Il 13 ottobre di quest’anno si celebra il centenario dell’ultima apparizione della Madonna, la sesta, ai tre pastorelli di Fatima: Lucia dos Santos e i cuginetti Francesco e Giacinta Marto, tutti nati ad Aljustrel, minuscola frazione di Fatima. Come spesso accade, la Madonna scelse per le sue apparizioni un luogo povero e dimenticato, la Cova di Iria, una zona poco distante dal paese di Fatima, in Portogallo. I depositari dei suoi messaggi sono, anche questa volta, delle persone semplici, umili e illetterate.
La Vergine Maria apparve sei volte ai pastorelli, ogni 13 del mese, da maggio ad ottobre del 1917, (tranne che nel mese di agosto, perché i bambini vennero “imprigionati” dal Sindaco dal 13 al 15; la visione avvenne il 19) col rosario in mano e presentandosi come la Madonna del Rosario. Era un momento cruciale per l’Europa, devastata dalla prima guerra mondiale. Maria chiese ai pastorelli se volevano “offrirsi” a Dio per la pace del mondo e per impetrare la conversione dei peccatori, che tanto “offendono il Cuore di Gesù e il mio stesso cuore”. I pastorelli risposero senza esitare: “Lo vogliamo”. Nelle sue apparizioni Maria apriva sempre le sue mani e riversava sui pastorelli una luce intensissima, la luce stessa di Dio.
Durante l’apparizione solo Lucia aveva conversato con la “Signora”, Giacinta aveva sì udito le parole, ma non aveva parlato; Francesco non aveva neppure udito quello che la “Signora” diceva. “Da dove venite?”, le aveva chiesto Lucia. “Il mio Paese è il Cielo”, aveva risposto la bella “Signora”, chiedendo loro di tornare in quel posto sei volte di seguito.
Francesco aveva allora 9 anni; in molte delle situazioni delle apparizioni a lui toccò l’ultimo posto, ma mai si lamentò di questo, riconoscendo con semplicità la cosa come normale. Di poche parole, il pastorello ebbe nondimeno un grande influsso sull’atteggiamento delle due compagne, che lo vedevano serio e riflessivo in tutto, sempre pronto a scegliere le mansioni più umili.
Il suo carattere riservato gli faceva preferire di pregare da solo: spesso lasciava con una scusa le amiche e si ritirava in qualche luogo solitario, oppure in chiesa, vicino a “Gesù nascosto”, ove rimaneva ore ed ore a “pensare”, come lui stesso si esprimeva per indicare la preghiera. Ma a che cosa pensava il pastorello? “Io penso – diceva – a consolare Nostro Signore, che è afflitto a causa di tanti peccati”. Questa ansia di riparazione che si innestava su una natura così ben disposta alla compassione e al sacrificio, diverrà l’anima della vita spirituale di Francesco.
All’inizio del 1918 Francesco cadde gravemente ammalato, colpito dall’influenza detta “spagnola”. Verso i primi di aprile la sua salute peggiorò: volle confessarsi e ricevere la comunione. Lucia gli disse: “Francesco, questa notte tu andrai in paradiso; non dimenticarci”. “Non vi dimenticherò”, rispose egli debolmente.
Il giorno seguente lo passò pregando e chiedendo perdono a tutti. In tarda serata, improvvisamente disse alla mamma che lo assisteva: “Mamma, guarda che bella luce là, vicino alla porta…”. Poco dopo il piccolo pastorello di Aljustrel andò a contemplare in cielo quel “Gesù nascosto”, che aveva tanto amato in terra.
Giacinta, di appena 7 anni, era la più vivace dei tre bambini. Quando vide per la prima volta la S.Vergine, battendo le mani, esclamò, come fuori di sé: “Che bella Signora! Che bella Signora!”
L’apparizione del mese di luglio fu certamente quella che più si impresse nell’animo di Giacinta. Le parole della Madonna, che chiedeva sacrifici per i peccatori, e la visione dell’inferno nel quale essi cadono, polarizzarono tutti i suoi sentimenti e le sue aspirazioni. La bambina spensierata, giocherellona ed anche un po’ scontrosa, divenne da quel giorno riflessiva ed impegnata. Dopo le apparizioni, ella recitava il rosario lentamente, con grande attenzione, riuscendo ad ottenere, con il suo bel garbo, che tutte le sere fosse recitato anche in casa sua. Oltre alla preghiera, Giacinta si diede con grande impegno alla mortificazione, seguendo l’invito della Madonna. Ogni occasione era buona per fare sacrifici, come l’offerta della propria merenda ed anche del proprio pasto ad alcuni bambini poveri.
La visione dell’inferno l’aveva spaventata moltissimo: non per sé, che sapeva sarebbe andata in Paradiso perché la Madonna lo aveva promesso, ma per i peccatori. A volte esclamava: “Perché la Madonna non mostra l’inferno ai peccatori?… Se essi lo vedessero non farebbero più peccati e non vi cadrebbero”.
Già durante la malattia di Francesco, Giacinta era stata colpita dalla febbre spagnola. Ella tuttavia non fece pesare la propria infermità sui suoi cari, cercando di far convergere le loro attenzioni sul fratellino più grande di lei. Un giorno la pastorella disse a Lucia che la Madonna era venuta a visitarla nella sua stanzetta: “Ella mi ha detto che andrò a Lisbona, in un altro ospedale, che non rivedrò più né te, né i miei genitori e che, dopo aver sofferto molto, morirò da sola. Mi ha detto anche di non aver paura, perché ella stessa verrà a prendermi per il Cielo”. Giacinta, infatti, spirò a Lisbona il 20 febbraio del 1920.
Dopo quest’anno, dei tre pastorelli che avevano visto la Madonna, solo Lucia era rimasta su questa terra. A lei la Madonna, apparendole ancora una volta nel 1925, affidò il compito di diffondere nel mondo la devozione al suo Cuore Immacolato. Questa visione fu decisiva per il suo avvenire. Nel 1925 entrò fra le suore di Santa Dorotea e nel 1948 passò tra le Carmelitane Scalze di Coimbra, assumendo il nome di suor Maria del Cuore Immacolato, in omaggio alla missione a cui si sentiva chiamata. Lucia morì a Coimbra in tarda età, a 98 anni, nel 2005.
Come sappiamo, Francesco e Giacinta sono stati dichiarati santi, i primi bambini non martiri a salire sugli altari, il 13 maggio scorso. Anche per Lucia è stato avviato il processo di canonizzazione, la cui fase diocesana si è chiusa a Coimbra nel febbraio scorso.
di suor ANNAMARIA CERI
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