
Nella nostra società, che dà tutto per scontato, che fa fatica a ringraziare, perché spesso prevale il: “tutto mi è dovuto”; dove la gentilezza e la riconoscenza vengono viste come un segno di debolezza e a volte suscitano addirittura diffidenza, questa perla di saggezza africana, nella sua semplicità, sottolinea che solo intrecciando con arte gratitudine e memoria, si possono riportare alla luce volti e gesti che riscaldano il cuore e illuminano la vita.
Durante un incontro promosso dall’Associazione Monastero del Bene Comune, presso un antico Monastero Olivetano, a Sezano, circa 7 km da Verona, ancora una volta, ho incrociato Jean-Pierre Sourou Piessou. Conversando con lui sui valori dei popoli africani, mi disse che nel suo Paese, quando i figli iniziano a muovere i primi passi, la mamma insegna loro atteggiamenti che ritiene essenziali per vivere in comunione e in pace con tutti. Tra questi, ce ne sono alcuni che Jean-Pierre custodisce nella memoria e nel cuore e che cerca di vivere: il saluto rivolto alle persone che s’incontrano; il rispetto per gli anziani, che rappresentano la memoria storica del popolo; il ringraziamento non solo per i doni che si ricevono, ma anche per l’amicizia, la solidarietà, la comprensione…
Di questi atteggiamenti che, come al solito, Jean-Pierre narra arricchendoli con esempi, mi colpì il modo con cui nel suo Paese, si esprime il ringraziamento. Nella nostra società, infatti, basta dire: grazie! In Togo, invece, vengono usate tre parole: “grazie di ieri”, una breve frase che racchiude e sottolinea la memoria del bene ricevuto, la riconoscenza, l’apprezzamento e il rispetto.
Ma perché “grazie di ieri”?, chiesi a Jean-Pierre. «Questo insegnamento – me lo ripeteva la mamma ogni volta che visitavamo le famiglie del villaggio, o quando lungo il fiume, al mattino presto o al tramonto, incontrando dei conoscenti, questi mi regalavano qualche cosa. Solitamente, io non staccavo gli occhi dal dono ricevuto e allora mamma, con un piccolo tocco sulla spalla e fissandomi intensamente diceva: “wifuni kutsè titi”, cioé: “di’ grazie”. Io, con gli occhi bassi ripetevo: “kutsè!” e mia madre sorridendo mi sussurrava all’orecchio: “bene, bene”. Ma non finiva qui. Il mattino dopo, lungo il fiume incontrando coloro che mi avevano fatto il dono, il giorno prima, mia madre si inchinava leggermente, dicendo: “kutsè o’nan, kutsè o’nan titi…” che significa: “grazie, grazie molte di ieri”. Era il modo migliore per esprimere la riconoscenza, che non deve svanire, ma perdurare nel tempo». Incredibile e affascinante!
«Grazie di ieri – continua Jean-Pierre – può sembrare il ritornello orecchiabile di un canto della gente in festa per l’inizio della primavera, o per la fine della stagione delle piogge. Invece, nella mia Africa è un modo semplice e gioioso per non dimenticare coloro che hanno donato qualcosa, ai singoli, o alla comunità di appartenenza.

La parola “ieri”, strettamente legata al “grazie”, indica riconoscenza permanente verso un benefattore, o verso chi ci ha sostenuto nei momenti della fatica, e della sofferenza. “Ieri” è la parola più indicata per legare, in modo indelebile, la gratitudine alla memoria.
Grazie di ieri contiene un invito rivolto a ciascuno, perché custodisca, per sempre, nel mondo degli affetti più preziosi: il volto di chi ha donato, con gesti, parole o regali, uno sprazzo di felicità e di consolazione.»
Jean-Pierre ricorda, che un anno, durante le feste natalizie, aveva dieci anni, lui e la sua famiglia erano in lutto per la morte prematura, per un incidente stradale del fratello più piccolo, vennero a far visita, per confortare la famiglia, gli zii e le zie. Portarono dolci tipici del Togo, insieme a pecore, galli, galline… I parenti venivano da lontano, perciò i genitori di Jean-Pierre, grati per la loro visita, li invitarono a trascorrere la notte con loro e l’intera comunità. All’alba, al primo canto del gallo, secondo la tradizione africana, la madre insieme a tutti i membri della famiglia svegliarono i parenti, per ringraziarli, uno ad uno con le tre importanti parole: “kutsè o’nan, kutsè o’nan titi…” grazie di ieri. Questo e altri eventi, per Jean-Pierre e la gente del Togo non sono solo un ricordo, ma lezioni di vita e valori da conservare, perché profondamente convinti, che bisogna ringraziare sempre, per ogni cosa ricevuta, perché il bene compiuto non va perduto, solo se c’è un grazie e un ricordo che lo sorreggono, perciò: “grazie di ieri”.
suor Maria Luisa Casiraghi MC