Si può amare solo quando si conosce chi è l’ altro, l’altra

si può amare quando si conosce chi è l’altro

Si può amare solo quando si conosce chi è l’ altro…[1]

Si arriva a questa genuinità d’ amore attraverso il cuore; in altre parole, si arriva ad una conoscenza dell’ altro/a nel senso biblico, ad una intimità e ad una unione profonda, rivelatrici;  nessuno puo’ essere conosciuto così dai suoi ruoli, non importa quanti e quanto importanti essi siano.

Nella sua vita, il Beato Giuseppe Allamano ha rivestito molti ruoli, ma lo conosceremo veramente se riusciremo a carpirne il cuore, e questo è fondamentale per poter iniziare un vero dialogo con lui che ci apra alla possibilità di capire, o meglio intuire, come agirebbe lui, nel ventunesimo secolo.

E’ nel suo rapporto con le persone ed è nel suo epistolario informale – lettere scritte e lettere ricevute – dove si rivela il suo cuore intenso, vorrei dire tenero; è qui che mostra l’ anima e chi  “legge può entrare in una comunione più facile, più vera, più viva.” [2]

Stralciamo qualche esempio:

Alla cognata Benedettina Turco Allamano rimasta vedova, con una bimba di due anni, per la morte – causata da polmonite acuta – dello sposo Ottavio, fratello più giovane del Beato:

“… Iddio, che si chiama Padre degli Orfani e Protettore delle vedove, ti ha ricevuto sotto la sua speciale assistenza e non mancherà di lenire i tuoi dolori con l’ abbondanza delle sue consolazioni. Io per me non voglio cercare altrove conforto che nel Cuore addolorato di Gesù e di Maria. Quivi solamente trovo quella pace che invano si spera di ottenere dagli uomini: questi possono dire belle parole, anche mescolare le loro alle nostre lacrime, ma solo Gesù sa mettere il dito sulla piaga che ci tormenta ed Egli solo ha il rimedio salutare che ci guarisce. Nel cuore dolcissimo di Gesù v’ e’ la spiegazione della catastrofe che ci colpì e che ad ogni tratto pare  un’ illusione; ma che pure è una realtà… Cara cognata, fatti coraggio in Dio, di cui puoi dire ora che sei tutta cosa sua, e ricordati del tuo aff.mo cognato…” [3]

“Carissima cognata, la triste notizia della malattia della bambina mi recò vivissimo dolore. Come si aggrava la mano di Dio su di noi, e mentre già ci pareva essere al colmo delle pene, un’ altra ben grande vi si aggiunse….” [4]

E’ nel suo rapporto con le persone ed è nel suo epistolario informale – lettere scritte e lettere ricevute – dove si rivela il suo cuore intenso, vorrei dire tenero

A don Innocenzo Pietro Cantarella – amico fin dal Seminario.

“…la tua lettera mi fu una delle più soavi consolazioni ne’ passati dolori;…il mio dolore, o caro, fu grande, più di quello che mi sarei creduto. Lasciar un fratello minore che mi considerava qual suo padre, suo consigliere anche nelle cose più delicate di coscienza,…che mi volle durante la breve malattia continuamente ai suoi fianchi, non potendo soffrire che mi fossi dilungato per brevi istanti, mentre degli altri, tranne che della giovane moglie, non si curava più che tanto,… pensa se non ferisse il mio cuore… anche Gesù pianse su Lazzaro morto…” [5]

Lettera ricevuta da Padre Mario Botta, IMC, da Addis Abeba, Ethiopia:

“ Le confesso che ho mai sentito di amarla tanto come ora, perchè mi ha aperto la via a lungo desiderata, che mi dà l’ occasione di offrire a Gesù veri fascetti di mirra che pure lasciano nel fondo dell’ anima una dolcezza ineffabile….Non posso che esternarle il mio cuore e dirle che voglio essere fedele fino alla morte…”. [6]

Lettere a Fratel Benedetto Falda, IMC:

“Carissimo Benedetto, dalle tue lettere rilevo che non perdi l’ allegria anche a dispetto delle malattie. Bravo, continua in questo spirito…Io spero che sarai ora guarito, e procurerai di esserlo usando i rimedi necessari…” [7]

