
Il Gesù che sale al cielo, lasciando apparentemente soli i suoi discepoli, affida a loro la prosecuzione della sua opera. Gesù non sarà più fisicamente presente nella storia, ma a rappresentarlo, a farlo conoscere, a farlo incontrare, sarà la Chiesa, il “corpo di Cristo” (1 Cor 12,28; Ef 4,11). Uno dei libri del Nuovo Testamento ne narra i primi passi, facendo notare come si allarghi a comprendere tutti coloro che fino ad allora erano stati esclusi dalla comunità dei credenti: i samaritani (At 8,5-8), gli eunuchi (At 8,26-39), i pagani tutti (At 15, a partire da un centurione romano: At 10!).
Luca, l’autore di quegli Atti degli Apostoli che narrano le vicende della prima chiesa, racconta nei particolari soprattutto un filone ecclesiale, quello che vede come protagonista Paolo di Tarso, ma, quasi a dare il tono preciso di come leggere le sue storie, o ad aiutare qualche lettore un po’ pigro, riassume le informazioni fondamentali in quattro riepiloghi, o riassunti.

I sommari degli Atti
Questi quattro riepiloghi sono detti dagli studiosi “sommari”. In realtà, però, non sono semplicemente delle sintesi di quello che è stato detto. Di fatto si tratta di modelli ideali, non di come la Chiesa era ma di come avrebbe dovuto essere. Che non si tratti semplicemente di riassunti della realtà è dimostrato ad esempio da ciò che Luca narra dopo il terzo di questi sommari. Dopo aver detto che tutti mettevano in comune quello che avevano, narra che un levita di Cipro di nome Barnaba vendette un campo e ne depose il ricavato ai piedi degli apostoli. Ma se lo facevano tutti, che bisogno c’è di dire che lo fa anche Barnaba? La spiegazione più semplice è che in realtà non erano tutti a farlo, anche se secondo Luca avrebbero dovuto farlo.
Da una parte, quindi, i sommari degli Atti potrebbero sembrarci un po’ scorretti, perché ci presentano come realtà vera quello che è il sogno dell’autore. Dall’altra però così Luca può presentarci il mondo della Chiesa come dovrebbe essere; in più, ci fa vedere che le cose iniziano già ad essere come sarebbe l’ideale che fossero. Non saranno stati tutti a mettere in comune i beni, ma qualcuno aveva già iniziato a farlo…
Proprio perché sono un quadro ideale, poi, i sommari, presi insieme, ci mostrano che cosa, secondo Luca, dovrebbero essere i cristiani. Dovrebbero essere quelli che celebrano benissimo la liturgia? che sono impeccabili nella morale? che sanno a memoria la Bibbia? O altro ancora?

Una prima panoramica
Iniziamo intanto a vedere dove troviamo questi sommari.
Il primo è posto subito dopo l’ascensione di Gesù al cielo, nel primo capitolo degli Atti: vi si dice solo che i discepoli continuavano a riunirsi là dove erano abituati ad incontrarsi, nel cenacolo a Gerusalemme, e si offre il loro elenco (At 1,12-13: per alcuni questo non è un sommario, ma di fatto sembra proprio essere un primo riepilogo, anche se più essenziale).
Il secondo viene subito dopo la notizia delle prime conversioni, ed essendo il più lungo ed importante ci dedicheremo al suo ascolto con più calma tra poco (At 2,42-48).
Quindi, dopo averci presentato la prima persecuzione contro gli apostoli, per ora senza conseguenze gravi, Luca ci dice che tutti i credenti erano in piena sintonia nei sentimenti e nella vita, e condividevano anche i beni, pensando che niente fosse di proprietà privata (è il sommario che introduce Barnaba, il levita di Cipro che vende un campo mettendone a disposizione i soldi ricavati: At 4,32-35).
Infine troviamo la comunità che cresce perché molti si convertono, mentre i discepoli guariscono molti malati (At 5,12-16).
Insomma, troviamo che si parli molto della condivisione e vita comune dei primi cristiani, ma a partire da questi sommari non avremmo ancora capito se e come pregavano, come si comportavano, che cosa facevano. L’unica cosa chiara è che stanno insieme e si dedicano a guarire le persone inferme.

Una comunità
Atti 2,42-48Possiamo allora tornare al sommario più ampio e più importante, che a prima vista sembra essere anche un po’ ripetitivo, perché alcune cose sono dette più volte. Prima di accusare Luca di distrazione, dobbiamo fare notare che è esattamente ciò che fanno i maestri o i genitori, che ripetono molte volte ciò che ritengono più importante, un po’ per essere sicuri che chi li ascolta non se ne dimentichi, e un po’ in quanto lo considerano fondamentale, e quindi torna loro in mente più spesso…
Ebbene, Luca ci dice che i fratelli ascoltavano con attenzione gli apostoli, “spezzavano il pane” e pregavano (2,42). È la prima volta che si parla della “frazione del pane”, che era quella preghiera che noi chiamiamo “messa” (anche se era ancora molto diversa dalla nostra…). Ascolto degli apostoli, frazione del pane e preghiere ricordano esattamente la nostra messa, con la Parola di Dio, l’eucaristia e le invocazioni.
Ma non si limitano a celebrare la messa, che peraltro viene citata per la prima volta. Si dice infatti che gli apostoli facevano prodigi e segni (2,43). Si aggiunge che tutti i credenti tenevano tutto in comune (2,44-45), per poi tornare a dire che pregavano e spezzavano il pane (2,46), godendo della simpatia di tutti (2,47), tanto è vero che il loro numero cresceva sempre di più (2,48).
Insomma, si direbbe che all’inizio e alla fine della presentazione occorra ricordare l’eucaristia, ma che per il resto (come frutto?) si debba insistere soprattutto sulla vita insieme e sulla condivisione.

Tiriamo le somme
Se di eucaristia negli altri sommari non si parlava, abbiamo già incontrato spesso l’insistenza sulla vita in comune.
Certo, nel sommario più importante a essere fondamentale sembra davvero l’eucaristia, ma senza dimenticare la comunità, che anzi è molto sottolineata.
La comunità ideale di Luca, quella che resta modello per la chiesa di tutti i tempi e luoghi, è insomma una chiesa che “usa” la messa per nutrirsi e imparare a vivere quello che resta però il cuore della sua esistenza, ossia la vita comunitaria, il servizio agli altri, soprattutto se bisognosi e malati, nella condivisione di ciò che si ha a disposizione.
Se volessimo seguire l’esempio e le indicazioni di Luca si direbbe che il Dio di Gesù sarebbe disposto a chiudere un occhio di fronte alle nostre preghiere imperfette, magari fatte con un occhio mezzo chiuso, e forse addirittura anche di fronte a un comportamento non sempre secondo le regole (che in questi sommari non vengono mai citate), ma non tollererebbe l’egoismo di chi non si accorge del fratello e anzi non gli va incontro per mettere in comune tutto ciò di cui l’altro potrebbe aver bisogno.
Angelo Fracchia, biblista