
Maria, ragazza intelligente, si vide affidare una missione molto importante dalla madre: in gioco era la vita di suo fratello minore. Compì questa missione con coraggio e con tatto, mettendo in contatto sua madre, una donna ebrea, con una principessa egiziana. Così suo fratello venne salvato, con un beneficio per la famiglia e per il popolo di Dio. Il bambino, Mosè, divenne il mediatore dell’antico patto, il profeta che parlava faccia a faccia con Dio. Diventata adulta, Maria fu una donna notevole. La sua personalità si formò in seno alla sua famiglia dove la fede era una realtà quotidiana. I suoi genitori, armati di coraggio, d’amore e d’immaginazione s’opposero agli ordini di un tiranno e salvarono la vita al loro ultimogenito. Dalla famiglia di Amram uscirono tre grandi capi: Mosè, Aaronne e Maria, che hanno servito la nazione nello stesso periodo. Più tardi, attraverso Michea, Dio dichiarò: “Sono Io infatti che ti ho condotto fuori dal paese d’Egitto, ti ho liberato dalla casa di schiavitù, ho mandato davanti a te Mosè, Aaronne e Maria.” (Michea 6:4)
Quando Mosè condusse il suo popolo turbolente fuori dal paese d’Egitto, fu assistito da suo fratello Aaronne, il sommo sacerdote, e da sua sorella Maria, la profetessa. Più di una semplice sorella, fu una collaboratrice per Mosè ed assunse responsabilità di leader. Maria, nubile, venne chiamata da Dio a compiere un incarico straordinario. Ha avuto il privilegio di essere la prima donna profetessa.
In parole e in opere, proclamò la grandezza di Dio. La sua vita fu totalmente centrata sul suo amore per Dio e per il popolo. I suoi doni e la sua personalità furono troppo grandi per essere messi semplicemente al servizio della sua famiglia. Ci furono molte madri e molte mogli in Israele, ma una sola Maria. Dio le affidò una posizione elevata. Una nazione intera dipendeva anche da lei. L’incarico al quale si consacrò completamente le procurò grandi soddisfazioni. Aveva vissutoil passaggio del Mar Rosso. L’acqua che salvò il popolo di Dio vide l’annientamento dei suoi nemici. «Cantate al Signore, perché è sommamente glorioso, esclamò Mosè dopo l’avvenimento, ha precipitato in mare cavallo e cavaliere». Gli uomini cominciarono ad intonare gioiosamente questo canto al quale le donne unirono le loro voci. Da quel giorno, tutte le vittorie eccezionali d’Israele furono celebrate attraverso il canto, seguendo l’esempio di Maria. E’ lei che lanciò l’usanza. Energica e dal carattere giovanile, con il timpano in mano, riprese il canto di Mosè. Incoraggiò le donne a danzare in onore di Dio, cantando con gioia: “Cantate al Signore, perché è sommamente glorioso”.
Maria aveva un temperamento da leader e le donne la seguivano volentieri. Queste ultime non potevano prevedere che i loro canti sarebbero diventati una sorgente inesauribile di conforto per loro durante il lungo viaggio nel deserto. Il cammino è più facile e la strada meno faticosa quando si canta. Quante volte ci vuole la spinta e tener presente la fedeltà di Dio. Il viaggio fu interminabile a causa della disobbedienza del popolo. Ma ognuno riprese coraggio cantando: “ha precipitato in mare cavallo e cavaliere”.

