UN DIALOGO CONTAGIOSO

PROMUOVERE L’INCONTRO E IL DIALOGO TRA RELIGIONI E CULTURE

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“Percorrere la via del dialogo ha richiesto alla Chiesa di rinunciare al tradizionale senso di superiorità e di esclusione.”

È merito del Concilio Vaticano II aver promosso un atteggiamento positivo nei confronti di tutte le religioni e culture, a partire dal riconoscimento dei rispettivi valori. Esistono infatti, in tutte le tradizioni religiose elementi di verità e di giustizia. Grazie a questa nuova visione, la Chiesa post-conciliare ha visto crescere costantemente la cultura del dialogo ecumenico e interreligioso. Basti ricordare l’incontro di Assisi del 27 ottobre 1986, quando Giovanni Paolo II ha invitato i rappresentanti delle grandi religioni mondiali per una comune preghiera per la pace.

Ma oltre a questo avvenimento – che rimane ancora oggi un’icona del futuro – bisognerebbe ricordare i numerosi incontri, le visite, gli abbracci, le richieste di perdono e i momenti di preghiera che hanno visto come protagonisti e testimoni del dialogo i vari Pontefici degli ultimi decenni – da Giovanni XXIII a Papa Francesco. Abbiamo ancora nel nostro sguardo le immagini delle storiche visite ora ad una Sinagoga, ora ad una Moschea, ora ad un Tempio valdese a dimostrazione della volontà di ascolto, di apertura e di incontro che ha caratterizzato la Chiesa cattolica nel nostro tempo.

Tuttavia percorrere la via del dialogo ha richiesto alla Chiesa di rinunciare al tradizionale senso di superiorità e di esclusione, dal momento che simile pretesa avrebbe condotto ad assumere un atteggiamento di intolleranza, rendendo il dialogo con gli altri impossibile a priori.

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“Alcuni sociologi della religione ritengono che siamo dinanzi ad un pluralismo “interattivo”, poiché esistono esempi di contagio, di scambio e di reciprocità tra queste diverse religioni”

Se diamo uno sguardo rapido al continente europeo ci rendiamo subito conto dell’attuale situazione di pluralismo religioso. Dei 550 milioni di credenti europei che vengono classificati come cristiani, 270 milioni sono cattolici, 170 milioni sono ortodossi, 80 milioni sono protestanti, 30 milioni sono anglicani, ma oltre ai cristiani troviamo la presenza di 32 milioni di musulmani (esclusi i più di 60 milioni della Turchia), 4 milioni di buddisti, induisti, sikh e 3 milioni e mezzo di ebrei.

Alcuni sociologi della religione ritengono che siamo dinanzi ad un pluralismo “interattivo”, poiché esistono esempi di contagio, di scambio e di reciprocità tra queste diverse religioni, ma alcune volte tale pluralismo si trasforma in forme di conflittualità preoccupanti e pericolose. Soprattutto nei confronti dell’Islam si sono moltiplicati gli episodi di intolleranza e di discriminazione. In alcuni Paesi come ad esempio la Svizzera, si è tenuto un referendum contro la costruzione di nuovi minareti, mentre in altri si è cercato in tutti i modi di ostacolare la presenza dei musulmani e le tradizioni culturali islamiche.

La causa principale di questo crescente pregiudizio anti-islamico è da ricondurre certamente alla presenza inquietante dell’ISIS, cioè dello stato islamico, che è stato creato tra la Siria e l’Iraq, nonché ai sanguinosi atti di terrorismo di cui si è reso colpevole.

La Chiesa cattolica è dunque chiamata a svolgere nei confronti del mondo islamico un importante ruolo di graduale apertura e di forte stimolo verso il valore della laicità, e il processo di consapevole secolarizzazione, poiché non si può vivere nel tempo della modernità senza operare la distinzione tra religione e politica, “dando a Dio quel che è di Dio, e a Cesare quel che è di Cesare”. La questione della laicità all’interno dell’Islam appare davvero essenziale se si pensa che ad essa sono direttamente collegati i temi scottanti della cosiddetta “guerra santa” (Jihad), e della legge coranica (sharia).

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“Oggi la Chiesa ha una ragione di più per promuovere la cultura dell’incontro e del dialogo tra le religioni: quella forma di “cristiano-fobia” che si sta diffondendo in tante parti del mondo”

Vogliamo però osservare che oggi la Chiesa ha una ragione di più per promuovere la cultura dell’incontro e del dialogo tra le religioni: quella forma di “cristiano-fobia” che si sta diffondendo in tante parti del mondo (Iraq, Siria, Egitto, Somalia, Eritrea, India, Pakistan, Sudan, Nigeria, Filippine…) contro i credenti di religione cristiana, non diversamente dall’antisemitismo e dall’islamofobia. Ci sono infatti tanti cristiani che subiscono forme di persecuzione, restando spesso in silenzio e testimoniando la loro sofferenza fino a dare talora la propria vita in nome del Vangelo. Il giubileo della misericordia acquista dunque un significato ancora più profondo ed universale.

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“Uno dei modi più concreti ed efficaci per promuovere l’incontro ed il dialogo tra culture e religioni è l’affermazione in tutti i Paesi del diritto di “libertà religiosa”, il primo di tutti i diritti”

Uno dei modi più concreti ed efficaci per promuovere l’incontro ed il dialogo tra culture e religioni è l’affermazione in tutti i Paesi del diritto di “libertà religiosa”, il primo di tutti i diritti, ed insieme ad esso il riconoscimento dei simboli religiosi nella vita pubblica (le feste, i luoghi di culto, le tradizioni…).

Diversamente dal multiculturalismo (che tende a dividere e a separare), dall’assimilazionismo (che tende ad annettere ed incorporare) e dal comunitarismo (che mira a contrapporre gli uni con gli altri), il modello dell’interculturalità – che la Chiesa cattolica considera il più corretto – si fonda sulla fiducia nella possibilità di un confronto positivo e sulla volontà di attivare un’autentica interazione per la convivenza.

Per attuare il modello interculturale nel nostro tempo si richiede a ciascuna cultura e religione di avere la coscienza del limite e assumere un atteggiamento di apertura positiva.

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“L’interculturalità si fonda sulla fiducia nella possibilità di un confronto positivo e sulla volontà di attivare un’autentica interazione per la convivenza.”

L’armonia che si raggiunge deve diventare il segno di una convivenza dinamica e pluralista, che va continuamente sviluppata secondo una logica di rispetto e di fecondazione reciproca.

Una forma ulteriore, ma non certo secondaria, per promuovere il dialogo tra culture e religioni è quella che attribuisce non solo alle idee, ma soprattutto al fare, all’azione, alle opere il valore di costruire insieme a tutti gli uomini di buona volontà una società più giusta, dove venga rispettata la dignità di ogni persona. Questa forma di promozione umana è diventata sempre più centrale per favorire l’incontro, l’accoglienza e la condivisione. Su questa via del dialogo basato sulle opere, tutti i credenti, e perfino quelli che non credono, sono chiamati a collaborare dando il loro apporto specifico e originale per il bene comune.

ANTONIO NANNI

Questo articolo è stato pubblicato nella rivista ANDARE ALLE GENTI 5-6 maggio – giugno 2016

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