“Sempre carissimo Benedetto, le tue lettere, un po’ scarse, mi sono carissime, specialmente       l’ ultima, con la quale mi parve di trovarci insieme nella mia camera il giorno che ti presentasti a me per la prima volta. Credimi che nei tuoi scritti si vede tutto il tuo cuore, e mi piacciono grandemente. So che di salute stai meglio, ma io voglio che guarisca perfettamente… procura di non stancarti troppo nel lavoro, non affanandoti, e avendo pazienza quando, ed e’ sovente, tutto non va a tuo gusto…” [8]

Sempre carissimo Benedetto, le tue lettere, un po’ scarse, mi sono carissime, specialmente       l’ ultima, con la quale mi parve di trovarci insieme nella mia camera il giorno che ti presentasti a me per la prima volta.

Ad Agnese Battaglia, MC:

Mia buona Agnese, hai ben ragione di dire di cuore il Deo Gratias: ed io mi unii teco a ringraziare il Signore che aprì gli occhi al padre e al fratello. D’ ora in poi non parliamone più, e tu non avere più di ciò alcuna pena…. Coraggio,  mia buona Agnese, io ti benedico… aff.mo in Gesù Cristo..” [9]

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A Suor Margerita Demaria, MC

Cara Suor Margherita, ti ringrazio della tua lunga lettera e delle notizie, sebbene dolorose, che mi dai. Continua a scrivermi il bene e il male senza timore di farmi pena. Scrivi alla presenza di Dio non sotto l’ impressione del dolore: io saprò valutare le cose…. “ [10]

Gli esempi si potrebbero citare a centinaia, ma questi siano sufficienti a farci desiderare di scoprire il cuore di questo fratello, amico, padre spirituale, sacerdote di Dio. Affinare il proprio cuore per poter penetrare un po’ nel suo può richiedere una vita, ma lui ci direbbe, “importante è incominciare”; non credere  di conoscerlo per sentito dire o per qualche lettura saltuaria. Arriveremo piano piano a intuire come egli agirebbe oggi in un mondo così diametralmente opposto al suo… ne vedremo allora i veri valori e non saremo tentate di copiare le sue azioni o di usare le sue parole, che in una realtà diversa possono anche storpiare il vero senso che lui ha voluto trasmetterci.

Scrive Teilhard de Chardin: “Esiste ai nostri giorni un movimento religioso naturale potentissimo. Cristiani, preti, missionari pensiamo mai che per influenzarlo, per renderlo sovrannaturale (ed in questo consiste propriamente la conversione della Terra), bisogna assolutamente che noi partecipiamo al suo slancio, alle sue inquietudini, alle sue speranze? Fino a quando noi sembreremo voler imporre dall’ esterno ai moderni una Divinità precostituita, anche se fossimo immersi tra la folla, noi predicheremmo irrimediabilmente nel deserto….dobbiamo cercare con loro il Dio…che è ancora tra noi come se noi non lo conoscessimo…” [11]

. Ecco il cuore a cuore necessario, evidenziato dalla vita del Beato Allamano.

Penso che quest’ uomo di Dio (il Beato Giuseppe Allamano) si troverebbe in perfetta armonia con Papa Francesco,  quando afferma: “… l’ evangelizzazione opera nei limiti del linguaggio e delle circostanze. Costantemente cerca di comunicare con piu’ efficiacia la verita’ del Vangelo in ogni contesto specifico, senza rinunciare alla verità, alla bontà e alla luce che puo’ portare quando la perfezione non è possibile. Un cuore missionario è molto cosciente di questi imiti e si fa‘ “debole con i deboli… tutto a tutti” (1 Cor. 9:22). Non si chiude mai; mai si ritira nelle sue sicurezze, mai sceglie rigidezza o si mette sulle difese. E’ cosciente che deve crescere nel proprio approfondimento del Vangelo e nel discernere le vie dello Spirito e percio’ sempre opera il bene che puo’, anche se, nel corso di questo processo, si sporca le scarpe con il fango della strada.” [12]

entrare nel cuore dell’Allamano è per noi di capitale importanza

Entrare nel cuore del Beato Allamano è per noi di capitale importanza; non possiamo ignorare che “…le parole che nascono dalla mente sono un muro, quelle che nascono dal cuore sono un ponte.”  [13]

Suor Cecilia Clara Zamboni, mc

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