Pecora o agnello?

Incontro faccia a faccia con il Signore

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Padre Emilio spiega la nostra relazione con Dio mettendo come esempio la capra, che non obbedisce, e la pecora, che invece è docile al pastore, e come dovremmo essere come pecore, e non come capre.

La guida nell’Altipiano, a parte discese e salite, curve e controcurve, è molto tranquilla: quasi non c’è traffico, meno che nell’ora di punta: dalle 14 alle 17 è facile trovare greggi che attraversano la strada: è il tempo del loro viaggio pendolare, dal pascolo al fiume per abbeverarsi, e poi nel recinto fino all’indomani.

Le pecore sono un po’ tonte, uno lo impara con l’esperienza: se passa una macchina, non sanno scansarla, ma sapendolo, basta avere un occhio di riguardo e aspettare che siano lontane dalla macchina per evitare incedenti. Mi è successo un pomeriggio, mentre marciavo sulla nostra unica strada asfaltata, che una pecora stava attraversando: rallento per darle il tempo di lasciarla passare, poi continuo, senonché la bestiola decide di ritornare indietro e… già non avevo il tempo di frenare, e la povera soccombe alle lamiere della jeep. Mi ha dato tanta pena uccidere un animale, sapendo anche che è fonte di vita per la famiglia che la possiede. Fatto sta che proprio in quei giorni il Vangelo domenicale presentava il Buon Pastore, e Padre Emilio spiega la nostra relazione con Dio mettendo come esempio la capra, che non obbedisce, e la pecora, che invece è docile al pastore, e come dovremmo essere come pecore, e non come capre (esempi ben conosciuti a un’assemblea di contadini e pastori).

La capra – penso io come autista – è molto più intelligente della pecora: scansa gli ostacoli, sarà più inquieta, ma almeno non dà problemi… E allora inizio la mia ennesima lotta con Dio: “Ah si? Ci vuoi pecore? Significa che ci vuoi persone tonte, facili da maneggiare???” Per un po’ di giorni continuo la mia litigata con Dio, poi tutto si placa, ma mi accorgo che qualcosa è cambiato: è diminuita la mia fiducia in Lui. Ovvio, ci vuole pecore sceme… che Dio è?

Passano i mesi, e mi ritrovo in un tempo prolungato di preghiera, in preparazione ai voti perpetui. Lì, nel silenzio, il Signore mi presenta il suo vero volto: il volto di un agnello. UN AGNELLO!!! Solo chi fa esperienza quotidiana di un gregge, può capire di cosa si tratta: l’agnello, il piccolo della pecora, è un essere fragile. E’ bello da vedere, ma piccolo e indifeso. Gli uccelli rapaci o le volpi possono cacciarlo facilmente. I primi giorni di vita le sue gambe esili lo reggono a malapena in piedi, e la mamma lo aiuta spingendolo con il muso.

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UN AGNELLO!!! Solo chi fa esperienza quotidiana di un gregge, può capire di cosa si tratta: l’agnello, il piccolo della pecora, è un essere fragile. E’ bello da vedere, ma piccolo e indifeso.

Il Signore, con il quale litigo per essere considerata un po’ più di una pecora, Lui è una pecora, o meglio, molto meno di una pecora: un piccolo fragile, umile. E’ così a Betlemme: il Dio che si fa piccolo, bisognoso di cure. E’ così a Gerusalemme: un uomo inchiodato a una croce. Il nostro Dio, è un Dio umile.

Le lacrime bagnano i miei occhi: Dio si rivela più in basso di me. Non lassù nel cielo, avvolto di gloria e potenza, ma sotto di me. Allora le ginocchia si piegano, e io mi prostro. Non mi abbasso davanti a un Dio che sta sopra e potrebbe pestarmi con un suo piede, ma mi inginocchio per trovare là, sotto le mie ginocchia, il Dio umile, il vero Dio.

E’ la prima volta che sento il desiderio di inginocchiarmi. Ho sempre opposto resistenza, forse proprio perché ero in ribellione davanti ad un’immagine di Dio potente e oppressore. Invece ora ne sento il bisogno: le difese sono abbassate, chi può avere paura di un agnello? Ho bisogno di inginocchiarmi davanti a un Dio che non forza nulla nella relazione, che cede sempre, perché l’amore sempre cede. Mi inginocchio perché Dio è piccolo, così come si fa con un bambino, per poter guardarlo negli occhi alla stessa altezza.

Mi inginocchio perché non ho più niente da difendere, né una  trincea da scavare, solo un Dio da incontrare. Nell’umiltà.

Stefania Raspo

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