva bene, la girava di continuo per stare al fianco degli abitanti locali e dei lavoratori dei campi dell’immensa foresta sudamericana. Ella si batteva contro la deforestazione e questa in Amazzonia significa “campo per coltivare mais e soia per gli allevamenti intensivi”.

La religiosa riceveva spesso per questo suo impegno minacce di morte: industriali, grandi proprietari terrieri vedevano in lei la nemica più combattiva e temibile, perché nessuno come lei era in grado di capire i bisogni delle popolazioni dell’Amazzonia e di spiegare agli abitanti quello che la deforestazione e l’inquinamento dell’aria, del suolo e del sottosuolo avrebbero potuto comportare. Suor Dorothy era perfettamente cosciente di queste minacce e presentiva il suo martirio. La prima minaccia risale addirittura all’agosto del 1970, quando un commando di uomini armati fece irruzione nel centro parrocchiale di Coroatá minacciando la missionaria e le sue consorelle che qui riunivano la gente per educarla ai propri diritti. “So che vogliono ammazzarmi, – disse più tardi – ma io non me ne vado. Il mio posto è qui, con questa gente continuamente umiliata da quanti si ritengono potenti”. Precedentemente aveva scritto: “La nostra situazione qui peggiora di giorno in giorno: i ricchi moltiplicano i loro piani per sterminare i poveri, riducendoli alla fame. Ma Dio è buono con il suo popolo”. In una sua lettera si condensa l’eredità spirituale e sociale da lei lasciata in una terra violenta e devastata: “Abbiamo bisogno, ora più di prima, di solidarietà, di compassione, di spirito umanitario tra di noi, in modo da non abbandonare l’ideale nutrito all’inizio per il nostro popolo: il popolo del Regno di Dio qui sulla terra”. E il giorno della sua morte, mentre si recava ad un incontro organizzato per discutere i diritti della popolazione dell’Amazzonia, suor Dorothy disse al contadino che l’accompagnava: “Se oggi qualcosa di grave deve capitare, capiti a me e non agli altri che hanno una famiglia”. Parole che ricordano quelle pronunciate da San Massimiliano Kolbe quando ad Auschwitz si offrì vittima per salvare la vita di un padre di famiglia.
Durante una Messa celebrata nel decimo anniversario della morte della missionaria, il vescovo monsignor Erwin Kräutler, presidente del Consiglio Indigenista Missionario, durante l’omelia disse: “Quando è stato seppellito il corpo di suor Dorothy, abbiamo detto molte volte ‘Non la stiamo seppellendo, ma stiamo piantando un seme’. Suor Dorothy è un seme che porterà molto frutto”.
suor ANNAMARIA CERI MC
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