Purtroppo la presunzione si insinuò in Maria. Il carattere forte divenne il suo punto debole. Le circostanze svelanola persona. L’avvenimento che avrebbe posto di manifesto quest’aspetto del carattere di Maria fu il secondo matrimonio di Mosè con una donna etiope. Tra l’altro i Cusiti non erano un popolo con cui fosse proibito sposarsi (Cfr. Esodo 34:11, 16).
E’ comprensibile che per Maria fosse stato difficile accettare la decisione di Mosè, uomo di Dio, di prendere in moglie una donna straniera. O forse Maria si è irritata semplicemente per la presenza di una nuova donna nella vita di Mosè… .Maria si sdegno grandemente nel veder suo fratello contrarre un’alleanza con una straniera, quando c’erano tante donne israelite disponibili. Vedeva forse la nuova moglie del fratello come una minaccia al suo ruolo femminile preminente nella conduzione d’Israele? La Scrittura ci lascia alcune domande senza risposta.
Mosè, il capo supremo e la guida degli Israeliti, era il fratello minore di Maria e lei fu contrariata dal suo comportamento. Maria s’inquietò per gli effetti che questa unione avrebbe avuto sul popolo, visto che in quel periodo della storia, la parentela aveva voce importante nella scelta del matrimonio. Da questo punto di vista, il suo malcontento potrebbe sembrare una reazione ragionevole e giusta da parte di una donna matura. Ma era ingannevole. Maria venne elevata da Dio, contemporaneamente ai suoi fratelli, al posto più alto mai occupato da una donna nel popolo, ma superò i limiti. Maria sopravvaluta la sua posizione e si considera uguale a Mosè scalzando la sua autorità. Pensò: E’ veramente Mosè il capo tra noi tre? Io e Aaronne non siamo forse suoi pari?
Questo atteggiamento di non accogienza dell’autorità stabilita è molto comune oggi, sia a livello sociale che nelle comunità religiose. Dio sceglie chi vuole e lo prepone alla comunità, lo nomina suo rappresentante, coordinatore/trice dei propri fratelli e sorelle e lo fa non per le virtù o le qualità umane di colore che sceglie ma per realizzare il suo piano di salvezza nei confronti di tutti.
A volte queste scelte non sono conformi ai desideri di coloro che sono sottoposti all’autorità delle persone scelte e da qui possono nascere diverse attitudini: o si accoglie la presone preposta con umiltà a senso di collaborazione o succede, come a Maria ed Aronne, che si critica e si crea il mal contento nella comunità. Infatti il movente di Maria non era l’interesse del popolo o quello di Mosè ma il considerare i loro ruoli come autorità definitiva. Aaronne, il più tranquillo dei tre, cedette al carattere dominante della sorella. Maria e Aaronne cercarono di soppiantare l’autorità di Mosè considerandola un’autorità semplicemente umana. Scalzando, in certo modo, il piano di Dio. Agendo così, misero in pericolo l’unità e l’avvenire della nazione, tentarono di opporsi alla rivelazione diretta di Dio e invece di pensare al benessere delle persone coinvolte, pensarono solo a loro stessi, e ciò fu loro fatale.

Maria e Aaronne andando contro un uomo scelto da Dio rifiutano il progetto di Dio stesso!
Convocati a comparire davanti alla sua giustizia e la sua autorità per rendere conto, non ebbero alcuna scusa. Mosè il mediatore nominato da Dio, rappresenta il Salvatore che doveva venire, CristoGesù. Il rifiuto di Mosè rappresenta rifiutare il Messia; ecco il perché della gravità della situazione.
Quando Dio si rivolse a loro, nella sua collera, Maria venne colpita dalla lebbra. Era la malattia più temuta perché colpisce la vita tutta riducendolo la persona allo stato di morto vivente. Ed ecco che Maria è colpita da Dio con la maledizione della lebbra.
La donna che durante il corso degli anni aveva trascinato la folla esortandola a cantare le lodi di Dio, si trova evitata da tutti e decade dal suo ruolo di leader. La sua voce, al posto di lodare Dio si trova a dover gridare: “Impura, impura” a chiunque la incontrasse. Avrebbe finito la sua vita deforme a causa della malattia e in solitudine.
Maria si rese conto, con dolore, della dimensione del suo peccato agli occhi di Dio e si dispose a subire il castigo per poter essere ancora abilitata agli occhi del popolo.
Aaronne è stato il primo a reagire e a dimostrare di accettare il castigo. Aaronne disse a Mosè: “Ti prego, mio signore”, con il termine “signore” al posto di quello di “fratello” Aronne riconosce la autorità di Mosè, non farci portare la pena di un peccato che abbiamo stoltamente commesso e di cui siamo colpevoli. Mosè, allora supplica Dio in favore della sorella.

Mosè si astiene da approvare il giudizio di Dio, e non accusa neppure i colpevoli, prega semplicemente il Signore, di liberare Maria dal suo male ed ottenne la sua liberazione, il tormento della sorella che doveva durare tutta la vita, fu ridotto a 7 giorni.
La condotta di Maria non fu solo un errore per se stessa, ma anche per il suo popolo. Il loro viaggio fu ritardato a causa del suo peccato. La nazione intera non poteva avanzare fino a quando Maria non fu ammessa. I 7 giorni di esilio furono sicuramente di grande riflessione. Si comprese, allora, che Dio nomina e dà autorità a coloro che Lui ha scelto. La Bibbia non riporta altri atti di ribellione da parte di Maria. Riporta solo il fatto che Maria morì prima dell’entrata del popolo nella terra promessa.
Maria si trovava in alto nella scala sociale, occupava una posizione eccezionale per una donna con l’impegno che Dio le aveva affidato. Per tanto tempo in quella posizione onorò Dio; diede esempio di una vocazione fuori dal comune. Chi si comporta così è al riparo dall’errore. Purtroppo, Maria lasciò nel corso degli anni sempre meno il controllo della sua vita nelle mani di Dio, fino a voler prenderla completamente in mano. Senza dubbio questo cambiamento avvenne in modo sottile che Maria non se ne rese conto. Un esame di coscienza onesto ed opportuno avrebbe potuto permetterle di non subire il giudizio di Dio e di non oltrepassare i limiti con un’opinione di sé troppo alta.
sr. Renata Conti MC