La presenza delle Missionarie della Consolata in Somalia risale ai tempi del Fondatore, San Giuseppe Allamano. Nel 1924, salutando il primo gruppo di sorelle in partenza per la nuova missione, disse loro:
‘Partite, andate, sarà un campo duro, arido… Non importa, lavorate, seminate, non aspettate frutti per cinquant’anni, poi il seme frutterà.’ Alla nostra richiesta di un quadro della Consolata, risponde: Partite tranquille che la Madonna verrà, verrà (cfr. Cenni storici dell’Istituto).
Erano Suor Angelica Aschieri, Suor Silvia Coriasco, Suor Flavia Boeri, Suor Battistina Alessio. Nel marzo 1925 le raggiungevano provenienti dal Kenya altre quattro suore: Suor Maria degli Angeli – che sarà la prima superiora – Suor Costanza Golzio, Suor Raffaella Gerbore e Suor Adele Cullino.
Fedeli allo stile di evangelizzazione implementato in Kenya e approvato dal Fondatore, l’annuncio era preparato e preceduto dalla promozione umana.
Al termine del primo anno di attività, il bollettino ‘La Consolata’ del gennaio 1926 diede una relazione sul lavoro della missione in Somalia:
«Oltre 500 alunni sono iscritti alle scuole: quattro classi elementari, tre preparatorie ed una speciale per i più piccoli. Le lezioni sono al mattino, al pomeriggio e alla sera».
Le Missionarie si dedicarono inoltre all’assistenza nel brefotrofio di bambini abbandonati o in situazioni vulnerabili. Alla fine dell’anno i piccoli ospiti erano già una quarantina. Si diede inizio, anche, a un ospizio per i poveri: ciechi, zoppi, anziani abbandonati e qualche mamma sola, con numerosa prole.
All’Ospedale De Martino si diede un nuovo assetto, sia nei suoi vari reparti sia nelle sale operatorie. I degenti, somali e arabi, e in particolare le donne, si aprono fiduciosi all’assistenza infermieristica delle Missionarie, «le donne di Dio», come le chiamavano.
Al Villaggio Duca degli Abruzzi l’azione dei Missionari fu duplice: assistenza religiosa e sanitaria al personale italiano, assistenza sanitaria e insegnamento scolastico ai lavoratori indigeni e ai membri delle loro famiglie che nell’azienda contavano più di 500, sistemati in diversi villaggi.
Lo stile di missione
La missione in Somalia, in contesto totalmente musulmano, fu caratterizzato dalla testimonianza della carità e il servizio umile verso i più poveri della società.
Le missionarie in Somalia si muovono in uno stile di vita che si modella a quello del “Grande Primo Missionario del Padre” il Salvatore Gesù .
Stile che il Fondatore volle che fosse quello delle sue figlie. Stile che fa vivere nella realtà di ogni giorno e nei particolari di ogni minima azione, secondo il modello: “Imitate ME che sono mite ed umile di cuore”
Il Carisma donato dal Fondatore come unico valore, unico ideale è molla di lancio verso la santità e la salvezza delle anime.
È uno stile di semplicità di umiltà e di distacco. Cercare DIO in ogni cosa:” Dio solo e sempre”.
Il Fondatore ripeteva alle prime sorelle “Ricordatevi del fine per cui siete venute qui, che è quello di farvi sante e salvare molte anime”.
Semplicità e umiltà rendono capaci di vedere ogni cosa in Dio, donando serenità nell’obbedienza, forza nei distacchi, sostegno nell’amore fraterno, rende spontaneo il dono continuo ai fratelli, danno serenità anche in situazioni disagiate di privazioni e di sacrifici, soprattutto nell’insicurezza del domani.
Il loro stile di vita: “Fare il bene senza rumore,” non attira l’attenzione, ma sparge ovunque il calore della carità. .
La gente non conosce le suore ed è diffidente, altri le guardano con sospetto a volte sono ostili, hanno paura non le avvicinano. Hanno nel cuore tante domande nei loro confronti
Se la gente non va da loro, saranno loro ad andare dalla gente, così cominciano le visite ai villaggi sotto un sole cocente, su e giù per le dune, da una capanna all’altra, nei tuguri più poveri, per curare i malati, avvicinare i morenti, dare soccorso e consolazione a chi è nel bisogno.
Più volte al loro giungere le porte si chiudono, i malati vengono nascosti, ma le suore non si scoraggiano, continuano con semplicità le loro visite, serene instancabili, perseveranti.
Questa metodologia semplice, continua, serena, fraterna, crea fiducia ed apre una via di penetrazione nell’animo del popolo somalo, prepara al dialogo e alla conoscenza reciproca.
I primi rifiuti, le diffidenze, i sospetti scomparvero, le ostilità si cambiarono in amicizia, rispetto e stima per queste donne che la gente capì di essere donne di Dio .
La strada ormai era aperta, si era creata fiducia e si poté iniziare ad aprire scuole, ospedali, orfanotrofi.
Queste donne di Dio vissero e testimoniarono il valore della carità di Cristo, inculcando i valori della vita, formando intere generazioni, con principi solidi secondo il Vangelo, senza fare mai riferimento Cristo.
Alla gente che le guardava con rispetto e stima, le suore offrirono la visione di un Vangelo illustrato dalle opere. Questo popolo forse non leggerà mai il Vangelo, ma potranno sempre leggerlo nella vita e donazione di ogni sorella giorno dopo giorno, nella semplicità e nel dono ai fratelli.